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Questo articolo in breve

E’ un Fonseca nuovo di zecca che si affaccia subito in un derby delicatissimo per la sua avventura in giallorosso, corrisponde a pochi chilometri di distanza un Simone Inzaghi che parla ormai da veterano della stracittadina. «Una gara importantissima per noi», avverte il tecnico biancoceleste alla vigilia, facendo trapelare una «serenità» che in casa Lazio è una novità tutta di quest’anno in vista di gare di questo spessore.

Evita anche di cadere nel tranello dei bookmakers: «Noi favoriti? Probabilmente in teoria sì, visto il nostro successo e il loro pareggio alla prima giornata. Ma in pratica assolutamente no. Sappiamo cosa significa giocare un derby, sono due partite a parte nel campionato, sarà strano per tutti giocarlo alla seconda giornata coì presto». Inzaghi, al contrario di Fonseca, conosce gioie e dolori del derby della Capitale, prima da giocatore e poi da allenatore. Con un’unica costante che da quest’anno non c’è più. Oltre a De Rossi, soprattutto l’addio di Francesco Totti: «E’ un amico, ci conosciamo da tantissimi anni.

Sarà il primo derby senza di lui, farà un effetto particolare. Ci siamo visti in vacanza ma ci siamo solo salutati con grandissima stima, non abbiamo parlato di calcio», rivela Inzaghi. Per vincerlo, serviranno «umiltà e spirito di sacrificio, ma allo stesso tempo coraggio»: questa la sua ricetta. E non manca di sottolineare le doti dei suoi avversari, allenatore portoghese compreso: «La Roma è una squadra forte, che ha venduto ma che ha anche tenuto Dzeko e Kolarov, due giocatori molto importanti». «Fonseca – aggiunge il tecnico biancoceleste – è stato bravo a creare in poco tempo un ottimo clima, i giocatori lo seguono e vengono come noi da un ottimo precampionato.

La Roma ha buonissimi giocatori e un ottimo tecnico, coraggioso e molto molto preparato. Dovremo essere bravi, lo abbiamo preparato bene». Sicuro della sua Lazio dopo lo splendido 3-0 di Marassi ai danni della Sampdoria, da un lato sottolinea come la Samp sia stata «ridimensionata domenica, ma per me resta una squadra forte», dall’altro scansa la tentazione di polemizzare sulla designazione di Guida, arbitro inviso ai laziali dal famoso Lazio-Torino di due stagioni fa. «Anche con Rocchi non eravamo fortunati – specifica Inzaghi – e invece domenica scorsa abbiamo ottenuto un’ottima vittoria contro la Sampdoria. Speriamo anche domani con Guida». Si parte alle 18, in palio c’è già la volata Champions. Stadio blindato fin da ieri, si teme che gli ultrà delle due tifoserie si uniscano contro le forze dell’ordine. Lotito lancia l’appello: «Sia un derby leale, corretto e segnato solo da grande passione e gioia», il messaggio del patron laziale.

Paulo Fonseca è pronto a debuttare nel derby. Perché nonostante ieri abbia dichiarato di aver giocato diverse stracittadine nella sua carriera, in realtà non è così. Il portoghese probabilmente si riferiva ai match contro la Dinamo Kiev, trasformatosi per lo Shakhtar da un paio d’anni in una rivale cittadina visto che il club del magnate Akmetov è stato costretto, per motivi legati alla guerra, a trasferirsi a Kiev. Tuttavia, eccezion fatta per un paio di derby regionali (uno vinto quando allenava il Braga, 3-2 al Vitoria Guimaraes, l’altro conclusosi in pareggio per 1-1) – nemmeno paragonabili all’appuntamento di oggi pomeriggio contro la Lazio – il portoghese è al battesimo. Al netto della sua pacatezza, ieri ha lasciato trasparire un minimo di fastidio quando gli è stato ricordato come media e bookmakers considerino i biancocelesti favoriti: «Partire con i favori del pronostico conta il giusto, ciò che è importante è il campo.

