Pensioni ultime notizie oggi, taglio nettio per gli assegni alti dal 2019

Questo articolo in breve

Dopo aver varato il Def, il governo lega cinque stelle pensa a velocizzare i tempi e a dare un taglio netto sugli assegni sopra i € 4500 netti. Infatti, il vicepremier Luigi di Maio già qualche settimana fa aveva annunciato sforbiciate agli assegni previste dal 1 gennaio 2019.

Ma non è tutto, sembrerebbe che l’esecutivo voglia bloccare la rivalutazione di tali assegni correlato al costo della vita. Infatti, dall’inizio del 2019 le pensioni torneranno alla normale rivalutazione piena, con una sforbiciata del 10% per tutti gli assegni che hanno un importo tra 3:05 volte il trattamento minimo.

Così com’è stato divulgato da il messaggero, il ministro di Maio sta preparando un pacchetto che farà molto discutere: il congelamento di tutti gli assegni che superano quota € 90.000 lordi l’anno.

Non è esclusa però l’ipotesi che possano esserci dei tagli anche su assegni relativamente più bassi. Sul fronte delle sforbiciate è prevista per giovedì una audizione parlamentare del presidente dell’Inps, Tito Boeri.

Il numero uno dell’istituto di previdenza sociale ha comunque fatto sapere che si renderà disponibile per il taglio degli assegni e ha fornito un supporto dal punto di vista tecnico al governo per la raccolta dei dati sugli assegni che saranno colpiti. In questo quadro vanno sottolineate anche le parole durissime di Di Maio che su Facebook ha affermato:

Il ricalcolo delle pensioni d’oro non basta perché questi qua – ha attaccato il ministro su Facebook – hanno preso pensioni d’oro per troppi anni e allora facciamo un’altra cosa: si chiama raffreddamento che è una di quelle parole con cui ci hanno fregato sempre. Ricordate quando parlavano di armonizzazione e tutte queste altre cose? Questa volta la usiamo noi nei loro confronti. Io non solo ti ricalcolo la pensione, ma siccome hai preso soldi ingiustamente per tutti questi anni, io non adeguo più la tua pensione all’andamento dell’inflazione e quindi agli indici Istat, te la congelo. Così ci riprendiamo i soldi che ci hai fregato tutti questi anni”. Una presa di posizione netta che molto probabilmente non piacerà affatto a migliaia di pensionati.

Il taglio sugli assegni cambia a seconda dei pensionati presi in considerazione ma è basato su una metodologia unica: si moltiplica la quiescenza maturata con il metodo retributivo per il rapporto fra il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età dell’assicurato al momento del ritiro con il coefficiente di trasformazione che corrisponde all’età prevista di pensionamento di vecchiaia. Questo vale per le nuove pensioni che parti- ranno dal 2019. Per quelle vigenti, invece, l’incisione cambia a seconda che il trattamento sia antecedente al gennaio 1996 (data di entrata in vigore della riforma Dini) o successivo. Nel primo caso la correzione attuariale avviene utilizzando i vecchi coefficienti di trasformazione, previsti dalla legge 335 e in vigore fino al 2009. Nel secondo caso ci si baserà invece su una tavola ricostruita delle età di pensionamento di vecchiaia scomputate degli adeguamenti alla speranza di vita, risalendo dal 2019 fino alla prima metà degli anni ’70.

Si tratta di una metodologia molto vicina a quella ri-evocata da Tito Boeri, in occasione della Relazione annuale Inps dei primi di luglio, quando aveva spiegato che, in risposta a una richiesta del presidente Roberto Fico, l’Istituto in collaborazione con Istat aveva stimato i coefficienti di trasformazione anche per gli anni ’70 e ’80 e per età alla decorrenza inferiori ai 57 anni. Nella relazione illustrativa del progetto di legge non si fanno riferimenti a platee di soggetti che potrebbero essere interessati dall’incisione di una parte della pensione né ai possibili risparmi. Ma secondo i proponenti si potrebbero raggiungere minori spese previdenziali per circa 500 milioni annui. C’è invece un’articolata argomentazione a favore del metodo di ricalcolo scelto che, secondo gli estensori, dovrebbe superare il vaglio costituzionale poiché conforme «ai principi di solidarietà, eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza».

L’intervento di ricalcolo prenderà in considerazione il reddito pensioni- stico complessivo lordo sopra gli 80mila euro annui in caso di soggetti titolari di più pensioni ma sono escluse le pensioni di invalidità, le reversibilità e i trattamenti riconosciuti alle vittime del dovere o di azioni terroristiche. Sono previste due salvaguardie: 1) il ricalcolo non potrà ridurre pensioni o vitalizi al di sotto della soglia degli 80mila euro lordi annui, perequazioni comprese; 2) in caso di pensionamenti con meno di 57 anni non si utilizzeranno coefficienti di trasformazioni inferiori a quell’età. Secondo stime di Tabula, la società di consulenza previdenziale di Stefano Patriarca (Sole24Ore del 27 luglio) il ricalcolo potrebbe toccare tra i 75mila assegni e i 100mila soggetti, e produrre tra i 300 e i 600 milioni di risparmi. Non mancano perplessità sulla misura all’interno della maggioranza. Nelle scorse settimane Alberto Brambilla, esperto della Lega, aveva proposto di adottare un contributo di solidarietà triennale sugli assegni da 2mila euro lordi a salire, con un prelievo tra i 5 e i 7 euro al mese che avrebbe garantito 1,5 miliardi di minore spesa. Evidentemente i due partiti hanno trovato una nuova intesa.

Tornando alla proposta di legge, che vale per tutto il primo pilastro (casse privatizzate comprese) è previsto che entro sei mesi dall’entrata in vigore si adeguino al ricalcolo anche gli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale che erogano pensioni proprie. Mentre per dirottare i risparmi ottenuti sulle minime viene costituito un Fondo ad hoc presso il ministero del Lavoro. Annunciando la presentazione del progetto di legge, ieri il ministro e vicepremier, Luigi Di Maio, ha spiegato che «si mira a eliminare tutte le pensioni d’oro al di sopra dei 4mila euro netti per tutti coloro che non hanno versato i contributi. I soldi che si tagliano li useremo per le pensioni minime dei pensionati italiani». Mentre Riccardo Molinari, capogruppo della Lega a Montecitorio, ha parlato di un progetto di legge «improntato sulla solidarietà e sulla equità sociale, che punta a correggere le palesi diseguaglianze createsi negli ultimi decenni. Finalmente – ha aggiunto – si toglie qualcosa a chi ha tanto per alzare le pensioni minime di tutti gli italiani». Sulla stessa linea Francesco D’Uva, capogruppo Cinquestelle, che ha annunciato la calendarizzazione della proposta a settembre: «Si metterà fine ad un sistema di disuguaglianze diventato insopportabile, in cui da una parte ci sono i pensionati minimi che fanno la fame e dall’altra i pensionati d’oro che percepiscono molto più di quanto hanno versato. Vogliamo chiudere definitivamente la stagione degli sprechi e dei privilegi».