Robert De Niro è tornato per vincere l’Oscar

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Se da qualche anno in qua ci stavamo rassegnando a un Robert De Niro prestato alle commedie, con il suo ghigno feroce addomesticato per ruoli innocui tipo Nonno scatenato o autoironici alla Ti presento i miei… Beh, adesso sappiamo che il vecchio leone è tornato a ruggire. In questi giorni lo stiamo vedendo in Joker, con un ruolo piccolo però determinante e per nulla rassicurante. Ma è con The Irishman, in arrivo alla Festa del cinema di Roma il 21 ottobre, dopo aver stregato il New York Film Festival a settembre, e con la parte dell’anziano sicario Frank Sheeran, che guarda indietro alla propria ascesa da veterano della Seconda guerra mondiale a killer di fiducia della mafia, che l’attore mette a segno una performance capace di riportarci ai bei tempi di cult come Taxi Driver (1976), C’era una volta in America (1984), Gli intoccabili (1987).

E lo fa diretto da Martin Scorsese, il regista e amico fraterno che lo accompagnò in nove film, tra cui, Quei bravi ragazzi (1990) e Casinò (1995). Con The Irishman, tratto dalla biografia del vero Sheeran L’irlandese. Ho ucciso Jimmy Hoffa di Charles Brand (Fazi Editore), «che ho letto anni fa e mi ha così colpito che ho subito chiamato Martin per condividerlo con lui», l’accoppiata De Niro-Scorsese torna a raccontare la mafia e a girare nella loro città natale, New York, «dopo che da molti anni volevamo riprendere a lavorare insieme. Abbiamo cominciato a pensare a questo film nel 2007 e finalmente è diventato possibile, anche grazie a chi ci ha messo i soldi (soprattutto Netflix, infatti il film, dopo il passaggio in sala, sarà a fine novembre sulla piattaforma streaming, ndr)».

Nel cast De Niro ritrova Al Pacino dopo l’epico testa a testa di Heat – la sfida (1995), Joe Pesci con cui aveva lavorato in Toro Scatenato (1980) e Quei bravi ragazzi, e Harvey Keitel che fu nel cast di Mean Streets (1973). Una sorta di ritrovo di famiglia, ma soprattutto un’intensa epopea criminale che si dipana lungo cinquant’anni di vita o forse, soprattutto, di morti ammazzati, vista la professione di Frank Sheeran. Per necessità di copione, dovendo raccontare anche gli inizi dell’irresistibile ascesa criminale di Sheeran, sullo schermo Robert De Niro appare ringiovanito, grazie agli effetti speciali (però è sempre lui, a differenza di quanto accade in questi giorni a Will Smith nel molto più “pop” Gemini Man, dove l’attore 51enne si confronta con una versione di se stesso ragazzo interamente creata al computer). «È stato fantastico! Un risultato incredibile…», aveva anticipato entusiasta De Niro la primavera scorsa durante il Tribeca Film Festival (la rassegna di cinema indipendente che lui stesso organizza a New York da 17 anni), dopo aver visto le prime scene di Irishman in anteprima.

«Mi ha elettrizzato l’idea di tornare giovane senza dover mettere nulla sul volto come quando ti invecchiano con il make up», ha meglio specificato recentemente parlando con il Venerdì di Repubblica. «Questa tecnologia apre un sacco di possibilità per ruoli che altrimenti mi sarebbero preclusi dall’età». Lui la mette così. Eppure non si direbbe che il fattore età sia determinante per l’andamento della sua carriera. Il due volte Oscar (come non protagonista del Padrino – Parte II nel 1975 e come protagonista di Toro scatenato sei anni dopo), sulla scena da oltre cinquant’anni, ha ancora molta voglia di stare sul set e tutta l’energia per farlo, se si considera che ha altri cinque film in cantiere, dopo il lancio di The Irishman. Tra questi c’è un’altra crime story per la regia di Scorsese, Killers of the Flower Moon, con Leonardo DiCaprio, ed è inutile dire che da un terzetto così possiamo aspettarci grandi cose, anzi gigantesche. Ma ci sarà anche una nuova commedia, con un nonno che occupa abusivamente la stanza di un maldisposto nipotino. Evidentemente, l’uomo che meglio di chiunque altro sullo schermo sa dare protervia e aggressività ai gangster adesso si diverte a diversificare le prestazioni.

L’unica che rimane sempre immutabile è quella di osso duro nelle interviste: difficile avvicinarlo, difficilissimo farlo parlare, salvo rare eccezioni (una di queste è stata pochi giorni fa sulla rete americana Cnn, quando ne ha dette di tutti i colori, compresa la parolaccia “f**k”, c…, sul presidente Trump: ma il leader americano è notoriamente un tema che lo infervora). Per questa stessa ragione di ostinata riservatezza non si sono saputi i dettagli della separazione dalla moglie Grace,, avvenuta un anno fa dopo venti di matrimonio e due figli. Né si sa come proceda la denuncia per molestie e comportamento sessista che ha ricevuto da parte di una ex dipendente della sua casa di produzione. Una causa milionaria, alla quale l’attore sta rispondendo con una controdenuncia. Ne leggeremo sui giornali. Mentre lo guardiamo al cinema.