La Lazio è fortissima, ha grandi calciatori e un allenatore che allena da tanto la squadra con un sistema di gioco rodato. Per me è importante come si intende affrontare la partita, comprendere l’avversario e contrastarlo nei suoi punti di forza». La Roma ultra-offensiva dell’estate e della prima giornata ha lasciato qualche perplessità. Ma Fonseca assicura: «Non sono un allenatore dogmatico. Credo nella nostra idea di gioco e l’identità di squadra che possa prevalere sull’avversario. Il nostro obiettivo è comunque vincere le partite. Non ho una visione chiusa del calcio». L’ultimo arrivato, il difensore Smalling, siederà in panchina: «Cercavamo un giocatore esperto e Chris lo è. Caratteristiche giuste che si adattano alla nostra squadra: è rapido, aggressivo e aggiunge qualità alla nostra rosa».

KALINIC ARRIVA DOMANI Rosa non ancora completa. Sono ore calde anche sul versante Schick. Roma e Lipsia hanno trovato ormai l’intesa: prestito biennale con obbligo di riscatto a 26 milioni, subordinato ad un determinato numero di presenze. Al posto del ceco, arriva Kalinic, atteso nella Capitale già domani (operazione in prestito con diritto a 9 milioni). Problemi invece per Mateu Vital: Roma e Corinthians (che detiene 85% del cartellino, il restante 15% è diviso tra l’agente e il Vasco da Gama, sua ex squadra) sono separate da 5 milioni (12 la richiesta, 7 l’offerta). Se non si sblocca, Petrachi è pronto a virare su Idrissi, classe ‘96, olandese naturalizzato marocchino, ala dell’Az Alkmaar e della nazionale africana, sul quale è forte anche l’interesse del Torino. Operazione da 10 milioni. Gonalons è a un passo dal Granada: prestito con obbligo di riscatto a 5 milioni. Santon è vicino alla Spal. Bianda ha invece rifiutato un club turco.

Come le fragole a febbraio: una primizia. Piena di promesse, e di insidie anche. Quasi certo, farcita di gol. Almeno a giudicare dai primi bagliori della stagione, dagli attacchi scatenati corroborati da un gioco che crea bollicine. Non è mai accaduto in campionato che il derby capitale finisse in vetrina così presto. Ma questa Lazio e questa Roma sono comunque già pronte a regalare spettacolo. E farci divertire. Magari la Roma avrebbe voluto un po’ più avanti la sfida che vale, da questa parti davvero, un bel pezzo di stagione. Come darle torto. Immaginate due aziende. Da una parte un’impresa quasi di famiglia, solida, ben avviata, che dà risultati e garanzie. Dall’altra, un’industria ambiziosa che nell’ultimo anno ha raccolto poco e ha deciso per la totale ristrutturazione. Via i due simboli del marchio, nuovi «cervelli » e un nuovo amministratore delegato, che arriva con le sue idee senza alcuna intenzione di cedere a compromessi. Ci sono aspettative, timori e qualche inevitabile incertezza nel rodaggio.

Ma anche un rinnovato entusiasmo che può compensare qualunque disagio. Derby mai visto I piatti in tavola sono parecchi e tutti gustosi in questo derby mai visto, per la sua precocità ma anche per l’assenza di due «eterni» protagonisti: Francesco Totti e Daniele De Rossi. A molti si stringerà il cuore nel non vederli in campo né – se Francesco marcherà visita – in tribuna, ma le rivoluzioni hanno sempre vittime illustri. L’anno scorso Lazio e Roma si divisero i punti: 3-1 all’andata in casa giallorossa e 3-0 al ritorno. Curioso, le squadre si presentano al caldo appuntamento con un tesoretto di 3 reti a testa frutto della prima giornata. Le filosofie sono chiare: guardano avanti, anche se da angolazioni differenti. Solo che la Lazio a Genova con la Samp ne ha fatti 3 restando con la porta intonsa. La Roma invece ne ha subiti altrettanti dal Genoa in casa. Ma è inevitabile far partire l’analisi dagli attacchi. Ciro-Edin e gli altri Immobile e Dzeko guidano le bande dei gol. Guarda un po’, arrivano al derby con un bottino romano in netta parità: 88 gol a testa con la Lazio e con la Roma, tra campionato e coppe.

