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Questo articolo in breve

Era iniziata male la stagione di Giorgio Chiellini, ma nulla lasciava presagire che proseguisse peggio. Anzi. Quel problema muscolare al polpaccio sinistro che gli aveva impedito di partecipare alla tournée asiatica in precampionato se lo era lasciato alle spalle velocemente, il solito acciacchetto al solito muscolo, che ormai ha imparato decodificare al primo accenno di dolore limitando al minimo i danni.

Così alla prima giornata di campionato Chiellini si è presentato al suo posto, al centro della difesa e con la fascia di capitano al braccio, è stato come al solito uno dei migliori e ha anche messo la firma sui primi tre punti bianconeri, firmando l’unico gol della partita. Invece quell’infortunio dopo pochi giorni di ritiro si è rivelato un presagio. Rivelazione diffusa ieri sera dalla Juventus con un comunicato ufficiale: «Nel corso dell’allenamento odierno Giorgio Chiellini ha riportato la distorsione del ginocchio destro. Gli accertamenti diagnostici eseguiti presso il JMedical hanno evidenziato la lesione del legamento crociato anteriore. Sarà necessario intervenire chirurgicamente nei prossimi giorni».

NIENTE GIRONI? Nei prossimi giorni si potrà sapere anche con più certezza quali potranno essere i tempi di recupero, ma sul fatto che il 2019 di Chiellini sia finito ci sono pochi dubbi. Un rientro prima di quattro mesi è quasi impossibile da ipotizzare, anche se dall’ambiente bianconero filtra un relativo ottimismo, dovuto al fatto che non si tratterebbe di una rottura completa del legamento, ma di una lesione parziale (riportata senza alcun contrasto).

Sarà comunque necessario un intervento chirurgico, come specificato nella nota bianconera, ma il recupero dovrebbe essere più veloce rispetto ai sei mesi che può anche richiedere una rottura completa del crociato. L’ultima partita della fase a gironi di Champions League, però, la Juventus la giocherà alla BayArena di Leverkusen contro il Bayer l’11 dicembre e Chiellini per quella sera non sarà ancora tornato disponibile. Così, a questo punto diventa quasi certa la sua esclusione dalla lista Champions, visto che Maurizio Sarri avrà problemi nello scegliere i 22 giocatori che potrà iscrivere in una rosa che ne conta ben di più. Ovviamente il tecnico avrebbe preferito dover comunicare un’esclusione tecnica anche a sette o otto giocatori, anziché ai tre previsti, piuttosto che dover fare a meno per forza del capitano, ma a questo punto depennare il nome di Chiellini dalla lista sembra la scelta più logica. Le squadre qualificate alla fase a eliminazione diretta presenteranno poi una nuova lista e Chiellini potrà senza problemi essere inserito in quella.

TORNA RUGANI Un grosso problema, quello che dovrà affrontare la Juventus, ma che avrebbe potuto essere ancora più grande se nei giorni scorsi fosse andata a buon fine la cessione di Daniele Rugani alla Roma: Sarri si sarebbe ritrovato con tre soli centrali a due giorni dalla fine del mercato, con poche possibilità di trovare un sostituto. Il venticinquenne centrale di Lucca invece a questo punto rientra appieno nel progetto bianconero, almeno fino a gennaio: parte come quarto centrale, ma potrà provare a scavalcare almeno l’ultimo arrivato, il sorprendente Merih Demiral, come prima alternativa a Leonardo Bonucci e Matthijs De Ligt, a questo punto titolari certi al centro della difesa. A inizio 2020 poi si vedrà, il futuro di Rugani dipenderà dai tempi di recupero di Chiellini e anche da quello che si vedrà sul campo in questi mesi. Mesi sicuramente difficili, ma che la Juventus ha le forze per superare in attesa del ritorno del capitano

Non ci sta su una locandina tutto quello che Juve-Napoli ha da offrire questa notte. Il primo incrocio scudetto, il primo Sarri juventino contro il Napoli, un altro Ancelotti contro la Juve, il debutto di De Ligt, precettato dall’infortunio dello sfortunato Chiellini. Ma dovendo scegliere una cosa sola da strillare, diremmo: la guerra degli attacchi. Che non è solo una battaglia di uomini, ma anche di filosofie.

