Wolverhampton-Torino Link Streaming Gratis NO Rojadirecta Diretta Live Tv (Ore 20:45)

Questo articolo in breve

Nella città dei Lupi, un tempo famosa per la produzione di serrature, ieri lavata da una pioggia pressoché continua e segata da un freddino autunnale, bisogna avere il sangue più caldo del solito, ma anche i nervi ben saldi. E’ l’ora decisiva al bivio delle emozioni e degli eventi: di qua, un’Europa già finita; di là, una serata da scolpire nella memoria, se verrà ribaltato quel 2 a 3 dolorosissimo di una settimana fa. Abbiamo visto e ascoltato un allenatore capace di trasmettere serenità, fiducia, tranquillità e motivazioni: una voglia gigantesca, ma anche un gran concentrato di saggezze. «Vedremo come finirà, ma di sicuro noi daremo ogni stilla di energia fino all’ultimo secondo. E crediamo fermamente nella possibilità di farcela», dice Mazzarri. «Certo, loro sono una squadra molto forte e anche più avanti di noi atleticamente. E noi abbiamo pure alcuni giocatori infortunati o non al meglio»: non solo il “fuori di testa” Nkoulou. «Ma sono fiducioso lo stesso. Un allenatore vorrebbe avere tutti a disposizione. Ma situazioni simili le avevamo vissute anche l’anno scorso.

Quando ribaltammo i pronostici e battemmo anche grandi squadre. L’Inter, l’Atalanta, il Milan. I Wolves in casa non perdono da gennaio? Beh, ogni tanto le statistiche cambiano da un momento all’altro. Ma è inutile fare proclami. Io non sono tipo da proclami. Però di sicuro daremo il massimo. Abbiamo la possibilità di rimediare agli errori dell’andata. L’importante è che tutti i giocatori abbiano la testa sula partita. Devo stare attento che nessuno si distragga, soprattutto i più giovani. Io so che quando la squadra fa le cose perbene, sa mettere in difficoltà chiunque. Abbiamo riguardato bene con i giocatori la partita dell’andata. Se leviamo i nostri errori sui loro gol, la gara diventa equilibratissima. E noi abbiamo anche preso una traversa sullo 0 a 0. La differenza vera l’hanno fatta proprio i nostri sbagli, del tutto inusuali. Ho detto ai ragazzi, con grande razionalità: se non li commettiamo più e riusciamo a giocare come sappiamo, possiamo farcela. Anche se siamo in trasferta. Ce lo siamo detti: possiamo fare una grande gara, come già tante altre volte nella scorsa stagione»

IL CRESCENDO «Nello spogliatoio si respira la voglia di realizzare una grandissima impresa che verrebbe ricordata negli anni. Sarebbe il giusto premio per ragazzi che da 7, 8 mesi stanno facendo cose speciali. Si è visto bene col Sassuolo, una squadra che darà filo da torcere a tanti: si è vista in quella vittoria, in come è venuta e in come l’abbiamo difesa, tutta la forza morale e caratteriale di questo gruppo. Che alla fine era stremato, sì: ma felice e vittorioso. Ai miei ragazzi ho trasmesso la capacità di rialzarsi subito dopo una sconfitta. Reagire e guardare al futuro. Credono in ciò che fanno, in ciò che si dicono tra loro e in ciò che dico io a loro. Ecco perché mi aspetto che anche qui diano ogni goccia di sudore fino all’ultimo secondo. E’ un’altra cosa che ci siamo detti ». All’andata, diversi giocatori hanno patito la tensione. «Molti ragazzi sono alle prime esperienze in Europa. Ma adesso», proprio perché non c’è più nulla da perdere, «potremo affrontare gli inglesi con una testa più… tranquilla. Possiamo giocare più sciolti. E più attenti nella fase difensiva. Spesso abbiamo fatto meglio anche di squadre più forti, proprio perché avevamo giocato con la mente più libera, con meno ansie».