Chi fa il sorpasso? Ciro è stato implacabile nelle sfide precedenti: 3 delle ultime 5 reti (2 su rigore) nei derby le ha segnate lui. Il bosniaco l’anno scorso è rimasto a secco. Sono partiti entrambi alla grande. Immobile corre e segna per la Lazio e per conquistare il posto da titolare in Nazionale. Dzeko è il nuovo leader e sfrutta la benzina dell’amore dei tifosi cresciuto a dismisura dopo il rifiuto di andarsene. Entrambi poi godono di partner altrettanto in palla. Under e Correa pare abbiamo deciso di diventare grandi. E campioni. Aiutati da un gioco che li esalta. E qui entrano in ballo i tecnici. Simone vs Paulo Il trasformista e l’integralista: potremmo definirli così. Simone Inzaghi, l’uomo di famiglia, è cresciuto dentro l’azienda e ora ha una padronanza assoluta del prodotto. tanto che riesce a far coesistere tutti i galli nello stesso pollaio: Milinkovic, Luis Alberto, Immobile e Correa, creando tantissimo e mantenendo allo stesso tempo un ottimoequilibrio. In pochi ci riuscirebbero.

Ormai da più di una stagione si è stabilizzato sulla difesa a tre ma, appunto, non disdegna di cambiare in corsa se necessario. Si adatta all’avversario e soprattutto alle caratteristiche dei suoi giocatori: le ripartenze veloci sono l’asso nella manica. Fonseca no. Lui non vuole l’etichetta di integralista, e forse non lo è in assoluto, ma la sua filosofia è una e resta fedele alla linea: comando assoluto del gioco, pressing alto e possesso palla. Nulla da dire: in avanti ha mostrato un gioco spettacolare ed efficace. Ma per un meccanismo così complicato ha bisogno di tempo, e soprattutto di uomini giusti. In difesa non li ha, forse Smalling sì ma non è pronto al momento. E il portoghese contro il Genoa ha toccato con mano che a giocare con i due laterali altissimi senza avere centrali rapidi si rischia tantissimo. Soprattutto se poi hai i due uomini nel centrocampo del 4-2-3-1 (Pellegrini e Cristante) che hanno giocato più da trequartisti che da mediani. Fonseca dovrà cercare di chiudere quegli spazi dove Luis Alberto si infila come un coltello nel burro. E magari alternare i laterali nella salita per evitare di essere troppo sbilanciato. Vedremo a quali antidoti ha pensato. Perché una sconfitta e il conseguente -5 dai rivali alla seconda giornata sarebbe un danno per la rivoluzione. Lazzari vs Kolarov E a proposito di laterali, la sfida Lazzari-Kolarov è la novità più interessante. Saranno scintille da quelle parti. L’ex Spal ha portato vivacità e forza al gioco della Lazio. Il serbo nella nuova filosofia si trova a meraviglia e ha già il piede caldo. Se non dovessero bastare quelli già bollenti degli attacchi.

E sono 19. Dieci da giocatore e nove, con quello di oggi, da allenatore. Un veterano del derby che, però, riesce ancora ad emozionarsi come se fosse la prima volta. «È così – dice Simone Inzaghi -, quando arriva questa partita, che è un campionato a parte all’interno del campionato, per me è sempre una grandissima emozione. È come se non l’avessi mai giocata in precedenza ». Ed in effetti per Inzaghi quello di oggi è comunque un «primo» derby. Perché in quelli affrontati da allenatore non gli era mai capitato di arrivarci da favorito. Anche se lui non è d’accordo: «In teoria potremmo esserlo per i risultati della prima giornata. Ma nella pratica no, in un derby non ci può mai essere un favorito. E poi la Romaavrà pure pareggiato la prima, ma resta una squadra molto forte. Come si è visto nelle amichevoli con Lilla e Real Madrid. Ed è guidata da un allenatore molto preparato». Bilancio agrodolce Diciannovesimo derby, dunque. Con un bilancio molto negativo da giocatore (2 vittorie, 1 pari e 7 sconfitte) e sostanzialmente in parità da allenatore, con 3 vittorie, 1 pareggio e 4 sconfitte. Ma una di questa sconfitte è stata in pratica una vittoria, perché era il match di ritorno della semifinale di Coppa Italia del 2017 e la sconfitta per 3-2 consentì alla Lazio di superare il turno dopo il 2-0 dell’andata. Uomo derby, quindi, Simone lo è diventato da allenatore. Ma le esperienze, specie quelle negative, maturate da giocatore sono servite. Dall’altra parte, invece, non ci saranno i totem giallorossi con cui Inzaghi si è incrociato mille volte.«Sarà molto strano vivere un derby senza Totti e De Rossi. Con Francesco ci siamo visti in vacanza, ma non abbiamo parlato di calcio». Le scelte Di calcio ha invece parlato, e tanto, alla sua squadra in questi giorni.«Dovremo essere coraggiosi come a Genova, ma anche umili e votati al sacrificio. Ma soprattutto dovremo essere compatti perché la Roma è una squadra davvero temibile». Formazione fatta. L’unico dubbio, il ballottaggio Leiva-Parolo per il ruolo di play, è stato risolto a favore del brasiliano. Lazio carica, dunque.Ma, almeno per il primo tempo, non potrà contare sul tifo dei suoi ultrà. Che hanno preannunciato il silenzio fino all’intervallo e poi il tifo solo per la maglia nel secondo tempo. Con la preghiera ai giocatori di non andare sotto la curva in caso di gol. Il motivo? Le mancate condoglianze per la morte del capo-ultrà Fabrizio Piscitelli.

