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Tre soli gol italiani, nessun rigore per i rossoneri, i secondi tempi molto più prolifici dei primi, un poker di reti arrivato dopo il 90’. Rileggendo gli ultimi dieci derby giocati in Serie A si può provare a dare un po’ di«istruzioni per l’uso» di Milan-Inter, la stracittadina che stasera raggiunge il numero numero 224 in assoluto e il 171 in campionato. Tra il 23 novembre 2014 e il 17 marzo 2019, quindi tra i gol di Jeremy Menez e Joel Obi e il 3-2 dell’ultima (pazza) Inter di Luciano Spalletti, ci sono state 3 vittorie nerazzurre, 2 successi rossoneri e 5 pareggi.

Con una costante non da poco: i ritardatari possono stare tranquilli perché i derby della Madonnina da cinque campionati vengono decisi quasi sempre nel secondo tempo. Nei primi 45 minuti sono arrivati solamente 7 gol, mentre nella ripresa ben 18. Una sorpresa? Chissà… Di certo, però, c’è che l’unica rete nel primo quarto d’ora l’ha segnata Matias Vecino lo scorsomarzo: l’uruguaiano sbloccò il derby dopo appena 3 minuti, il miglior modo per aprire i fuochi d’artificio di una notte che regalò ai nerazzurri il contro-sorpasso nella serratissima corsa alla Champions League, che alla fine ha premiato l’Inter. Recuperi decisivi L’ultimo respiro ha fatto sorridere sia il Milan sia l’Inter.

Nel 2016-2017 Perisic ha rovinato la festa rossonera nel girone d’andata al 92’; Zapata l’ha superato firmando il 2-2 al 97’ nel match di ritorno. Il recupero ha premiato anche Icardi un anno fa: gol-vittoria con uscita sconclusionata di Donnarumma quando Mauro era il capitano nerazzurro e ancora un idolo. Soprattutto nei derby: l’ex numero 9 è stato una spina affilata nel fianco del Milan e i 5 gol segnati di fila lo testimoniano. Stasera Lukaku, alla prima stracittadina al Meazza dopo i derby di Premier, e Lautaro, che a San Siro non esulta dal rigore segnato a Gigio a marzo, proveranno a scacciare definitivamente l’ombra di Maurito.

E proprio i due argentini sono gli unici marcatori dal dischetto nelle ultime 10 sfide di Serie A: 2 rigori su 25 gol. Insomma dentro l’area la tendenza è molto chiara: i falli sanzionati sono proprio pochi, mentre i gol arrivano praticamente tutti da qui. Già, perché dal 2014 a oggi gli unici a colpire da lontano, cioè da fuori area, sono stati Guarin e Candreva nella sponda nerazzurra e Suso nella sponda rossonera. E i calci d’angolo? Qui è il Milan che parte in vantaggio rileggendo la storia recente: sugli sviluppi di un corner hanno segnato Alex, Romagnoli, Zapata e Musacchio, mentre l’Inter risponde con le reti di Perisic e De Vrij. Un altro capitolo delle istruzioni per il derby del Meazza è quello che riguarda gli italiani. Romagnoli e Candreva (due volte) sono gli unici andati a bersaglio nelle ultime 10 sfide. Un po’ pochino, questo è vero. Stasera cambierà qualcosa? Il Milan di Giampaolo dovrebbe partire con tre azzurri titolari: Donnarumma più Romagnoli e Conti. L’Inter di Conte risponde invece con D’Ambrosio, Sensi e Barella. Gli indiziati per cambiare la tendenza del derby sono loro.

Un grande match ci aspetta domani sera, in cui il Milan di Marco Giampaolo sfiderà l’Inter di Antonio Conte nel Derby della Madonnina. Si tratta dell’anticipo serale del sabato della 4° giornata di Serie A. Le due squadre di Milano si affronteranno a San Siro in un match che si preannuncia piuttosto avvincente e che sembra essere fondamentale per entrambe le squadre. L’Inter è reduce dall’incontro in Champions League contro lo Slavia Praga, partita terminata in un pareggio, mentre in campionato comandando la classifica con il punteggio pieno, 9 punti conquistati in tre partite. I rossoneri, invece, sembra che stiano facendo fatica in questo avvio del campionato e si trovano al 7° posto della classifica con 6 punti, ottenuti con due vittorie di misura consecutive su Brescia e Verona, dopo il ko arrivato nella prima partita contro l‘Udinese.