I piccoletti del Napoli contro la stazza di Higuain e la tartaruga di Cristiano Ronaldo. L’occupazione degli spazi (Juve), contro la creazione degli spazi (Napoli). Il presidio del territorio, tipico di una squadra governo (Juve), contro la guerriglia veloce tipica dei rivoluzionari (Napoli). Una Treccani: tutte le opzioni per attaccare una porta. Partita enciclopedica, a suo modo un derby: le due squadre che volevano Mauro Icardi. Figli di Sacchi Maurizio Sarri e Carlo Ancelotti sono di figli di Arrigo Sacchi. Partiamo da qui. Il Maestro racconta che nel suo primo Milan non abbondavano i giocatori capaci di saltare l’uomo.

Colombo non aveva una tecnica esagerata, Evani difettava di cambio di passo, ad Ancelotti avevano accertato il 20% di inabilità alle gambe. La scelta di creare spazi offensivi attraverso il movimento collettivo, e non individuale, era più necessità che filosofia. Sacchi però ce l’aveva un centravanti vero, anzi, il più vero della storia: Marco Van Basten. In quel Milan leggendario c’erano già quindi in embrione i principi che avrebbero portato alla diversa interpretazione del ruolo: il centravanti falso e quello vero; il numero 9 fatto d’aria, cioè di spazio liberato, e quello fatto di muscoli. Stanotte assisteremo alle due versioni, a mister invertiti, potremmo dire. Perché a gestire il tridente leggero dei guerriglieri sarà Ancelotti, uno abituato a coccolare centravantoni: Drogba, Ibra, CR7, Lewandowski… Mentre a guidare bomber di razza ci penserà Sarri che ha fatto del movimento e del palleggio corto la sua bandiera. Molti degli attaccanti in campo stasera a Torino si sono trasformati nel tempo. Vediamo come. Nuovo Pipita Ai tempi napoletani di Higuain, uno dei tre piccoletti era di troppo. In genere Mertens, che entrava a partita in corso. Prendiamo l’ultima stagione azzurra del Pipita, quella delle 36 reti (2015-16). Callejon e Insigne scortavano come paggi il Re del gol.

Ora la situazione si è quasi capovolta. I tre napoletani si sono messi in proprio (tutti in gol nel debutto di Firenze), mentre il Pipita è andato a servizio da CR7: nessuno tiro nello specchio e 2 sponde a Parma. Una partita non può offrire una fotografia definitiva, ma certi numeri sono comunque significativi. Callejon (6 ), Mertens (5 ) e Insigne (4) si sono distribuiti in modo quasi uguale i tocchi in area, a riprova che il belga è il centravanti ufficiale per il tabellino, ma nella realtà i tre si alternano al tiro, a rotazione, e questa è la vera forza del tridente: la imprevedibilità. Nella prima di campionato, i tre napoletani hanno raccolto più gol (4-0), più tocchi in area (15-9) e più tiri in porta (6-2) della coppia juventina. Per De Ligt, dalle lunghe leve,un debutto insidioso contro le tre schegge. In attesa delle idee di Sarri, i movimenti dell’attacco bianconero sono più prevedibili, con Cristiano che converge da sinistra e cerca il triangolo col Pipita per andare al tiro. Quando era un napoletano al centro del tutto, Higuain toccava in media 45 palloni a partita. A Parma ne ha giocati 37, quasi la metà di CR7 (60). Un assistente. Al contrario Insigne, nella stagione scorsa, ha diminuito assist e aumentato i tiri. Messaggio Napoli Ma, al di là dei numeri, il calcio è anche (soprattutto) una faida di personalità. Una anno fa, alla settima, Cristiano trascinò la Juve con due assist e mezzo e il Napoli, sconfitto allo Stadium 3-1, scivolò a -6 già a settembre.

Higuainalla primada juventino contro il Napoli segnò il gol partita e nel torneo successivo gelò il San Paolo. Sono questi gol, dalla pesantezza speciale, che portano gli scudetti. Il tridente del Napoli deve ancora imparare a farli. Di Insigne si ricorda il rigore sbagliato nel finale dell’ultimo Napoli-Juve e lo sciagurato pallonetto steccato contro l’Inter. E’ questa la risposta più attesa dal Napoli stanotte: un salto di personalità e di maturità. Il risultato conta poco. Siamo all’inizio. Conta molto di più l’impressione che può lasciare la rivale più accreditata nella testa dei campioni che non hanno le solite sicurezze. La nuova identità tattica è lontana, si fatica a chiudere un mercato sofferto, il grave infortunio del Chiello, leader etico prima ancora che capitano e difensore, è un trauma. Ancelotti invece ha una squadra collaudata e ben definita, in crescita. Oggi una sconfitta farebbe più male alla Juve che al Napoli. Forse questa è la vera novità.