Qualche giorno fa Paulo Fonseca si è regalato una lunga passeggiata in centro con tappa finale a San Pietro. Magari avrà chiesto un aiuto dall’alto, invece voleva soltanto vivere il cuore della città a pochi giorni dal derby. «So che è una partita speciale, anche se vale tre punti – dice – . Te lo fanno capire i tifosi quando li incontri per strada». Tifosi generalmente contenti anche per l’ultimocolpo, visto che – ameno di colpi di scena – oggi Kalinic dovrebbe sbarcare a Roma per sostituire Schick, in partenza per il Lipsia con la formula del prestito biennale (a 5 milioni) più riscatto obbligatorio (con clausole) per 20 milioni. Niente dogmatismi Ma Fonseca ora ha la testa al derby. La seconda conferenza della sua stagione è stata diversa rispetto alla prima: nessuna indicazione di formazione, se non quel «Florenzi potrebbe giocare avanti»che è quello che piùo meno tutti si aspettavano. Per il resto, bocca cucita, dal centrocampo al centrale difensivo, dove si giocano il posto Mancini e Juan Jesus. L’unica certezza è che Smalling è stato convocato. «Ha quella rapidità ed esperienza che ci mancavano», ha aggiunto l’allenatore. Adesso starà a lui plasmarlo, insieme ad una difesa che con il Genoa ha ballato.«Mala colpa nonè di uno solo, è di tutti. In particolare mia, che sono il responsabile ». Ecco perché oggi dovrebbe scegliere un assetto più equilibrato («non sono dogmatico, credo nel nostro sistema di gioco », chiarisce), ma senza snaturarsi. Perché è vero che La Lazio è favorita, ma «poi alla fine conta solo il campo». E il campo dice che da domani la Roma avrà a disposizione anche Kalinic, un altro di quelli a cui Fonseca ha telefonato. Le sue chiamate, ormai, sono diventate una costante e lui ci scherza su: «Magari ho una voce che piace ai calciatori». È l’ultimo sorriso, perché poi il ricordo del lutto che ha colpito il collega Luis Enrique ammutolisce tutti. Assalto Vital Non si ferma il mercato della Roma. In uscita Gonalons, che andrà in prestito con riscatto obbligatorio (per 5 milioni) al Granada, e Santon, che si cerca di convincere ad andare alla Spal. Niente da fare per Bianda, che ha rifiutato una destinazione turca.Tutta l’attenzione, perciò, resta su Vital, 21 anni, esterno (e trequartista) del Corinthians (ma il 15%del suo cartellino è anche del manager e del Vasco). La richiesta è 10 milioni, la Roma non vuole spendere più di 7-8 (formula prestito e riscatto: più alto se col diritto, più basso con l’obbligo). Se tutto andrà bene, il ragazzo partirà oggi per fare le visite. da segnalare che è stato offerto anche Idrissi dell’Az, anche lui al presso di 10 milioni. Ma per tutti bisognerà fare in fretta.