L’ELEMOSINA Infine, ancora su Nkoulou, ovviamente non convocato: «All’andata ho mandato in campo un giocatore che poi il giorno dopo mi ha detto che non c’era con la testa». Accidenti! «Se me lo avesse detto il giorno prima, non l’avrei schierato e magari non avremmo preso tre gol: chissà. Ma non me l’aveva detto: e avrebbe dovuto farlo. Poi, nei due giorni successivi, non ha cambiato idea anche se io gli ho parlato ripetutamente e a lungo. Ma niente: mi ha detto che anche col Sassuolo non ci sarebbe stato con la testa. Difatti non l’ho più convocato. E guarda caso si è anche vinto. Io ho un gruppo di giocatori che stanno in panchina, che danno l’anima e non vedono l’ora di poter giocare. Secondo voi qui potrei schierare uno che non vuole giocare? Che faccio, vado a chiedergli l’elemosina? ». Sacrosanto: l’unità di gruppo nasce dalla giustizia e dal rispetto, innanzi tutto. E potrebbero essere proprio i valori caratteriali del Toro, questo ribollire del sangue nelle vene (ma con la mente fredda), la chiave di volta, stasera. I Wolves potrebbero sentirsi già qualificati ai gironi di Europa League: è la vera preoccupazione del loro allenatore. Mazzarri ci pare abbia un fuoco sacro, dentro. Sostiene che arda anche in tutti i ragazzi. Col Sassuolo lo si è visto: sia per un’ora abbondante, sia quando erano stremati, alla fine. Se stasera il Toro non vivrà proprio qui in Inghilterra la sua amarissima Brexit, sarà per due ragioni: l’organizzazione di gioco e quel fuoco sacro. Non bisogna sperare: bisogna crederci, dicono i granata.

Quando si giocano 3 partite in una settimana, tra l’Europa e l’esordio in campionato, le formazioni schierate non dipendono solo da mere valutazioni tecnico- tattiche. Per intenderci: dopo l’andata con i Wolves e poi dopo il Sassuolo, i vari Baselli, Lukic, Belotti, Rincon e De Silvestri erano letteralmente spremuti, vittime di crampi. «Difatti la squadra che scenderà in campo la potrò decidere solo all’ultimo, anche se ovviamente ho già una mia chiara idea. Ma anche nelle ore precedenti l’incontro tornerò a parlare un po’ con tutti, per capire come stanno. E riparlerò anche con i medici e i preparatori. E solo a quel punto potrò sciogliere le riserve che posso ancora avere», dice Mazzarri. E non è solo pretattica. Ma tra infortunati e giocatori non ancora in forma perché appena usciti da lunghi stop, come Djidji o Parigini, le soluzioni non possono essere tante. Si va verso la conferma della difesa anti-Sassuolo. Mentre Aina sostituirà lo stirato Ansaldi. Davanti, ovviamente, Zaza e Belotti. A centrocampo, i ballottaggi sono realtà. Dovrebbe però rientrare il più riposato Meité («che ha dato una bella risposta nei minuti finali, domenica, quando è entrato in campo»). In mezzo, Rincon potrebbe spuntarla su Baselli, sia per ragioni fisiche che di esperienza. E per la sua tenacia nel fare da filtro. Il terzo centrocampista dovrebbe essere Lukic, anche se pure lui aveva chiuso con i crampi, con gli emiliani (pure in questo caso Baselli può essere un’alternativa). Berenguer potrebbe venir tenuto in panchina come arma per un assalto finale, date le sue doti in dribbling sulla trequarti. CAIRO PRESENTE Oltre al ds Bava, ha seguito la squadra fin da ieri mattina in charter anche Cairo. Per stare il più possibile vicino ai giocatori e all’allenatore. Per trasmettere senso di responsabilità ed energia, fiducia, sostegno: anche lui.