Meno uno alla sfida scudetto più lontana dallo scudetto che ci sia. Perché il calendario segna ancora agosto, il mese dei sogni di mercato più che dei punti pesanti per la classifica. Perché tra le due litiganti, quest’anno, c’è un’Inter che ha tutte le intenzioni di candidarsi al ruolo di terza incomoda. Le due litiganti, appunto: la Juventus e il Napoli.

Domani sera opposte all’Allianz Stadium in una già altisonante contesa dal sapore speciale per Maurizio Sarri, anche ieri attento osservatore della sessione d’allenamento alla Continassa pur senza dirigerla in campo (a domani il tecnico non andrà in panchina causa polmonite: come a Parma toccherà a Martusciello), e per Gonzalo Higuain, smanioso di confermare quella casacca numero nove “in pectore” che spetta al centravanti della squadra già idealmente indossata al Tardini. E anche per Adrien Rabiot. Che a differenza dei primi due non annovera un passato remoto partenopeo, ma un passato recente piuttosto turbolento sì.

Quello che lo ha visto finire prima ai margini della rosa e poi tra le cessioni a parametro zero con il Psg. Tanto che la mezz’ora scarsa disputata, non senza qualche sbavatura, a Parma sabato scorso ha rappresentato la prima uscita del francese dopo 256 giorni senza partite ufficiali. Per questo quello di domani non può che essere un appuntamento intriso di significati e di risvolti per il figlio della signora Véronique, che brama quella maglia da titolare già assaporata alla vigilia di Parma. Reduce, d’altronde, da un convincente pre-campionato vissuto sempre da protagonista, compresa la titolarità nelle “prove generali”contro Atletico Madrid prima e Triestina poi. Di fronte agli emiliani, invece, il tandem Sarri-Martusciello ha preferito affidarsi all’usato sicuro, in mezzo al campo come in tutti i reparti. Dentro il connazionale Matuidi, allora, e soltanto gli ultimi 27′ a disposizione per Rabiot. Una scelta ricalcata dalle convocazioni del ct transalpino Didier Deschamps in vista dei prossimi appuntamenti dei Bleus conto Albania e Andorra: Matuidi sì, Rabiot no. Inevitabile dopo la lunga inattività osservata dall’ex Psg, in cerca ora del trampolino di lancio per prendersi un posto da titolare e non lasciarlo più. In blu come in bianconero. Accadrà presto, forse non prestissimo però. Perché le scelte anti-Napoli, alla vigilia di una sosta per le Nazionali che permetterà al gruppo bianconero di proseguire nel processo di sarrizzazione, ricalcheranno con ogni probabilità quelle di Parma. Ci sarà tempo, gradualmente, per assorbire anche il più nascosto dettaglio del credo calcistico di Sarri. Ci sarà tempo, gradualmente, per inserire tutti i volti nuovi. Da De Ligt al centro della difesa a Rabiot in mezzo al campo, appunto. Con il transalpino candidato a poter occupare più di una posizione nel centrocampo a tre della Juventus. «Ha margini di miglioramento enormi, perché nel 2019 ha giocato pochissimo – aveva detto di lui il tecnico bianconero a margine dell’amichevole di Nanchino contro l’Inter -. E da centrocampista centrale ha sorpreso anche me, l’ho visto molto a suo agio». Una carta in più da giocare, quella del vice-Pjanic. Una carta che, invece, attende ancora di poter calare sul tavolo Aaron Ramsey, escluso dai convocati per l’esordio stagionale e ora alle prese con una lombalgia che ne sta limitando il pieno recupero.

L’Allianz Stadium è sempre più un modello di sicurezza. Nell’impianto della Juve sono state installate nuove tecnologie di videosorveglianza che permettono la copertura totale dello stadio e di individuare i responsabili di qualsiasi evento con elevata precisione. In vista del debutto della nuova stagione con il big match di sabato sera contro il Napoli, l’apparato di videosorveglianza a circuito chiuso è stato ulteriormente implementato con 7 telecamere Full HD nelle zone di accesso e con 9 “Panomera” multifocali.