Sulla base delle classifiche, nelle 85 partite tra Milan e Inter, con i rossoneri in casa e disputate da quando la Serie A è a girone unico, i nerazzurri sembra abbiano conseguito ben 32 vittorie, mentre 28 i successi rossoneri e 25 pareggi. Nella squadra di Conte il centravanti belga Romelu Lukaku ed il centrocampista Stefano Sensi risultato ad oggi i migliori marcatori con 2 reti ciascuno, mentre in quella di Giampaolo i 2 goal fino ad ora fatti sono stati realizzati da Calhanoglu e Piatek su rigore. L’ultima volta che il Milan ha vinto il derby giocato in casa, risale al 31 gennaio 2016 quando i rossoneri si imposero sui nerazzurri per 3-0 con goal di Alex, Bacca e Niang.

Milan- Inter, come e dove vedere la partita

Il derby tra Milan e Inter verrà trasmesso sabato 21 settembre dall’emittente streaming DAZN ed il fischio d’inizio sembra essere fissato per le ore 20.45. A partire da oggi proprio su DAZN debutterà DAZN1 ovvero il canale che porterà pate dell’offerta in streaming di DAZN al numero 209 della pay tv satellitare. Ad ogni modo, gli abbonati oltre che in streaming potranno seguire la partita sul proprio pc, tablet o smartphone e seguire il match in tv nel caso in ci possiedano un modello smart che è compatibile con la app, oppure collegando al proprio televisore una console PlayStation 4 o Xbox oppure utilizzando dispositivi Google Chromecast o Amazon Fire TV stick.

Probabili formazioni

 

MILAN (4-3-2-1): Donnarumma; Conti, Musacchio, Romagnoli, Rodriguez; Bennacer, Kessié, Paquetà; Suso, Rebic, Piatek. All. Giampaolo

INTER (3-5-2): Handanovic; Godin, De Vrij, Skriniar; D’Ambrosio, Barella, Sensi, Brozovic, Asamoah; Lautaro, Lukaku. All. Conte

Nelle scorse ore l’AIA ha reso noti i nominativi degli Arbitri, degli Assistenti, dei V.A.R., degli A.V.A.R. e dei IV Ufficiali che dirigeranno Milan-Inter, la gara valida per la 4° giornata di andata del Campionato di serie A 2019/2020. ARBITRO: Doveri, ASSISTENTI: Ranghetti – Lo Cicero, QUARTO UOMO: Maresca, AL VAR: Irrati, AVAR: Carbone.

Vincere e convincere? Bella questa, già sentita. E’ un po’ vintage, è l’antico motto della casa che porta a tempi d’oro e avventure favolose. Sarà per questo che Marco Giampaolo lo ripropone prima del suo primo derby di Milano. «So quanto sia importante dare gioia ai tifosi, che sono il vero patrimonio del calcio. Poi. per me la gioia durerebbe un’ora, sono fatto così ». Nel caso, per gli altri durerebbe molto di più. Ma Giampaolo vuole allentare le tensioni. «Voglio gioia. Da bambini ci divertivamo passandoci la palla, rincorrere gli altri non è appagante. In estate, contro grandi squadre, il Milan ha fatto vedere trame di gioco. Fili. Qualcosa di quello che sto cercando di trasmettere, il risultato per il quale stiamo lavorando. A volte succede d’incanto che la squadra mostri di aver assorbito certe idee». Giampaolo attende fiducioso il momento. Magari già nel derby, contro una squadra che considera «chiara e definita. Una squadra che fa le cose con ripetitività. Non ho mai incontrato Conte sul campo ma lo seguo da tempo. All’Inter sta riproponendo il gioco del primo Conte. Conosco il suo ceppo». Non sarà una guerra, ripete, non sarà un crocevia. «Siamo alla quarta di campionato». Scherza quando gli chiedono che cosa ha provato («Conte che cosa ha provato?»), dice che Conti gioca («sta migliorando in fase difensiva, merita una chance») elogia Biglia («un giocatore esperto»). No elogia il Milan di Verona. «Lavorando tutti arriveremo alla sintesi fra gioco e risultato. Ma il mantra è gioia, divertimento, entusiasmo». Rebic ne ha molto, ma il ballottaggio con Paquetà rimane. La squadra a Milanello si è allenata in due gruppi. Divertimento, forse, stasera. Prima solo suspense.