Troppo facile fare il giocodelle differenze basandosi sulle distanze. È vero, Claudio Lotito e James Pallotta sono differenti, ma non solo perché l’uno è il «tuttologo » della Lazio ovviamente sempre presente – e l’altro – per via dell’Oceano Atlantico che lo separa da Roma – è costretto all’arte di scegliere l’uomo giusto per delegare, tant’èchenonviene nella Capitale da quasi un anno e mezzo e di derby all’Olimpico ne ha visti un paio: il primodiGarcia (vinto) e la finale di Coppa Italia (persa). Tv e passeggiate La passione, in fondo, non ha metri di misura oggettivi e così si scopre che il presidente giallorosso, causa partita, diventa un camminatore. Infatti, dopo che un primoperiodo di visioni in un pub di Boston, Pallotta ha optato per una situazione casalinga. Ovviamente casa è soltanto un eufemismo. Le sue grandi magioni, infatti, hanno una serie infinita di stanze, tutte dotate di televisore, e quindi il presidente vede le partite senza mai fermarsi a sedere, bensì camminando da un salone all’altro, spesso pregando, come d’altronde – assai laicamente – fanno i tifosi di tutte le latitudini. Insomma, ogni match della Roma a Pallotta costa chilometri. Stessa cosa, peraltro, che ha fatto nelle poche volte che è venuto a vedere la squadra dal vivo all’Olimpico. A sedere mai. Sempre in piedi, consumando le scarpe davanti alla poltrona. Messaggi e colloqui Durante la gara, poi, i messaggi ai dirigenti sono una costante. Commenti a volte duri, richieste di spiegazione, semplice euforia. A fine partita, poi, le telefonate ai dirigenti, nella quale si approfondiscono temi e spiegazioni. Sempre salvaguardata, invece, la sfera dell’allenatore, che non viene mai contattato direttamente. Insomma, a Boston e Trigoria, i modi per restringere l’Atlantico vengono sfruttati tutti quanti ed in generale – trofei (mancati) a parte – se si restasse solo sul fronte delle stracittadine, il bilancio personale non sarebbe malaccio: 8 vittorie, 4 pari e 5 k.o. (altri 2 sononell’era DiBenedetto),mac’è da dire che una delle sconfitte è stata pesantissima (finale di Coppa) e una vittoria inutile (sempre in Coppa, nel 2017, a passare il turno è stata la Lazio). Come un precetto Per Lotito, invece, il derby (ma non solo il derby, qualsiasi partita della Lazio) è una sorta di funzione religiosa: esserci è osservare un precetto. Nei primi anni della sua gestione il presidente nonmancava neppure un match della sua squadra, sia in casa sia fuori, in Italia come all’estero. Poi, ha deciso di disertare le trasferte.Maall’Olimpico non manca mai. Sempre solito posto, con il d.s. Tare al suo fianco. E senza i telefonini. Sì, perché ci sono solo due situazioni in cui si stacca dai suoi inseparabili smartphone: quando gioca la Lazio e quando va inChiesa per lamessadomenicale (alla quale invita pure i giocatori). Anche oggi, prima la funzione religiosa, poi quella profana. Con la speranza che la seconda rispetti certi valori. «Il derby? Mi auguro sia segnato solo da passione e gioia». Per il patronlaziale sarà la stracittadina numero 35. Le vittorie (11) sonomenodelle sconfitte (16), 7 i pareggi. Ma tre le vittorie c’è anche quella nella finale di Coppa Italia del 2013. Uno dei 5 trofei conquistati da Lotito (contro gli zero di Pallotta).

Si è mascherato: «E’ come se fosse il mio primo derby». Vuole passare per debuttante anche lui: «Non vedo l’ora che si giochi e anche i miei ragazzi». E’ una maschera scaramantica: «Lazio favorita? In teoria. Si dice così per il nostro successo con la Samp e per il pareggio della Roma contro il Genoa. In pratica, assolutamente no». Simone Inzaghi, conoscitore e intenditore di derby rispetto al novizio “Zorro” Fonseca, alla vigilia del derby-espresso, il più veloce della storia, non ha fatto il supercerimonioso. Ha scelto travestimenti e formule apotropaiche per scacciare il titolo di “favorito”. E’ manovriero, la vigilia del derby l’ha giocata (giustamente) nel suo interesse: «Ho avuto la fortuna di giocare tanti derby da calciatore, da allenatore dei ragazzi e dei big, si giocano due partite a parte dentro al campionato. Sappiamo cos’è per i nostri tifosi, cosa significa giocarlo. Sarà strano viverlo così presto, penso anche per la Roma». L’epica e la solennità del derby non cambiano anche se si giocherà alla seconda giornata: «Lo sapremo solo dopo la partita se sarà stato un vantaggio o uno svantaggio giocarlo così presto. L’anno scorso è capitato alla 7ª giornata, il 29 settembre (Roma-Lazio 3-1, ndi). Ripeto, sarà una cosa nuova per noi e per loro. I ragazzi l’hanno preparato bene, ci siamo concentrati molto negli ultimi giorni».