Otto di queste, puntate sugli spalti, vanno a integrare le 14 già presenti. La nona, di ultimissima generazione, è posizionata tra i tornelli e le aree di accesso agli spalti in una zona particolarmente sensibile e ne consentirà la ripresa a 360 gradi. Le novità non sono finite: sono stati adottati dei nuovi microfoni direzionali a elevata sensibilità, che permetteranno di registrare e sezionare l’audio dagli spalti in modo da poter identificare con maggiore precisione la provenienza di cori o altre manifestazioni verbali. Nel settore Est, invece, ecco i nuovi metal detector a portale, per facilitare l’afflusso del pubblico e diminuire i tempi di attesa per l’accesso allo stadio.

NAPOLI. E poi l’allenamento, per non perdere un solo minuto nella tappa di avvicinamento alla sfida in casa della Juventus. Dalla sala stampa al campo di gioco di Castelvolturno, per Hirving Lozano è stato un soffio di vento, con l’entusiasmo di chi, certo che questa sfida scudetto la vorrebbe giocare. Non da subito: il messicano partirà dalla panchina, con ottime chance di entrare. Ma con quale formazione giocherà? Pochissimi i dubbi di Carlo Ancelotti. E il modo di giocare? Quello potrebbe cambiare, rispetto al successo di sabato a Firenze. E’ probabile che a Di Lorenzo venga dato un turno di riposo ma non perché si sia comportato male al Franchi, anzi, è stato tra quelli che hanno tenuto meglio in difesa. Ma perché giocare allo Stadium contro Cristiano Ronaldo potrebbe essere un’esperienza un po’ “forte” per un ragazzo che fino allo scorso anno nell’Empoli «non erano queste le partite da vincere». Allora l’opzione potrebbe essere duplice sulla corsia destra. La prima, quella storicamente affidabile, porta il nome di Hysaj, anche se è un calciatore da recuperare sotto l’aspetto motivazionale, dopo aver trascorso un’estate con la valigia pronta in attesa di una nuova destinazione. La seconda, quella che ha funzionato nelle gare chiave, conduce a Nikola Maksimovic. Al difensore serbo il Napoli sta anche rinnovando il contratto fino al 2024 e la sua euforia è sprigionata negli ultimi allenamenti, dopo una settimana vissuta con il muso un po’ lungo. Maksimovic terzo centrale difensivo al fianco di Manolas e Koulibaly, una soluzione adottata ben 9 volte da Ancelotti nella scorsa stagione: nelle 5 gare di Champions giocate con il serbo in campo, nelle due trasferte di Serie A contro Atalanta (una vittoria) e Inter una sconfitta) e poi al ritorno dei quarti di Europa League contro l’Arsenal. Ma Ancelotti sta lavorando anche sul centrocampo. Quest’anno sta puntando molto sulla posizione di Zielinski, da costruttore di gioco, e quindi significherebbe sconfessare la propria scelta, se lo spostasse qualche metro più avanti, nel ruolo di trequartista. Sarebbe sensato, invece, se Fabian Ruiz venisse collocato più in mezzo al campo, in linea con le posizioni di Zielinski e Allan. Poi, Ancelotti ha abituato a tante altre soluzioni con l’obiettivo e proverà a sorprendere la Juventus che non è ancora di Sarri. Troppi calciatori bianconeri sono “in acqua alta”, sospesi tra la vecchia gestione tecnica e l’attuale, soprattutto in difesa. Forse anche per questa ragione ieri Ancelotti ha fatto svolgere lavoro tecnico con combinazioni offensive.

Gli esuberi sono diventati un’ossessione per la Juve. Inutile fingere, il mercato è in pieno countdown e ci sono troppi nodi da sciogliere. Qualcuno resterà. Nelle intenzioni bianconere l’idea era quella di trovare una sistemazione a Rugani, a un centrocampista (prima Khedira, poi Matuidi, poi Emre Can) e a Mandzukic. Lo stato dell’arte dice che bisogna ancora lavorare. E che alla fine qualche rimpianto, magari, resterà. Dalla fine del mercato inglese, che la Juve pensava prendesse una certa piega, siamo entrati in un circuito complicatissimo che anche uno specialista come Fabio Paratici ha dovuto subire.

