Roberta Ragusa choc: “Uccisa e gettata in un cassonetto”. Spunta il mistero delle chiavi di Antonio Logli

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La vicenda risale alla notte tra il 12 e il 13 gennaio del 2012, quando Roberta Ragusa, 45 anni, scompare in pigiama dalla sua casa di Gello, frazione di San Giuliano Terme. Poco prima lei aveva capito che il marito la tradiva con Sara Calzolaio, vent’anni in meno di lui, che lavorava da sempre per la coppia come baby sitter dei figli e poi collaboratrice dell’autoscuola di famiglia.

La vittima lo aveva scoperto sentendo una telefonata dell’uomo fatta dalla soffitta. Il delitto sarebbe avvenuto al culmine di un litigio tra Roberta e Antonio: lei si sarebbe allontanata in pigiama, lui l’avrebbe seguita e, dopo la discussione, l’omicidio. Le ricerche del corpo erano rimaste senza esito, ma la Procura aveva puntato i riflettori sul coniuge, iscritto il 2 marzo nel registro degli indagati. Gli investigatori non hanno mai creduto al suo alibi: essere andato a dormire prima di mezzanotte e essersi accorto la mattina seguente che la moglie non c’era. 

Due testimoni, infatti, giuravano di averlo visto in giro quella notte, di averlo sentito litigare con la moglie e parlare con l’amante. Antonio Logli è stato condannato a 20 anni di reclusione con l’accusa di omicidio e distruzione del cadavere della moglie. Il programma Quarto Grado si è interessato nuovamente della scomparsa di Roberta Ragusa e nella puntata andata in onda venerdì sono emersi inquietanti dettagli. Il maresciallo dei Ros in pensione Rino Sciuto, che per 3 anni si è occupato del caso ha dato la sua versione dei fatti.

”Io mi sono fatto la mia personalissima opinione: – ha detto il militare nell’intervista rilasciata a Quarto Grado – a Gello non ci sono i secchioni tipici che vengono prelevati dagli autocompattatori, ma dalla via Ulisse Dini alla via di Gello lì cominciano ad esserci i primi secchioni dell’immondizia del comune di Pisa. Io ho paura che possa essere finita in un secchione, in un autocompattatore”. Il sospetto del maresciallo Rino Sciuto, dunque, è che Logli abbia ucciso Roberta Ragusa e che il suo corpo sia finito prima in un autocompattatore e poi direttamente in discarica. Si è inoltre ricordato che quando Roberta scomparve Antonio Logli lavorava come elettricista per la Geste, azienda municipalizzata, ed aveva in uso un furgone e almeno 150 chiavi.

 

Chiavi che avrebbero potuto aprirgli molte porte e potenziali nascondigli per occultare il cadavere della moglie. Uno degli elementi che infatti ha convinto i giudici della sua colpevolezza è il fatto che tra le 7:30 e le 7:40 del 14 gennaio 2012, proprio negli istanti in cui iniziarono le ricerche della moglie, lui si recò alla Geste per pochi minuti sebbene avesse preso un giorno di ferie.