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Questo articolo in breve

Continuerà la marcia «perfetta» dell’Inter, a caccia della sesta vittoria su sei? È un testa-coda, la Sampdoria in casa cerca di abbandonare l’ultimo posto. Non solo Sanchez, da tenere d’occhio anche l’esordio di Bastoni, mentre Quagliarella ha motivazioni speciali contro il suo ex tecnico.

Sotto esame, come un ragazzino, nella speranza di tornare un po’ ragazzino. O meglio, bambino. Niño, in spagnolo. Maravilla, nel caso specifico. Alexis Sanchez a Marassi ritroverà un posto da titolare in Serie A dopo otto anni e qualche mese dall’ultimo, quello della gara d’addio all’Udinese. Cercherà un gol che in campionato gli manca da quasi un anno: l’ultimo è datato 6 ottobre 2018, contro il Newcastle, con la maglia del Manchester United. E cercherà di dimostrare a tutti, per primoAntonio Conte, di poter diventare la variabile «impazzita» (una follia sana) in una squadra per il resto fisica, logica, ordinata ma che a volte può avere bisogno di accendersi.

Si può avere tanto da dimostrare a quasi 31 anni, con oltre 700 gare da professionista alle spalle, con più di 200 gol segnati e titoli vinti in due continenti? Non uno qualsiasi Si può, se nella settimana in cui Messi si è preso il The Best, tu sei finito nella squadra The Worst. Certo, i peggiori li ha scelti un giornale (Marca) e non certo la Fifa, i capitani e gli allenatori. Ma è indubbio che il 2019 di Alexis sia stato, fin qui, un mezzo disastro. Allo United il feeling con Mourinho non è mai nato, e con Solskjaer nemmeno. Alexis a Manchester «ha interrotto un filo», per dirla con le parole di Conte, che adesso va riannodato. Nelle prime due comparsate, 17’ complessivi, c’è stato tempo solo per dare l’idea di poterlo fare, contro la Sampdoria bisognerà cominciare a passare ai fatti. «Prima poi lo vedrete» ha detto ieri il tecnico, che ha promosso il suo ingresso in campo contro la Lazio: «Si è visto che non è entrato un giocatore qualsiasi». Se contro l’Udinese aveva sfiorato il gol, ma con movimenti un po’ anarchici, nell’ultima è entrato con la missione di congelare il vantaggio, e ha pescato nel bagaglio di esperienza e mestiere, per rimediare subito un fallo e poi accaparrarsi un corner prezioso per far scorrere il recupero. Dettagli, quelli che piacciono a Conte, che ora però lo vuole testare su un periodo più lungo, anche in ottica Barcellona e Juventus. Al Camp Nou ha giocato e vinto, l’ambiente non lo intimorirà di sicuro.

E c’è bisogno di questo tipo di giocatori, per le grandi sfide. La speranza dell’ambiente nerazzurro è che Alexis per Conte possa diventare quello che Tevez fu alla Juve. Il progetto è ambizioso, i 19 gol non sono probabilmente replicabili, ma qualche punto in comune c’è: Carlitos allora giocava con il centravanti Llorente, godendo di una certa libertà di svariare e di arretrare. Alexis ha un bagaglio tecnico simile e la stessa voglia di dare una «spolverata» alla propria carriera che l’Apache aveva allora. Tevez partì subito forte, con un gol alla 1ª, a Genova contro la Samp(ricorsi), il cileno ha avuto terreno da recuperare, a livello fisico e poi tattico. Lukaku e Lautaro Ma il momento è arrivato: il suo numero 7 agirà con un centravanti di riferimento. Se sarà Lautaro, sarà un esame per due. Anche il Toro ha qualcosa da dimostrare: se con Conte altri hanno fatto un salto di qualità visibile, il Toro, atteso alla stagione dell’esplosione, per ora è sui livelli del 2018-19. Nel bene (qualità e voglia non sono in discussione) ma anche nel «male»: ancora troppa irruenza, tante cadute e un interrogativo tattico. Può fare il partner di Lukaku o è centravanti puro? E da «nove» può dare ciò che vuole Conte per la squadra? I dubbi non sono sciolti e il tecnico fatica a privarsi di Romelu. Così anche se le 6 presenze su 6 (2 con schiena malconcia) e le incombenti gare con catalani e bianconeri suggerirebbero un turno di riposo per il belga, è probabile che sia lui il partner di Alexis. Da una parte l’allenatore non vuole rinunciare al lavoro, alla presenza e ai movimenti senza palla di Big Rom, dall’altra si pensa che giocare non possa che fargli bene: ha bisogno di mettere insieme minuti per entrare a pieno regime. Alla vigilia Conte ha mandato«palla in tribuna» alla domanda sul turnover in versione belga: «Lukaku fa parte della rosa». Come Sanchez, del resto, ma lui ha già passato gli esami. Anche se in questa Inter potrebbero non finire mai: il professore è esigente. E interroga sempre, anche se sei il capocannoniere di tutti i tempi del Cile.