LA SCELTA IN DIFESA. Ora, accostare Demiral al Milan è un esercizio che diventa complicatissimo commentare. Il mercato propone sempre soluzioni a sorpresa, nulla escludiamo. Ma in questo caso sbattiamo contro due ostacoli, il primo inequivocabilmente legato al fatto che il Milan ha già quattro centrali (Caldara presto rientrerà) e non saprebbe cosa farsene del quinto dovendo finanziare l’affare Correa. Il secondo ostacolo è psicologico: Sarri aveva avallato la cessione di Rugani per trattenere Demiral, la strada era tracciata. Al punto che l’ex Empoli ha saltato tutte le amichevoli, anche quella classica in famiglia, nemmeno un minuto a conferma che si stava aspettando soltanto il momento giusto. Ora resta la Roma nella speranza di trovare una soluzione che accontenti tutti. E se così non fosse? Cedere Demiral per riaccogliere Rugani, che era stato messo sul mercato, e considerarlo il quarto difensore centrale della batteria di Sarri sinceramente non sarebbe una grande mossa.

L’AFFOLLAMENTO IN MEZZO. A centrocampo non stiamo meglio, almeno fino a quando Matuidi non cambierà idea sul desiderio di voler andare fino alla scadenza del contratto per poi scegliere la nuova destinazione. Khedira è tornato titolare, Emre Can sarebbe sacrificabile soltanto in caso di offerta davvero allettante. E bisogna tenere conto che uno come Bentancur pensa, a ragione, di poter essere protagonista e di aumentare il minutaggio.

IL DIKTAT DI MARIO. Quelli del reparto offensivo sono stati quasi tutti in discussione, tranne Cristiano naturalmente. Ora Higuain ha riguadagnato la titolarità e ringraziato la Roma per aver blindato Dzeko, mentre Dybala ha detto no a chiunque nella speranza di ritrovare presto il sorriso smarrito. Paulo potrebbe tornare protagonista negli ultimi giorni di mercato? E’ un’ipotesi lontana, conosciamo la storia dei colpi di scena dietro l’angolo, ma oggi è calma piatta. Il più esigente è Mandzukic che, pur sapendo di essere a rischio lista Champions, andrebbe via solo alle sue condizioni. Traduzione: un club davvero appetibile, il Barcellona lo sarebbe stato. Ma se arrivasse Neymar…

Higuain vede Napoli e poi… fa gol. La strana estate del Pipita sta per vivere il suo apice: sabato sera, il bomber si troverà di fronte al suo glorioso passato, aff ronterà nuovamente la squadra con cui ha riscritto la storia della serie A con il record dei 36 gol e lo farà di nuovo con la maglia bianconera, quella del “nemico” per il popolo napoletano. Non accadeva dal 22 aprile 2018 di vedere Gonzalo da juventino contro il Napoli: fu la notte del sogno di ribaltone tricolore degli azzurri che espugnarono lo Stadium con la capocciata di Koulibaly. Fu proprio Higuain a ristabilire le distanze una settimana dopo segnando il gol decisivo nella vittoria di San Siro contro l’Inter e a ricucire lo scudetto sul petto dei bianconeri.

GIUSTIZIERE. Ora è di nuovo il momento del confronto diretto. E Higuain da avversario è sempre stato un giustiziere del Napoli. Cinque gol in sei partite con la maglia della Juve, mentre lo scorso anno è rimasto a secco nell’unico precedente con il Milan, prima di trasferirsi alla corte di Sarri al Chelsea. Il Pipita ha subito battuto un colpo dopo l’estate del clamoroso trasferimento da 90 milioni a Torino: 29 ottobre 2016, il bomber regala i tre punti alla Juve nel primo incrocio allo Stadium. Nel primo ritorno al San Paolo, invece, non va a segno (2 aprile 2017), ma tre giorni dopo nella semifi nale di ritorno di coppa Italia, piazza la doppietta decisiva che si aggiunge al gol nella gara di andata e spalanca ai bianconeri le porte della finale. Anche nella seconda stagione juventina, il Pipita dà un dispiacere ai suoi ex tifosi a Napoli con la rete decisiva nonostante fosse stato in dubbio per l’operazione alla mano subita pochi giorni prima.