Chissà, magari Antonio Conte apprezza il metodo Mourinho. E sotto sotto magari non sarà stato così dispiaciuto della polemica per il diverbio Lukaku-Brozovic, uscita dopo la prestazione negativa con lo Slavia e a poche ore dal derby. Il portoghese le polemiche le creava quasi ad arte per stimolare la reazione dei suoi giocatori. Conte, al diverbio di martedì scorso, ha dedicato buona parte della conferenza pre derby. Non certo minimizzando il fatto, ma chiedendo di trasformare Appiano in un fortino inespugnabile: «Ha ragione Trapattoni, allenare l’Inter non è semplice. Altri club sono più bravi a proteggersi, a gestire. Su questo dobbiamo migliorare tanto, abbiamo grandi margini di crescita, dentro e fuori dal campo. Inaccettabile che mi si dica “accadeva così anche gli anni passati”. Questo discorso crea solo alibi, dobbiamo estirpare le cattive abitudini». Italia peggiorata Un’abitudine sana è la vittoria, certo:«Non sono d’accordo con Giampaolo, non è vero che l’Inter è una squadra già definita – ha detto Conte –. Abbiamo un’idea in testa, lavoriamo su quella. Basta però fare paragoni con la Juve, in quella squadra al primo anno potevo lavorare 7 giorni su 7… Sì, questo derby è speciale, c’è tanta strada da fare ma la cosa non ci spaventa». Non spaventa neppure Steven Zhang: il presidente ieri ha cenato con la squadra nel ritiro di Appiano. Conte ha tre dubbi di formazione: D’Ambrosio favorito su Candreva non al top, Barellasu Vecino e Lautaro su Politano. Pillola sul razzismo, tema sul quale il tecnico ha detto: «Qualsiasi insulto è un problema, non solo il razzismo. Ho ritrovato un’Italia molto peggiorata, troppo odio, troppo rancore. Dobbiamo crescere tutti».

Il derby è un codice a barre passato sul cuore. Non tutti si accendono. Non è soltanto una questione di classe o di personalità, non conta essere più o meno bravi. La scossa è misteriosa, imprevedibile, come lo è spesso il risultato di una stracittadina. C’è qualcosa nel dna di un giocatore che lo porta a splendere nelle faide urbane. Li chiamano uomini-derby. Marco Giampaolo e Antonio Conte stanotte si affideranno a loro, perché il campionato è solo all’inizio, ma questo è un derby che vale già più di tre punti. Un derby per svoltare Il Milan ha iniziato la stagione tra le difficoltà di un mercato sofferto che ha complicato il lavoro del tecnico.

Tra club e panchina, anche di recente, si sono intraviste scintille di fuoco amico. A rischio di incendio. L’Inter è stata più empatica, il primoposto solitario in vetta ha elettrizzato l’ambiente, ma il brutto esordio in Champions è stato uno schiaffo all’ottimismo. Prenderne un altro farebbe molto male. Giampaolo e Conte hanno bisogno di una ripartenza feroce per lasciarsi alle spalle dubbi e perplessità. Per questo si affidano agli uomini-derby. Più o meno prevedibili. Da Marassi a San Siro Prendiamo Suso. Non è che ti suggerisca d’istinto l’immagine di un leone in una arena. Eppure: 6 maggio 2016. Lo spagnolo è in esilio al Genoa, dopo due stagioni da ignorato in rossonero. Derby torrido a Marassi. In tre minuti ne sbatte un paio nella rete della Samp. Quella doppietta gli serve per rientrare alla base e a novembre è di nuovo derby, a San Siro: altra doppietta per portare due volte in vantaggio il Milan, poi raggiunto da Perisic al 90’. Alla vigilia di Inter-Milan del 15-10-17, Suso promette: «Se segno nel derby, torno a casa a piedi». Abitava dalle parti di Milanello. Bella camminata. Il giorno dopo segna ancora nel derby consacrato dalla tripletta di Icardi. Non risulta che abbia rispettato il voto.