Facciamogliela vedere. Facciamogliela vedere noi, ammesso che ci guardi alla televisione. Facciamogliela vedere, dicono i giocatori del Toro saliti fin quassù nella tana dei Lupi. E il destinatario è un loro compagno: Nkoulou. Compagno per modo di dire, visto il caos provocato dagli atteggiamenti del camerunese. Una forma riveduta e corretta di ammutinamento: non alla Maksimovic, ma poco ci manca. D’altra parte è sufficiente andare a titillare gli umori dello spogliatoio per toccare con mano quanto la squadra (inteso come gruppo: titolari o riserve che siano) sia non solo sconcertata. Non volevano crederci: hanno dovuto farlo. Hanno preso atto: erano allibiti. E la sorpresa ha cambiato presto faccia, colore: e si è trasformata in un miscuglio di rabbia, di delusione. Lo stato d’animo di chi si sente tradito, travolto dalla deriva sportiva del centrale, da quel suo «non esserci con la testa», in specie nel secondo tempo del match con gli inglesi (andate a rivedervi il terzo gol dei Wolves, please…). E poi traditi due volte a posteriori, quando il caso è divampato anche pubblicamente. Le dure accuse di Cairo. L’analisi severissima di Mazzarri. E Nkoulou che non chiede scusa. Che non arretra più, in questo caso. Ma fa muro. Anche se la Roma è formalmente scomparsa dai radar, quantomeno in questo momento, già solo per ragioni di opportunità (e legali). Facciamogliela vedere: è questo, sì, lo slogan che può rendere meglio di altre espressioni lo stato d’animo dello spogliatoio. I granata che stasera scenderanno in campo cercano un’impresa e l’impresa vogliono coglierla anche o soprattutto senza il loro (ex) compagno (ma chissà poi se dal 3 settembre, a mercato chiuso, gli scenari cambieranno di nuovo, a fronte di un’eventuale mancata cessione del difensore, in Italia o all’estero che sia). La squadra, paradossalmente, ha cercato di ricavare ulteriori energie e motivazioni dal comportamento del camerunese: provando a dimenticarlo, in queste ore di avvicinamento alla partita, ma nutrendosi anche di un forte sentimento di rivalsa. Davvero come a dire: dimostriamogli che possiamo farcela anche senza di lui, sbattiamogli in faccia tutto il nostro ardore, il nostro attaccamento, la nostra unità. E’ del tutto anomalo dover tratteggiare in un articolo sentimenti del genere: ma è questa l’aria che si respira, sono questi i mormorii che si colgono. Facciamogliela vedere, sì. Perché possiamo aggiustare quei cocci che lui per primo ha rotto, una settimana fa.

IL TORO, POI L’ITALIA Per Belotti e Zaza la serata può diventare storica. Segni chiunque, l’importante è buttarla dentro. Ma è chiaro che loro due sono i primi portabandiera della speranza granata: 6 reti il primo (5 in Europa), 4 il secondo (3 in questi preliminari). Il Gallo può diventare il vendicatore mascherato di una nuova pagina di storia del Toro, può trovare una consacrazione definitiva da tramandare. E Zaza ha l’occasione di trasformare l’oro di queste settimane in platino: con cui lastricare il prosieguo della stagione. La coppia che scoppiava nello scorso campionato può ora ergersi a nuovo tandem salvatore della patria. Anche pensando alle prossime partite dell’Italia, durante la sosta dietro l’angolo per le Nazionali. Saranno convocati da Mancini, a meno di colpi di scena. Ma l’azzurro è lontano. Il colore granata invoca sangue caldo, stasera.

Mi dite che l’ambiente pensa che il Wolverhampton sia già ai gironi di Europa League? Buon per loro, vedremo se riusciremo a sovvertire quanto pensano»: cominciando dalla fine, Walter Mazzarri suona la carica in casa Toro. Non sarà semplice ribaltare il 2-3 della gara d’andata, i granata al Molineux Stadium dovrebbero vincere con due gol di scarto per qualificarsi o segnando in ogni caso almeno 4 gol (col 2-3 si andrebbe ai supplementari). Servirà quindi un’autentica impresa, ma il Toro vuole provarci: «Se consideriamo possesso palla e tiri in porta, abbiamo fatto meglio noi all’andata. Il risultato è stato deciso soprattutto da errori che di solito non facciamo. Abbiamo analizzato tutto. Siamo ovviamente fuori casa, e questo è da considerare, ma se noi facciamo quello che ci siamo detti faremo una grande gara».