NUOVA VITA. Adesso si avvicina un altro capitolo della storia, reso possibile da questa estate strana che ha visto Gonzalo a lungo in bilico. L’argentino è tornato dal prestito al Chelsea ed è rimasto per mesi con la valigia in mano. Neanche l’avvento del suo mentore Sarri in panchina aveva contribuito inizialmente a favorirne la permanenza. Higuain era considerato sicuro partente, sembrava che non ci fosse davvero più spazio per lui nella Juve. E’ stato corteggiato a ripetizione dalla Roma ma il Pipita non ha mai aperto al trasferimento in giallorosso, possibilità che è scemata definitivamente con il rinnovo di Dzeko. Voleva una nuova chance con la Juve, Gonzalo, e alla fine, complici anche l’assenza di altre offerte e la sua conoscenza della filosofi a sarriana, l’ha ottenuta. Riprendendosi il centro del palcoscenico, ovvero il posto al centro del tridente bianconero nell’esordio a Parma. Il feeling con Ronaldo sembra davvero esserci ed è una delle notizie migliori per la nuova Juve che sta nascendo. I due hanno dialogato a ripetizione, hanno giocato vicini, pronti allo scambio rapido, con il Pipita spesso in versione assist man. Higuain non ha però trovato la via del gol, ma ora arriva la grande occasione per sbloccarsi nella nuova vita in bianconero. Vedi Napoli e poi…

INVIATO A CASTEL VOLTURNO – Un indizio sa di prova e nel momento in cui la maglia numero 11 del Napoli compare nel «training center» tra le braccia di Hirving Lozano, sospettare diventa lecito azzardare sembra scontato. «Già venduto, Ounas?». E’ una traccia, va seguita, perché è lì ormai da una settimana e forse anche di più: conduce in Francia, per la precisione a Nizza, con possibile deviazione su Lille, dove hanno focalizzato l’epicentro di una trattativa ormai entrata nel vivo e per la quale siamo allo scambio di documenti. Le sette della sera di un martedì rovente, come ce ne sono stati, con Ounas che viene avvistato ovunque, principalmente in aeroporto, destinazione Costa Azzurra: prestito secco, qualcosina al di sotto dei cinque milioni richiesti, e nessuna postilla su riscatti e contro riscatti, perché su un ragazzo di ventitré anni (ma a novembre) conviene crederci e ad oltranza. Però l’organico va sfoltendosi e non è finita, certo che non, essendo rimasto altro a cuocere a fuoco lento, in questo last minute in cui ci si accapiglierà, fi no a prova contraria.

LE ALI. L’Europa League può modificare o anche no le intenzioni del Torino, che vorrebbe sempre Verdi, nonostante la percezione di difficoltà che paiono insormontabili: domani sera c’è in palio la qualificazione, nel braccio di ferro in Inghilterra con il Wolverhampton, poi si proverà a riaprire una trattativa fi nita nella palude e riemersa non appena è ricomparsa l’Atalanta come pretendente del fantasista. Verdi ha un talento ampio, sa fare tutto ciò che serve con entrambi i piedi, ha qualità che entusiasmano Gasperini e il ds bergamasco, Giovanni Sartori: a volte, da una domanda si riapre un dialogo, rimasto lì per una questione di soldi (ovviamente). Però negli ultimi secondi le cose cambiano.

LEGITTIMA DIFESA. E semmai non muteranno gli scenari difensivi, quelli che hanno spinto il Napoli a rivedere le proprie posizioni nelle quarantotto ore alle spalle: il Sassuolo è in pressing, vuole Chiriches, sente anche di aver dato una spallata alla Fiorentina, inattesa concorrente alla quale potrebbe essere suffi ciente Tonelli. Ancelotti si ritroverebbe, a quel punto, con quattro centrali però con Hysaj eventualmente «quinto» per l’emergenza: perché anche sull’esterno si sono ribaltate alcune certezze e l’eco del desiderio del Psg per Malcuit s’è diffuso, eccome, ed ha cominciato a riscrivere questo finale di mercato. Pure quello è semplicemente un indizio, ma a volte è suffi ciente per farne una prova.

