Ogni campione della boxe vorrebbe muoversi sul ring seguendo il precetto di Muhammad Alì: «Danza come una farfalla, pungi come un’ape», diceva il più grande pugile di tutti i tempi. Significava muoversi di continuo per non farsi raggiungere dai pugni dell’avversario e colpirlo senza tregua al pari dei fastidiosi insetti quando si accaniscono su noi umani. Andy Ruiz Jr. l’unica parte del corpo che riesce a fare ballare è la pancia, che straborda dai calzoncini spinta dal suo peso non-forma di 122 chili per un metro e ottantotto d’altezza. I suoi cazzotti, però, hanno la potenza della puntura di un calabrone!
Non per niente lo chiamano The Destroyer, il distruttore. E infatti il 1° giugno nel mitico Madison Square Garden di New York, il tempio della boxe, è diventato il nuovo, impensabile re dei pesi massimi annientando Anthony Joshua, il campione del mondo in carica fino a quel giorno. Viene da pensare alla classica storia del pugile che combatte sul quadrato soprattutto per prendersi una rivincita su una vita grama: da Lassù qualcuno mi ama (1956), in cui Paul Newman dava il volto a Rocky Graziano, lo sbandato che diventa campione dei pesi medi, fino al Rocky (1977) di Silvester Stallone, sono tanti i film famosi che raccontano la rinascita di un pugile da perdente a vincente. Ma in questo caso la pellicola di riferimento è Il colosso d’argilla (1956), in cui Humprhey Bogart è lo spregiudicato manager di un boxeur tutto muscoli e con carattere appunto di poca consistenza.
Il ritratto perfetto, adesso è chiaro, di Anthony Joshua, l’ormai ex campione del mondo dei pesi massimi. Quasi due metri di altezza per 113 chili di peso: insomma, una statua greca con i guantoni da pugilato. Mai sconfitto nei precedenti 22 match, tutti conquistati infliggendo un ko agli sfidanti. E pensare che Anthony si è trovato Andy sulla sua strada per caso. Joshua avrebbe infatti dovuto affrontare Jarrell Miller, invece squalificato perché trovato positivo a tre diversi test antidoping. Ruiz Jr. è stata l’ultima scelta: tanto cosa mai avrebbe potuto combinare quel grassone che si ciba solo di hamburger? «Mangio male e così vanifico l’allenamento.
Chi mangia male non è felice, ma insieme con quel cibo scorretto ingoia tanta rabbia », ha detto Andy. Sul ring l’ha tirata fuori tutta. Al terzo round è finito al tappeto, però si è rialzato subito e ha mandato lui Joshua a piedi all’aria. «Non ho paura di nessuno, tranne di Dio», aveva proclamato Ruiz prima dell’incontro. Così al settimo round ha messo in ginocchio Joshua tre volte, l’ultima definitivamente. Complimenti Andy, questa volta l’hai fatta ancora più grossa di te stesso.