CASO NKOULOU. Come se non bastassero le difficoltà di un avversario di assoluto livello come il Wolverhampton e di un risultato sfavorevole, questi restano giorni condizionati dal caso Nkoulou, rimasto a Torino: «Quando un giocatore dice che non c’era con la testa, dopo la partita, non è una bella cosa. Dopo ho insistito, ho cercato di mediare, ho cercato di convincerlo a giocare col Sassuolo ma continuava a dire che non ci sarebbe stato con la testa. Io ho un gruppo, c’è chi non vede l’ora di giocare, secondo voi un allenatore manda in campo uno che non vuol giocare? È costretto a tenerlo fuori. Cosa devo fare di più? Se lo metto e gioca male, chi è il responsabile? ». Non cambia intanto la posizione del club granata: Nicolas Nkoulou non è sul mercato, così come non lo sono tutti gli altri big. IN CAMPO. Dalle difficoltà il Toro storicamente sa uscirne più forte, anche contro il Sassuolo è stato così: «Ora sono passati dei giorni da quello che è successo. Non pensate che vincere col Sassuolo fosse facile. Nel calcio si può anche perdere, noi facciamo valutazioni molto più precise e pignole di quelle che si leggono, i ragazzi credono nell’allenatore e in quello che ci diciamo. Contro il Sassuolo si è vista una bella reazione. Quindi sicuramente mi aspetto che i ragazzi domani diano tutto, ogni stilla di sudore, sino al 95’». Tra infortuni ed esclusioni, ecco che dovrebbe essere confermata la squadra di domenica sera con il ballottaggio Aina-Berenguer sulla fascia sinistra al posto di Ansaldi e quello tra Rincon e Lukic per far spazio al rientrante Meité. Ma tutto ruoterà attorno alla coppia Zaza-Belotti.

QUI WOLVES. Se il Toro non molla, il Wolverhampton non si fi da. Le parole di Nuno Espirito Santo lo spiegano chiaramente: «Si parte dallo 0-0. La partita sarà diversa rispetto a settimana scorsa. Sarà un match complicato e dovremo approcciarlo nel migliore dei modi, come facciamo sempre scenderemo in campo per vincere e vogliamo giocarcela come sappiamo». E rispetto all’andata, i Wolves recupereranno anche la superstar Ruben Neves, rimasto in panchina a Torino.

Partita cruciale per la stagione dei Wolverhampton Wanderers che hanno puntato tutto sulla qualificazione all’Europa League, in questo primo scorcio di stagione, e dopo il 3-2 dell’andata vedono l’obiettivo alla portata. Per caricare l’ambiente e mantenere la concentrazione il tecnico Espirito Santo, che nei giorni scorsi aveva chiesto fair play a tutti, soprattutto nei confronti dell’arbitro spagnolo Manzano, ieri ha focalizzato la sua attenzione sulla sfida: «Questa partita sarà completamente diversa da quella dell’andata. Il 3-2 dell’andata non conta nulla. Ora conta vincere ». Il tecnico sa che la squadra contro il Burnley ha pagato un po’ di fatica, e prova a spazzarla via: «Stiamo andando avanti partita dopo partita.

Ci sarà tempo per riposare. Vogliamo vincere e competere. Vogliamo giocare bene contro un avversario molto duro. Hanno giocatori di qualità. Dobbiamo prenderci cura di ogni dettaglio. La stagione è appena iniziata ed abbiamo molto su cui lavorare e migliorare ». L’allenatore portoghese è uno che studia gli avversari nel dettaglio. E così è stato per il Torino: «Contro il Sassuolo il Torino ha dimostrato di essere un’ottima squadra, con un con grande allenatore. Non so come loro approcceranno la gara, posso dolo dire quello che faremo noi: vogliamo vincere e giocheremo per questo.

Le critiche ricevute dopo i tre pareggi nelle prime tre gare di Premier League? Tutti dobbiamo migliorare, ma ora dobbiamo solo pensare a giocare al calcio e alla sfida di Europa League. Giochiamo in casa e vogliamo far bene contro un avversario molto difficile». Rispetto alla gara di domenica atteso Vallejo in difesa al posto di Bennett. A destra invece dovrebbe esserci Traorè, perche Doerthy non è in perfette condizioni. In mediana è atteso il rientro di Neves con Moutinho alla sua sinistra e Dendoncker alla sua destra. Confermatissimo il tandem d’attacco Jimenez-Jota con Cutrone che ancora una volta partirà dalla panchina. Il pubblico si è già affezionato a lui, ma servirà grande applicazione per vederlo scalare le gerarchie di spogliatoio che al momento lo vedono partire come seconda scelta nel ruolo di centravanti dietro a Jimenez, forse il migliore in assoluto dei Wolves di questo avvio di stagione.