inisa Mihajlovic insegna che la forza di volontà può fare la differenza e quella a Maurizio Sarri sicuramente non manca, ma oltre al coraggio e alla voglia di non perdere un appuntamento importante, servono parametri nella norma che consentano ai medici di accendere il semaforo verde. Dipendesse solo da lui, il tecnico della Juventus si sistemerebbe già sulla panchina di sinistra dell’Allianz Stadium, quella riservata alla squadra di casa, perché sabato non si giocherà una partita come le altre, ma la sua partita, Juventus-Napoli, che ha vissuto tante volte dall’altra parte della barricata. Sarri è stato l’ultimo, in Serie A, a sconfiggere Madama dentro le mura del suo castello coi colori azzurri addosso e adesso vorrebbe assaporare le stesse sensazioni dall’altra parte, con la divisa bianca e nera che attende ancora il battesimo dell’ufficialità. La polmonite ha impedito al nuovo timoniere della Juventus di godersi il debutto a Parma: Sarri ha festeggiato la prima vittoria stagionale sul divano di casa sua e in teoria dovrebbe fare lo stesso sabato sera, perché così hanno stabilito i dottori la scorsa settimana dopo ulteriori accertamenti. Che il finale della storia sia già scritto, però, non è così scontato, perché il tecnico è testardo come un mulo ed è convinto di riuscire a far cambiare idea ai medici come ha fatto Mihajlovic, anche se le due situazioni non sono paragonabili e vanno fatte le dovute proporzioni (il tecnico del Bologna sta affrontando una battaglia molto più dura e complessa, contro la leucemia).

Progressi e campo Sarri ieri ha fatto il solito tran tran: è stato alla Continassa, ha partecipato alla riunione con lo staff prima dell’allenamento e poi si è ritirato in ufficio. Come era già accaduto martedì, è uscito sul campo per qualche minuto, per respirare quell’atmosfera unica che c’è durante gli allenamenti (e che glimanca tanto). Sta meglio, su questo non ci sono dubbi, e i controlli dei giorni scorsi confermano che tutto sta procedendo per il verso giusto. Però è ancora presto per dire se sabato per l’esordio in casa ci sarà lui oppure ancora il suo secondo, Giovanni Martusciello. Nuovi esami per l’ok Con molta probabilità la decisione verrà presa solo domani, dopo ulteriori esami. Maurizio è appeso al verdetto dei dottori, nel frattempo continua a seguire la squadra con l’abituale maniacalità: dal suo staff (in particolare Loris Beoni, il collaboratore di cui si fida di più oltre a Martusciello) pretende un report completo e particolareggiato dopo ogni seduta, s’informa sui singoli e cura i dettagli anche a distanza. Il lavoro quotidiano gli manca, ma ha promesso che avrebbe rispettato i tempi imposti dai dottori. Una cosa è osservare l’allenamento da bordo campo, un’altra è dirigerlo in prima persona, sudando e agitandosi in mezzo al campo. Ed è ancora più faticoso andare in panchina, soprattutto con tutto lo stress che comporta per uno come Sarri, abituato a vivere la partita a 360 gradi, a urlare e a dimenarsi lungo la linea laterale. Per questo i medici temporeggiano, mentre Sarri spinge e ogni giorno fa un passo in più verso la panchina di sinistra dell’Allianz Stadium.

Dove rilassarsi senza troppi pensieri, perché gli avversari che danno fastidio sono esemplari rari.LoStadium,il rifugio juventino che sabato riaprirà le porte dopo più di tre mesi, è stato inaugurato nell’estate 2011 e ha permesso ai bianconeri di portarsi nel futuro prima degli avversari. E gli effetti benefici si sono visti anche in campo. In campionato, nel suo fortino, la Juve ha perso solo il 4% delle partite, ovvero 5 volte in 152 uscite.

La prima caduta contro l’Inter nel novembre 2012, a cui sono seguite quelle contro la Samp nel gennaio 2013, l’Udinese nell’agosto 2015, la Lazio nell’ottobre 2017 e l’ultima, curiosamente, contro il Napoli allenato da Maurizio Sarri, che grazie a una zuccata di Koulibaly per una settimana fece vacillare le speranze scudetto della Signora. Il tecnico bianconero, scaramantico di natura, è autorizzato a toccare ferro, visto che sabato si troverà dall’altra parte della barricata. Top in Europa Le gradinate che colano a picco, lo stadio quasi sempre pieno, l’urlo dei tifosi così vicini al campo che dà una carica unica. Sono solo alcuni dei fattori che possonoincidere sul rendimento interno impressionante dei bianconeri. Nessuno nei cinque campionati top in Europa ha un rendimento migliore in casa, prendendo in considerazione il periodo dal 2011-2012 (prima stagione di «vita» dello Stadium) ad oggi. Quelli che si avvicinano di più sono i francesi del Psg (5% la percentuale di sconfitte in 154 incontri) e gli spagnoli del Barcellona, sempre con il 5%, ma in 153 incontri.

