Sylvester Stallone torna con Rambo:The Last Blood, appena uscito in Italia

Questo articolo in breve

Rambo non ha moglie, né figli. «Non può concentrarsi su nient’altro che su se stesso. È sempre stato un personaggio schivo. Ma stavolta è diverso: questo è il primo film in cui lui si apre emotivamente. Ho sempre pensato a Rambo come alla persona migliore che si potesse trovare. Il ragazzo più popolare a scuola. Ma la guerra lo ha cambiato». Sylvester Stallone torna a vestire i panni del veterano più famoso del cinema in Rambo: The Last Blood a distanza di 37 anni dal primo film. Noi l’abbiamo intervistato.

Nella tua vita hai incontrato molti veterani di guerra per prepararti a interpretare questo personaggio, giusto? «Sì, ho conosciuto molti di questi uomini. E, lascia che te lo dica, in genere riescono a malapena a prendersi cura di loro stessi». Alla fine del precedente film, John Rambo del 2008, abbiamo pensato che la saga fosse finita. Perché sei tornato? «Questo film è, per me, il più profondo, quello in cui per la prima volta lui si avvicina all’idea di amore. E quando questo amore gli viene sottratto sente la rabbia di tornare. Il tema è comune all’essere umano: quando distruggi il cuore di un uomo, hai a che fare con la rabbia pura». Il film è cruento.

È vero che ci sono stati episodi violenti durante le riprese? «Molte persone si fanno male e di solito io sono tra quelle. Sai che sul set qualcosa ti colpirà o ti brucerà. Sono certo che un giorno ci sarà un reparto al Cedar Sinai [ospedale di Los Angeles, ndr] che si chiamerà “Ala di Rambo”». Quindi non esalti la violenza nei tuoi film? «Quello che sto cercando di mostrare è quanto sia orribile la guerra. Quando il pubblico va vedere un film di Rambo si aspetta di essere a disagio nel vedere scene di morti ammazzati. Ci vogliono circa nove proiettili per togliere la vita a qualcuno. È molto difficile uccidere una persona che non si rassegna alla morte. Sul set bisogna rendere questo». Sei ancora in ottima forma. Lo dimostra anche la tua stretta di mano. «Come sai, ho tre figlie. E quando conosco i loro fidanzati ho un rito: il test della mano.

Una stretta fortissima che di solito cambia l’espressione del loro volto: dal sorriso passano al dolore. So di certo che non la dimenticheranno mai. Quando una figlia porta un ragazzo in casa tu non sei più lo stesso, vivi una sorta di follia temporanea». E per mantenere questa forma d’acciaio cosa non deve mancare nel tuo frigorifero? «Un sacco di gelato, ma non è mio! Dovessi avvicinarmi alla vaschetta verrei ucciso all’istante da una delle tante femmine di casa [con la moglie Jennifer Flavin, sposata nel 1997, ha avuto Sophia Rose, nata nel 1996, Sistine Rose nel 1998 e Scarlet Rose, nel 2002, ndr]. In realtà, io provo a mangiare lo stesso cibo ogni giorno. La chiamo mentalità da cavallo da corsa. Così mantieni costante il livello di energia. Ma è uno stile di vita difficile e non lo consiglio». John Rambo è un personaggio tragico e tosto. Come si bilanciano queste due caratteristiche?

«È un uomo al quale non importa del mondo che lo circonda. Così come non lo spaventa la morte, la mette in conto e questo lo rende molto pericoloso. Ma in realtà è un ragazzo gentile, parla sottovoce, è un vero gentiluomo. Quando sua nipote vuole lasciare il nido che le ha fornito, lui è molto titubante. In Rambo ci sono vigore fisico e delicatezza. Questi due aspetti così in conflitto spiegano perché sia un personaggio tanto longevo».

Oggi l’America è un posto diverso dal 1982, anno del primo film. «Il mondo reale è violento, pieno di pericoli. Quando scrivo di Rambo non immagino una realtà poi così diversa da quella attuale. Puoi quindi capire quello che provo a sapere le mie figlie là fuori. Sono un padre terribilmente protettivo». Tornando al primo film: pensavi che John Rambo e Sylvester Stallone sarebbero stati ancora qui 40 anni dopo? «Sai, quel film è stato un completo fallimento. Era così brutto che volevo ricomprarlo e bruciarlo. Non è uno scherzo. Era esagerato e troppo lungo. E non avevo mai visto un attore attaccare il suo Paese». Quindi con Rambo è iniziata male? «È la storia della mia vita: tutto ciò che inizia male si trasforma in qualcosa di buono e qualcosa di grande si trasforma in orrore». Cosa pensi degli attori di oggi? «Gli attori devono essere insicuri e lo intendo in senso buono.

Tutti quelli che sono troppo fiduciosi non ce la faranno. Sono fortunato perché ho l’abilità di riconoscere una stella. Ho scoperto Nick Nolte in un piccolo film in cui recitava solo facendo benzina a un distributore. Ma aveva l’essenza. Mi piacciono gli attori che sanno parlare senza dire una parola». Com’è la vita di una una star di film d’azione circondata da donne a casa? «Non è facile. Mi rendo conto che se avessero avuto più muscoli sarei nei guai. Perdo ogni discussione. Non ho mai ragione, ogni mobile che scelgo è sbagliato. Non puoi stare con quattro donne e non capire che perderai ogni volta. Ma a essere sincero mi ci sono abituato. Sono un perdente. Anche i cani di casa nostra sono femmine». Hai mai pensato di far recitare le tue ragazze nei tuoi film? «Loro vorrebbero, ma mi assomigliano troppo. Il pubblico si chiederebbe cosa sia successo a Rambo: ha avuto una storia d’amore nel frattempo? Alle ragazze dico: se volete fare le attrici dovete pensarci molto. Il percorso della recitazione è interiore, il cuore ti si spezza molte volte. Quando ti viene detto che non piaci, che sei un fallimento è dura da digerire. Volete recitare? Bene, dico loro. Praparatevi a farvi stracciare l’anima di giorno e a incollarne i pezzi la notte. E ad andare avanti giorno per giorno senza garanzie. Se vuoi essere un attore devi attraversare l’inferno. Io suggerisco loro di imparare ad andare a cavallo e di avere una vita fantastica. Ma la discussione è aperta».