Una linea retta fra Salonicco e Wolverhampton. Il calcio, per Omar El Kaddouri, stasera sarà qualcosa del genere. Lui, allo stadio Toumba, scenderà in campo con il Paok per cercare di ribaltare la sconfitta per 1-0 all’andata contro lo Slovan Bratislava. Un pezzo del suo cuore, in Inghilterra, servirà al Toro per compiere l’impresa. Il centrocampista marocchino, al Toro dal 2013 al 2015 (9 gol in 76 presenze), spera un giorno di ritrovare i granata: in Europa League prima, e chissà anche in futuro. Protagonista, nel febbraio 2015, nella vittoria per 3-2 del Toro al San Mamés contro l’Athletic, adesso si augura che Belotti e compagni facciano il bis stasera.

El Kaddouri, ha seguito la gara di andata fra Torino e Wolves? «Ho visto il risultato, e poi le azioni salienti. Nel Wolverhampton gioca il mio connazionale Saiss, che mi ha spiegato la partita». E cosa le ha detto? «Prima era preoccupato, pensava che il Toro fosse la squadra peggiore da affrontare. Dopo, invece, era arrabbiato per il gol del 3-2 siglato da Belotti. Per loro una vittoria all’Olimpico è stata più di quello che speravano ». E lei cosa pensa: il Toro ce la può fare al Molineux Stadium? «Il Toro dovrà essere intelligente e provare a segnare a tutti i costi nei primi minuti. I Wolves sono una squadra battibile, ma servirà la partita perfetta». Lei è stato allenato da Mazzarri a Napoli. Come pensa che affronterà questa partita? «Il mister sa sempre cosa fare. Il Toro ha giocatori di alta qualità, e dovrà puntare tutti gli anni a qualificarsi in Europa League». Una partita da recuperare, ma senza Nkoulou. Che idea si è fatto della vicenda? «Penso che per un giocatore sia meglio dire queste cose prima di una partita. Secondo me è stato da apprezzare che Nkoulou lo abbia fatto prima del Sassuolo. Non entro nel merito delle questioni di mercato, perché questo è un momento sempre delicato per i giocatori.

Per il Toro e per lui spero che la situazione possa ricomporsi, nei prossimi giorni». Lei, in campo con il Toro a Bilbao, di imprese se ne intende. Vede tratti in comune fra la gara di oggi e quella di quattro anni fa? «Forse quella di stasera sarà un po’ più difficile perchè a noi, nel 2015, bastava la vittoria dopo il 2-2 all’andata. Il Bilbao e i Wolves sono due squadre allo stesso livello, subito dietro ai top club nei due campionati migliori d’Europa. L’impresa è possibile, il Toro di adesso ha tanta qualità, noi forse più esperienza, ma le due partite si assomigliano. Spero che il Toro possa farcela anche stavolta». Che emozioni si porta dietro di quella notte a Bilbao? «Per me è stato uno dei momenti più belli vissuti al Toro. Loro davanti ai tifosi volevano vincere, noi avevamo spazio e siamo stati molto compatti, in campo. Pioveva tantissimo, a fine partita eravamo esausti, ma soddisfatti». Il vostro tecnico era Ventura, nell’occhio del ciclone negli ultimi anni per la débacle alla guida della nazionale italiana. «Secondo me la gente ha un po’ esagerato nei suoi confronti. Sembrava fosse solo colpa sua e non dei giocatori che erano in campo. Personalmente, con lui sono cresciuto moltissimo a livello tattico e mentale. Lo sento ancora con tanto piacere e spero possa fare bene, alla Salernitana». Le manca l’Italia? «Non posso dire di no. In Grecia ho avuto qualche infortunio in questi due anni, ma adesso c’è un nuovo allenatore e sto giocando davanti la difesa. Nel calcio non si sa mai, se non passiamo il turno magari il presidente vorrà vendere qualcuno ». Ci pensa mai a un ritorno al Toro? «Certamente, ma dipende da tante cose. Non so se il Torino mi vorrebbe di nuovo, ma qualora ci fosse l’interesse è ovvio che ascolterei attentamente la proposta. Mia moglie è innamorata di Torino. Ci penso, intanto spero possano arrivare ai gironi di Europa League ».