Di sicuro, questa notte, appena convergerà da destra per arcuare il sinistro sul secondo palo, ad Handanovic saliranno le pulsazioni. Pistole calde Il 25-11-2018 anche Cristoforo Piatek, da genoano, puntò la pistola contro la Samp. Dopo 9 gol nelle prime 7 partite, si era inceppato. Cinque partite a secco. Pum: gol su rigore per pareggiare la rete di Quagliarella e avvicinare ancora di più l’approdo al Milan. Domenica scorsa il Pistolero si è sbloccato ancora su rigore e ora sfida Lukaku davanti al saloon. A gennaio arrivò in rossonero anche Paquetà, dal Flamengo. Giocare a Rio de Janeiro vuole dire convivere continuamente con l’idea del derby. Per esempio, dopo l’accordo trovato con il Milan, Paquetà ne giocò uno contro la Fluminense (14-10-2018): 3-0. Era così allegro da risultare tra i migliori nel Flu-Fla.

Non segnò, segnò invece un altro futuro milanista: Leo Duarte. Paquetà aveva fatto gol qualche partita prima, al Botafogo. Condannato al paragone con Kakà fin dalla primaora, il brasiliano cerca il gol nel derby che Riki trovò al primo colpo (5-10-2003). Paquetà ha trascorso la vigilia sgomitando prima con Giampaolo sulla “brasilianità” delle sue giocate e poi col neo-arrivato Ante Rebic per trovare spazio in squadra. Il croato ha polveri da derby, se possiamo considerare derby Eintracht Francoforte- SV Darmastad 1898, separate da una trentina di chilometri di Germania. Al piccolo club, oggi in seconda divisione, segnò infatti il suo primo gol tedesco (5-2-17). Il suo allenatore di allora, Niko Kovac, oggi al Bayern Monaco, sentenziò: «Se il Mainz lo considera un derby, lo faremo anche noi». E così Rebic segnò due gol anche al Mainz (campionato 2017-18). Sette gatti neri Sulla sacralità del derby Independiente- Racing Club de Avellaneda, secondo clasico di Argentina, invece non ci sono dubbi. E non si scherza. Troppo vicine, anime dello stesso barrio, e troppa storia alle spalle per non detestarsi.

Derby vivente Alessio Romagnoli è stato a lungo un derby romano ambulante, anche se non ne ha mai giocato uno in campo in Serie A. Nel senso che è entrato nella Roma con i calzoncini corti e ne è uscito a 20 anni, senza smettere di essere laziale e di farsi accompagnare dal papà a vedere l’idolo Nesta campione d’Italia. I tifosi giallorossi gli hanno scritto sui muri cose tipo: «Romagnoli laziale, presto il funerale». Lui, da milanista, ha segnato il rigore decisivo alla Lazio nella semifinale di Coppa Italia (28-2-18), sotto la curva dove lo portava papà. Quasi un rito di maturità. Oggi cerca un derby da capitano, anche per medicare la bocciatura di Mancini.

Qualcosa di forte, tipo il gol all’83’ che poi chiamò il 2-2 di Zapata nel derby del 15-4-2017. Regna il Faraone Uomo derby non significa averne vinti tanti, ma conservare sotto la pelle tutti quelli combattuti. Cicatrici comprese. Per questo l’uomo derby dell’Inter è senza dubbio Diego Godin, l’ultimo arrivato, che ha speso nove anni sul ponte della sua nave pirata a combattere il sontuoso veliero del Real Madrid. La finale di Champions del 2014, a Lisbona, sembrava l’arrembaggio buono. Gol del Faraone al 36’ che resiste fino al 90’, quando Sergio Ramos incorna la beffa. Poi nei supplementari il Real dilaga con sfregio finale di CR7 (4-1). In agosto la piccola rivincita nella Supercoppa di Spagna, sollevata dall’Atletico. Il cannibale Cristiano la prende male e stende Godin con un cazzotto a fari spenti. Il Faraone ricambia nella semifinale di Champions ’17: manda lungo CR7 che ne segna 3 e approda a un’altra finale. Una battaglia infinita, come tutta la sua carriera. Godin ha spiegato: «Io non gioco per divertirmi, ma perché sento le responsabilità». Per questo, Godin è un uomo derby per costituzione. Come spiegano nei peggiori bar di Caracas: i derby non si giocano, si vincono.