Lo spirito. Inzaghi è il popolo laziale e alla squadra ha infuso lo spirito dei tifosi: «Dovremo giocare con grande coraggio. Dovremo avere umiltà, compattezza, spirito di sacrificio, essendo consapevoli delle nostre qualità. Sappiamo dove possiamo fare male alla Roma». Simone ha studiato Fonseca, il suo Shakhtar, non solo le partite iniziali con la Roma: «E’ una squadra forte, ha venduto, ma ha anche comprato giocatori importantissimi, ha tenuto Dzeko e Kolarov. Ha un allenatore molto preparato, molto bravo. Ha fatto molto bene allo Shakhtar, è stato bravo a creare un ottimo clima nello spogliatoio, in poco tempo. A Trigoria lo seguono, hanno svolto un ottimo precampionato, ho visto le partite contro Lilla e Real Madrid, sono state giocate molto bene». Inzaghi s’aspetta una Roma più equilibrata: «Si dice che prenderà qualche accorgimento rispetto all’esordio, ma la filosofia di Fonseca è ben chiara. Fa un calcio molto coraggioso, cercherà di crearci difficoltà. Vedremo che schieramento adotteranno, se Florenzi giocherà al posto di Kluivert. Ci aspetteranno un po’ di più, ma non cambieranno il loro modo di giocare». Inzaghi, in settimana, ha solleticato l’orgoglio dei suoi dopo l’appello di Totti ai romani giallorossi («gli unici romani come sempre li abbiamo noi»): «C’è Florenzi, c’è Pellegrini, ci sono giocatori esperti come li abbiamo noi», ha replicato Simone. Ha incontrato Totti in vacanza: «Non abbiamo parlato di calcio, ci siamo visti di sfuggita, al mare. E’ un amico, ci conosciamo da tanti anni, sarà il primo derby senza di lui, farà un effetto particolare. Ci siamo incontrati in vacanza, occasionalmente, e ci siamo salutati, c’è tantissima stima reciproca».
Guida e il mercato. Inzaghi ha commentato la designazione dell’arbitro Guida, ci sono precedenti contro la Lazio, rigori mancati (a Cagliari, marzo 2018) o assegnati sciaguratamente (a Ferrara contro la Spal, aprile scorso): «Sono dettagli che si vanno sempre a vedere. Rocchi ci ha arbitrati contro la Samp, in precedenza non eravamo stati fortunati, domenica abbiamo vinto. Con Guida le ultime volte non siamo stati fortunati, speriamo accada il contrario nel derby». Il mercato chiude domani: «Siamo concentrati su ciò che sta avvenendo, abbiamo una società vigile, vedremo che succederà».

