La donna era segregata in casa, costretta a subire ogni tipo di violenza, persino mangiare le foto. Ma c’è un dettaglio raccapricciante

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Per mesi era stata segregata in casa e costretta a subire ogni tipo di violenza fisica e verbale dal suo compagno come dormire in piedi e mangiare addirittura le foto dei suoi parenti morti ma nessuno tra le forze dell’ordine in tutto quel tempo si è accorto di lei o è intervenuto per salvarla nonostante le denunce era state tante. Per questo la polizia britannica di Cardiff ora è finita al centro di pesanti accuse di negligenza per non aver agito in modo corretto e tempestivo per salvare la vittima, la povera 35enne Charlotte Rooks, che oggi soffre di disturbi nervosi gravissimi che le rendono la vita un inferno. Dopo che l’autore delle violenze, il 33enne Craig Thomas, è stato incarcerato e condannato nel 2013, sul caso infatti è partita una indagine interna proprio per accertare la condotta degli agenti e i risultai sono stati clamorosi.

Secondo un rapporto della Indipendent Police Complaints Commission (IPCC) , infatti, prima dell’arresto dell’uomo, a seguito di diverse segnalazioni giunte in centrale che parlavo di violenze domeniche, gli agenti avevano già visitato più volte l’appartamento dove la 35enne veniva tenuta segregata ma non avevano mai preso alcun provvedimento. Nessuna delle pattuglie intervenute sul posto in diverse occasioni ha colto l’orrore che si celava in quell’abitazione e nessuno ha pensato di approfondire la questione. Solo quando la donna è riuscita a scappare da sola si è scoperta tuta la verità. alla vista degli agenti infatti l’uomo celava bene il suo reale carattere, mentendo e dicendo che la compagna era instabile mentalmente

Nel primo intervento sul posto a seguito di un segnalazione di un vicino che aveva riferito di aver sentito una donna che urlava gli agenti hanno concluso che si trattava di sesso sfrenato ad alto volume senza nemmeno contattare la persona che aveva fatto la soffiata né vedere la donna che era già ferita. I poliziotti non segnarono nemmeno il nome della donna tanto che negli interventi successivi di altri agenti i fatti non furono collegati tra loro. In un altro intervento la donna aveva cercato di metterli in allarme dicendo che era stato il figlio a urlare ma i poliziotti non capirono che era un modo di segnalare le violenze perché non aveva figli.

“Quando andarono via capii che era finita per me, pensavo che sarei morta. Quella notte ricordo di avergli detto di uccidermi e di farla finita ma lui mi ha fatto sdraiare e mi ha legato le mani sotto il divano poi ha iniziato a saltare ripetutamente sullo stomaco. È andata avanti tutta la notte. Mi stavano torturando” ha ricordato la donna , concludendo: “Nessuna persona ha perso il lavoro per quello che mi è successo. Penso che sia disgustoso. Hanno capito che messaggio hanno inviato? Non sto dicendo alle donne di non riferire le cose, ma trovo davvero difficile avere fiducia nel sistema giudiziario dopo quello che ho passato”