Lukaku e i Reds Anche Romelu Lukaku, altro debuttante nella stracittadina milanese, si è fatto i muscoli nei derby, lottando contro i più forti. Il 23-11-2013 aveva la maglia numero 17 dell’Everton, i capelli lunghi e segnò una doppietta al Liverpool. Il 4- 10-2015 aveva il 10, i capelli corti e ne segnò un altro ai Reds. Non ha colpito nel derby di Manchester, ma era il centravanti titolare quando lo United andò a violare il salotto del City: da 0-2 a 3-2. Marcelo Brozovic, durante la militanza a Zagabria, ha giocato contro Dinamo, Nk e Lokomotiva, i suoi veri derby cittadini. Ma il«derby eterno », così lo chiamano in Croazia, è quello tra DinamoZagabria e Hajduk Spalato. Rende l’idea. Brozo l’ha giocato 10 volte su 11. L’unico non giocato è l’unico che la Dinamo non ha vinto. A rischio di indolenza, Epic s’accende nelle partite roventi. Il rischio è la misura della combustione. Nella prima sfida all’Hajduk era già a far la doccia al 65’, per doppio giallo. Il sombrero Ma non è una regola che per essere uomini derby serva a tutti i costi una maschera alla Godin. Lo abbiamo visto con Suso e potremmo ripeterci con Antonio Candreva che ha i lineamenti dell’uomo più mite del mondo, ma ha i documenti in regola per il patentino di «uomo derby». Lazio-Roma 3-2, 11-11-2012: in una giornata di pioggia, l’esterno scarica una punizione da 30 metri nella porta del maldestro Goicoechea.

Quando riassumerà la sua avventura laziale, lo definirà il gol che gli ha trasmesso più emozioni. I tifosi dell’Aquila ricordano con piacere anche un sombrero messo in testa a Dzeko in un derby vinto dalla Roma 2-0 (7-11-2015), diventato virale, perché un derby è anche una storia di beffe e non solo di gol. Infatti fatica a scolorire nel tempo il doppio sombrero messo in testa a Nedved dal Pendolino Cafu. Alla prima stagione da interista, Candreva ha timbrato subito: un primo gol nel derby della doppietta di Suso e un secondo al ritorno, finito con lo stesso risultato (2-2). Come vedete, maschera mite, ma stigmate da vero uomo derby. Dovrebbe partire dalla panca. Nel caso, sarebbe un jolly pesante per Conte a partita in corsa. Skriniar imbattibile Ha cominciato bene la sua storia da derby milanese anche Lautaro Martinez. Assist per Vecino e rigore al debutto, nel 3-2 nerazzurro del 17marzo scorso, che resta l’ultimo capitolo del romanzo. Abbiamo già parlato del suo svezzamento nel derby rovente di Avellaneda, dove ha combattuto senza peròmai mettere la firma. Nell’ultimo derby di primavera, sono andati in gol anche l’olandese De Vrij e l’argentino Musacchio, cresciuto nel River Plate e quindi col clasico nel sangue. D’Ambrosio (Torino) e Asamoah (Juve), oggi compagni, portano in campo l’esperienza accumulata nei derby della Mole su fronti opposti. Milan Skriniar non ha ancora perso un derby in Italia. Ha vinto i due con la Samp della stagione 2016-17 e tre su quattro di quelli combattuti in nerazzurro, più un pareggio. Era sulla panchina doriana quando Suso segnò quella doppietta in 3 minuti. Se lo ricorda bene. Una ragione in più per saltargli addosso in pressing, quando convergerà dalla fascia meditando il sinistro a giro che Handanovic odia come il mal di denti. Sono questi gli uomini-derby di una stracittadina che nessuno può permettersi di perdere. Anche perché un derby che si può perdere non l’hanno ancora inventato.