La prima volta ha il rumore delicato di una spada appoggiata sulla spalla: è l’investitura per qualunque allenatore, anche per chi è abituato a considerare il derby su scala nazionale e non cittadina. Paulo Fonseca, ai tempi dello Shakhtar Donetsk trapiantato a Kiev per motivi politici, viveva la vera rivalità sportiva con la Dinamo. Ma adesso che veste la polo rossa della Roma, si rende conto dell’importanza del momento: prima di lui Garcia, Spalletti e Di Francesco avevano vinto il derby d’esordio, sfruttando la scia successiva. L’ultimo allenatore della Roma ad aver perso il derby di ingresso è stato Zeman, a cui molti hanno paragonato Fonseca dopo lo strampalato 3-3 contro il Genoa. Per evitare di cadere vittima di un simile scivolone, e quindi vivere due settimane di grigiore durante la sosta di settembre, Fonseca ha studiato a fondo le caratteristiche della Lazio: «Inzaghi ha una squadra fortissima. Non è questione di Luis Alberto o di altri singoli, ma di gruppo. E’ evidente che ci siamo preparati per contenerla. Rispetto alla partita di domenica scorsa dovremo migliorare molto la fase difensiva».
VEDIAMO. Nelle percezioni della vigilia, e anche dei quotisti per le scommesse, la grande favorita è la Lazio. E’ un fatto insolito che non lo preoccupa: «Alla fine quello che conta è la partita, ciò che si vede sul campo. Se loro sono i favoriti, lo scopriremo nei fatti». E avendo fatto tesoro di quanto osservato al debutto in Serie A, è pronto a correggere la sua Roma: «Non sono un allenatore dogmatico. Ovviamente credo nei miei princìpi e voglio che la mia squadra mostri sempre un’identità di gioco, ma lavoro per ottenere dei risultati: quindi potrà capitare che io sostituisca un attaccante con un difensore per raggiungere un obiettivo». In questo senso va letto il probabile avanzamento di Florenzi sulla linea dei trequartisti. Se manca l’equilibrio, Fonseca deve trovarlo al più presto.

FORTI. Non per questo punta l’indice contro Juan Jesus, uno dei principali imputati del pareggio contro il Genoa: «Nel calcio capita di sbagliare ma bisogna essere forti dentro. Juan Jesus lo è. E comunque non mi sentirete mai commentare lo sbaglio di un singolo giocatore. Gli sbagli sono sempre di tutta la squadra. Se ho qualcosa da dire al singolo, lo faccio in privato nell’analisi di una partita».

IL RINFORZO. Sul tappeto del derby srotolerà diversi nuovi acquisti: Zappacosta come terzino è una mossa quasi scontata ma potrebbe esserci spazio anche per Veretout e Mancini. Non per Smalling, che comunque è stato convocato: «E’ un difensore che migliora la nostra rosa. Era ciò che volevamo: veloce, aggressivo, esperto. Siamo contenti di averlo con noi. Come ho fatto a convincerlo a venire alla Roma? Evidentemente (ride, ndr) ho una voce suadente al telefono».

emozione. Agita molto le mani, durante la conferenza, come se volesse disegnare nello spazio la grandezza dell’evento: «So quanto i tifosi tengano al derby. E non vedo l’ora di viverlo. E’ una partita che dà tre punti come le altre ma non può essere ordinaria, per ciò che rappresenta sotto l’aspetto emotivo. Spero che per me sia il primo di molti derby alla guida della Roma». E questo è già un modo per prendere le distanze da Zeman.

APPLAUSI. La chiusura è per l’abbraccio sinceramente commosso inviato a Luis Enrique, sconvolto da una tragedia familiare: «E’ stato anche un allenatore della Roma, gli stiamo tutti vicini». A quel punto la platea ha applaudito.

I bookmaker danno la Lazio favorita sulla Roma. Non succedeva da tempo. È un pronostico che nasce da tanti motivi: i risultati della prima giornata, il fattore campo che garantisce ai biancocelesti il triplo dei tifosi, il fatto che Simone Inzaghi lavora sullo stesso gruppo dall’aprile 2016 mentre Paulo Fonseca è un debuttante assoluto, il mercato chiuso di Tare mentre Petrachi è ancora alla ricerca della quadratura del cerchio.

È il derby degli opposti anche per quanto riguarda i presidenti. Lotito è il grande presenzialista, che crede in una filiera ridotta al minimo per prendere le decisioni. Il collega Pallotta, in questo momento impopolare al massimo grado, ha rinviato ancora una volta la visita alla squadra. Vedrà il derby da Boston, il primo senza Totti e De Rossi (che in tarda serata giocherà un altro derby, quello tra Boca Juniors e River Plate).

La Lazio arriva alla partita conscia della sua forza. Rischia solo se la trasformerà in presunzione. Inzaghi ha sperimentato la strategia in tanti derby passati: solo il primo, perso, lo affrontò a viso aperto. La Roma ha tanti dubbi, ma si deve fidare di Fonseca. Sembra un paradosso, ma può vincere solo se crederà in un gioco che ancora conosce poco.