Un inserimento in area dei suoi, neppure il bisogno di stoppare il pallone sul tacco di Nedved, destro preciso nell’angolino e Sampdoria battuta. Antonio Conte ci metterebbe la firma pure oggi, 15 anni, sei mesi e 17 giorni dopo quel gol a Marassi. Non un gol qualsiasi, ma il suo ultimoin carriera in una partita ufficiale. Pensiero stupendo, ricordo dolce come dolce è l’Inter che in campionato sa solo vincere. E che arriva a Genova con l’imperativo del suo allenatore: «Per noi la partita della vita è questa, non pensiamo né al Barcellona né alla Juventus». Ecco: da quanto davvero la squadra riuscirà a dribblare la tentazione di guardare troppo avanti, da quanto si eviteranno distrazioni si misurerà il tasso di crescita dell’Inter. Lo storico… Del Conte che cerca la sesta gioia – impresa riuscita nella storia nerazzurra solo a Helenio Herrera nel 1966-67, poi arrivato anche a quota 7 – s’è già detto abbastanza. Del tecnico che però mette in guardia tutti, forse meno: «Non sono mica l’unico ad aver fatto cinque vittorie qui, i cavalli buoni si vedono all’arrivo ». Il riferimento è a Roberto Mancini, stagione 2015-16, arrivato quarto in fondo dopo i cinque successi di fila. E ancora: «Se vogliamo essere una squadra forte, dobbiamo eliminare gli alti e bassi – è il riferimento di Conte –. Basta guardare lo storico dell’Inter. Questa squadra due anni fa era prima in classifica. E lo era a dicembre, non a settembre. Poi però per qualificarsi in Champions ha dovuto vincere all’ultima giornata in casa della Lazio. Questo ci deve mettere in guardia e ci deve far tirare fuori le unghie». C’è Bastoni A maggior ragione dentro un calendario che nondà respiro. E che spingerà Conte al turnover anche stasera. Al netto dei ragionamenti sull’attacco, in difesa potrebbe esordire Bastoni: l’ipotesi è uno spostamento di Skriniar sul centrodestra, ma la candidatura di D’Ambrosio non va esclusa a priori. Inmezzo dovrebbe rivedersi Sensi: Barella lascerà probabilmente spazio a Gagliardini. «Sarà la quinta partita in pochi giorni, in maniera intelligente dovremo prenderci dei rischi, farò una formazione equilibrata». E ancora: «Abbiamo margini di miglioramento in tutto. Non sono una o due vittorie che mi fanno mutare idea. Quando cambi una guida tecnica, cambi tutto. Io penso ci sia un percorso da fare, per me e per tutti. Rimango molto cauto, non c’è la bacchettamagica. Noi abbiamo iniziato ora, vedremo a che velocità sapremo andare». Per ora è una velocità da scudetto: «Ma nonsiamonoi i favoriti, la Juve e il Napoli sono avanti in maniera importante – ha ribattuto il tecnico –. I parallelismi con il mio primo anno alla Juve sono difficili: in quell’anno fummo bravi, è vero, ora però la qualità del campionato si è alzata». Ma l’Inter ci sta bene dentro