Obiang, Traoré, Boga, Caputo, Raspadori. Non è la filastrocca con cui scandire la formazione tipo del Sassuolo – sul modello di quella dell’Italia al Mundial ’82 scolpita in maniera indelebile nella storia -, ma l’elenco dei giocatori neroverdi che domenica sera si sono visti rispedire indietro da Salvatore Sirigu palloni destinati a varcare la linea di porta e gonfiare la rete. Per limitarsi agli interventi più eclatanti del numero uno granata, sia chiaro. Il cui nome campeggia a lettere cubitali sul successo del Toro all’esordio in campionato, addirittura magistrale nel neutralizzare l’indemoniato forcing finale della squadra di De Zerbi. Il cui nome è la principale fonte ad alimentare le speranze di qualificazione al tabellone principale di Europa League per giovedì sera. Quando l’incerottato gruppo di Mazzarri si presenterà a Wolverhampton con la necessità di segnare almeno due reti (senza subirne): obiettivo già raggiunto anche nella gara d’andata. E domani il suddetto gruppo sarà chiamato a blindare il proprio specchio, in questo caso a differenza dei primi 90′ della doppia sfida agli inglesi. Per questo motivo ci si affiderà anche e soprattutto ad un Sirigu che ha già dimostrato di essere – a differenza della retroguardia davanti a lui – in formato… Nazionale. Uno status a cui – all’indomani del burrascoso addio al Psg – si è elevato piuttosto in fretta con indosso i colori granata. Poche parole e molti fatti. Soprattutto tante parate, il più delle volte decisive. Una ricetta che gli ha permesso di diventare leader silenzioso dello spogliatoio e idolo dei tifosi. «E a trentadue anni mi considero un portiere giovane, che ha ancora tanto da offrire – ha spiegato il numero uno granata in un’intervista rilasciata a France Football -. Poi, certo, ho già vissuto tante situazioni che mi hanno arricchito e ho accumulato un importante bagaglio d’esperienza. Ma conosco il mio valore e questo mi dà sicurezza nell’affrontare le partite e nel gestire le situazioni più complicate in campo». Dove, all’ombra della Mole, ha ritrovato i suoi standard più elevati e anche il posto in Nazionale. «Credo che nella carriera di un calciatore sia normale vivere degli alti e dei bassi – ha proseguito Sirigu -. Tutto dipende da come affronti le situazioni: è facile impegnarsi a fondo quando va tutto bene, ma bisogna essere combattivi e determinati soprattutto quando si attraversano dei momenti negativi. La costanza nel lavoro quotidiano è il miglior modo di affrontare frangenti difficili. E io ho sempre avuto addosso l’entusiasmo che ho ora. Soltanto oggi, forse, questo appare sotto una luce diversa. Questa voglia folle di migliorare e di vincere è cresciuta dentro di me perché ho capito che nessuno può farti tornare al passato: per continuare a vivere grandi momenti devi stare ad un certo livello, devi andare sempre a mille all’ora. Senza girariti indietro, senza rimpianti e senza lamenti». Una filosofia di vita, prima ancora che di sport, che gli ha permesso di approdare in granata nell’estate del 2017. E, al Toro, di vivere quelle che – con ogni probabilità – sono le stagioni migliori della sua carriera. «Si sente chiaramente che vestire questa maglia rappresenta qualcosa di particolare: un po’ come se la storia di questo club, dal Filadelfia in giù, ti entrasse sotto la pelle – la riflessione ancora dell’estremo difensore di Nuoro -. Ma non mi pesa assolutamente, anzi: sono onorato di giocare per il Torino. Per quello che rappresenta in Italia, per quella mitica squadra del 1949, per i grandi giocatori che ne hanno fatto la storia. E per una squadra che oggi, piano piano, è riuscita a guadagnarsi i piani nobili della Serie A». Oltre che l’egemonia cittadina in quanto a tifo, come lui stesso ha potuto constatare da quando vive a Torino. «Il tifo granata in città è onnipresente. I primi tempi avevo amici e parenti che mi venivano a trovare e tutti mi ripetevano: “Incredibile che nella città della squadra italiana più titolata non si trovino suoi tifosi, ma solo granata ad ogni angolo!”». Scene di vita vissuta che aprono ad un’accalorata riflessione finale rivolta ad Oltralpe: «Vi assicuro che lo spirito Toro è tutto meno che un concetto astratto!». Parola del guardiano della porta granata.