I tedeschi del Bayern fanno invece leggermente peggio con il 6% di partite perse sulle 137 disputate in Bundesliga. Fortino Allargando il discorso a tutte le competizioni, la musica non cambia. La Stadium resta un fortino, anche comprendendo le gare europee e quelle della coppa Italia. La Juventus ha infatti giocato in totale 207 partite in casa e il bilancio parla chiaro: 79% di vittorie, 16% di pareggi e solo il 5% di sconfitte. L’ultima, dolorosissima, quella contro l’Ajax lo scorso 16 aprile nei quarti di Champions. E pensare che in campionato la scorsa stagione il cammino della Juve in casa è stato immacolato: nessuna sconfitta, 4pareggi (contro Genoa, Parma, Torino e Atalanta) e 15 vittorie, fra cui quella per 3-1 contro il Napoli firmata da Mandzukic (doppietta) e Bonucci, che realizzò anche il primo dei tre gol con cui la Juve battè il Napoli nel primo incrociofra i bianconeri e ilNapoli all’Allianz, nell’aprile 2012.

Il rumore dei nemici. Quello che dieci anni fa esaltava José Mourinho, quello che oggi alimenta il sacro fuoco di Cristiano Ronaldo. L’intensa fiamma che ogni mattina sprona il fuoriclasse portoghese a fare di più e a fare meglio. Nonostante quanto già scolpito nella pietra del calcio. CR7 è tornato a chiamarli in causa giovedì, i suoi nemici. Nella prestigiosa cornice del Grimaldi Forum di Montecarlo, durante i sorteggi della fase a gironi della Champions League: «Ritirarmi? Ho due anni più di Messi, ma penso di essere ancora in buona forma per la mia età: alle persone a cui non piaccio dico che sarò ancora qui anche tra uno, due, tre e magari quattro anni». Un affondo limpido, una risposta ad anticipare un altro fronte avverso. Quello della stampa spagnola, che ieri mattina si è scatenata nell’invocare una vendetta all’indomani proprio di quel sorteggio che ha visto la Juventus abbinata all’Atletico Madrid e della sconfitta di Ronaldo nella corsa al premio Uefa di miglior giocatore dell’anno, vinto da Van Dijk. La sfida ai colchoneros sarà una riedizione degli infuocati ottavi di finale dello scorso anno: quelli della tripletta di Ronaldo all’Allianz Stadium, quelli del gesto di scherno mai digerito dai tifosi colchoneros. Musica per le orecchie di CR7, caricato dalle critiche e concentrato per il big match contro il Napoli di stasera. Palco ideale per riaffermare, con gli occhi del mondo addosso, tutta la sua sfrontata superiorità. Alla ricerca di quella prima rete stagionale che solo il Var del Tardini gli ha negato nella gara d’esordio. Ma a Parma ha dimostrato di essere già sul pezzo, terminale pressoché unico dei primi vagiti sarriani: protagonista di sei delle sette occasioni da gol bianconere. Due volte ha centrato lo specchio e quattro no, ma sempre si è confermato al centro del villaggio bianconero. Solo un caso che il suo nome non sia comparso tra i marcatori. Proverà a rimediare stasera in una delle partite più attese della stagione italiana, una delle più seguite dentro e fuori i confini. Per inaugurare un ruolino di marcia personale che anche Maurizio Sarri è convinto possa assumere contorni storici. «Ronaldo? È un ragazzo che ha battuto praticamente tutti i record del calcio mondiale e mi piacerebbe fargliene raggiungere altri – rispose l’ex manager del Chelsea nel giorno della sua presentazione in bianconero –. Sono il tecnico che ha allenato il giocatore che ha fatto più gol in una stagione di Serie A: mi piacerebbe averne due, sarebbe una soddisfazione enorme». E chissà che a contribuire come spalla ideale non possa essere proprio l’autore del record, quel Gonzalo Higuain preziosissimo a Parma nel rifinire l’azione e rifornire Ronaldo. Conferme sono insomma attese per stasera, nel primo vero esame della stagione, contro una delle poche squadre che lo scorso anno CR7 non è riuscito a battere. Uno stimolo in più, a sommarsi al rumore dei nemici.