La chiamano già “la strana coppia”. E in effetti non si potrebbe immaginare un’abbinata più improbabile di quella formata da Vanessa Incontrada, padre italiano, madre catalana, modella, colta, cosmopolita, e Gigi D’Alessio, napoletano, cantante melodico dai testi semplici che arrivano al cuore.
Ebbene, questa coppia improbabile ha l’ambizione di far tornare in Tv un genere ormai quasi dimenticato, lo spettacolo musicale, quello vero, di una volta. Dal 29 novembre D’Alessio e la Incontrada, in prima serata su Rai Uno, condurranno lo show Vent’anni che siamo italiani. Il titolo è il punto di congiunzione, ironico, tra i due: per la Incontrada i vent’anni segnano il trasferimento in Italia dalla natia Barcellona, e l’inizio di una carriera di successo che l’ha vista prima indossatrice, poi attrice e conduttrice televisiva (indimenticabile a fianco di Claudio Bisio a Zelig). Per D’Alessio i vent’anni sono quelli passati dalla pubblicazione del suo primo grande suecesso, Non dirgli mai, presentato a Sanremo, che segna, lo dice lui stesso «il mio arrivo da Napoli in Italia».
Bocche cucite su come sarà strutturato lo spettacolo. Si sa solo che le serate saranno tre, e che, dice D’Alessio, «sarà uno show vero, come se ne facevano una volta. Stiamo scrivendo una storia, come se fosse una serie televisiva», e quindi in qualche modo verrà anche raccontata l’Italia degli ultimi vent’anni, frammista alle esperienze dei due protagonisti.
Si coglie bene dalle sue dichiarazioni, che D’Alessio vive questa come la grande occasione di abbattere il “muro” che, lo dice lui stesso, l’ha separato dalla critica, dai cultori della canzone d’autore, che l’ha confinato a divo regionale. E gli ha impedito una consacrazione che lui è convinto di meritare, per conquistare finalmente il titolo di artista completo a tutto tondo.
E non è un caso se per accompagnarlo in questa avventura ha scelto Vanessa Incontrada, che fa dell’ironia e dell’intelligenza le sue armi migliori. La Incontrada, dal canto suo, in questi giorni ha un altro impegno, oltre a quello di preparare lo show: sta presentando il suo nuovo libro, scritto insieme alla madre Alicia Soler Noguera, Le bugie uccidono (edito in Italia da La nave di Teseo). Si tratta della seconda opera scritta a quattro mani da madre e figlia, dopo Insegnami a volare del 2015. In questo caso si tratta di narrativa pura, di un romanzo che, sotto l’apparenza di un giallo, racconta la storia di un’amicizia tra due giovani donne e la storia delle loro due famiglie, e ha diversi tratti autobiografici, come racconta la stessa Vanessa durante uno degli incontri avuti per presentare il suo volume.
Vanessa, il romanzo che ha scritto con sua madre Alicia ha un sapore molto personale. Si parla delle città che lei più ama e più ha frequentato: Barcellona, Follonica e Milano.
«Beh, è inutile negarlo. In questo racconto c’è una parte della nostra vita. Si parte dalla verità, e poi la fantasia sviluppa la trama. Alcuni personaggi sono reali, ad esempio, Vincenzo, il miglior amico della protagonista, è una persona vera. Solo che nella realtà è una donna».
Nel romanzo le donne sono la parte forte, e gli uomini, con qualche eccezione, deboli e irrisolti. Anche questo è realistico?
«Gli uomini li amo tantissimo, sia chiaro, ma le donne hanno un altro ritmo. E anche la mia è una famiglia matriarcale, dove comandano le donne. Mia mamma è sempre stata il soggetto più forte, sia per carattere sia per le circostanze in cui si è trovata a vivere. Mio papà ha messo solo il semino… No, povero papà, se mi sente mi uccide. Lui è rimasto molto deluso: ha voluto leggere il libro e, tutto felice mi ha detto. “Io ci sono?. La protagonista ha un padre?” “Sì”, ho risposto, “ma muore all’inizio”. Così mio padre ha pensato che lui nel libro è morto. “Ma non è un’autobiografia”, gli ho assicurato. Ha fatto il muso lungo: “Certo, come no”».
Com’è stato scrivere un romanzo insieme alla propria madre? Intanto, concretamente come fate?
«Beh, grazie alle mail non è difficile: lei scriveva, io correggevo, poi lei correggeva di nuovo… Scrivere insieme per noi è stato molto impegnativo, ma anche molto bello, perché abbiamo scoperto cose di noi che non sapevamo. E un viaggio meraviglioso che abbiamo fatto insieme. Tutte le figlie dovrebbero scrivere un libro insieme alla propria madre».
Quindi andate molto d’accordo…
«Litighiamo sempre, dalla mattina alla sera. Il rapporto madre-figlia, è complesso, le donne sono fatte più di cervello che di istinti, sono complicate. Spero un giorno di avere io stessa una figlia femmina, per capirci qualcosa di più. Tra me e mia mamma c’è un amore grandissimo, non posso non ringraziarla, ma viviamo tante cose in modo diverso. La cosa bella è che ci parliamo tanto, e ci confrontiamo molto. Ovviamente lei con me ha sbagliato tante cose, come io ho sbagliato e sbaglierò con mio figlio. Ma sono arrivata alla consapevolezza che si arriva a un punto della vita in cui bisogna perdonare i genitori per gli errori commessi. Nel momento in cui ho deciso di perdonare, tutto dentro di me è cambiato, e ci capiamo meglio. Senza smettere però di litigare».
In generale tutto il romanzo è un affare di famiglia, non è vero?
«Proprio così. Mia sorella Alice e mio cognato hanno una casa editrice. Così siano tutti impegnati. Io e mamma scriviamo, e loro lo pubblicano in Spagna». Nel romanzo si parla molto di Milano, la sua città d’adozione, che viene definita «bella, dura, complessa, traboccante di voglia di vivere e dispensatrice di doni».
«Io sono molto legata a Milano: ho vissuto in tante città, ce ne sono di più belle , ma Milano per me è davvero speciale.
Qui ho iniziato la mia carriera, qui è iniziata la mia popolarità, la mia vita vera. E mia madre ha vissuto tutto insieme a me, nei primi anni in cui facevo la modella. La gente pensa sia un mestiere semplice, e invece è faticoso: giornate a camminare sotto la pioggia, magari sotto la neve. Quindi ho un ricordo di una città dura, ma piena di opportunità, che poi dopo l’Expo è cambiata in meglio, è diventata davvero cosmopolita. Ho a Milano una casa che avevo deciso di vendere, ma alla fine non ce l’ho fatta. Ho pensato che volevo riservarmi un posto mio nella città del mio cuore. Magari potrebbe usarla mio figlio Isal, il giorno che volesse venire qui e cercare qui la sua strada, come ho fatto io».
Però ora vive a Follonica.
«Sì, ho realizzato il mio sogno: una casa in campagna, in collina, da cui si potesse vedere dalla finestra l’Isola d’Elba. Vanessa ha tante sfaccettature nella sua vita, è dinamica, va a teatro, al cinema. Ma Vanessa è anche quella che va in collina e se ne sta lì, tranquilla per un po’. Mia madre invece se ne sta bene a Barcellona e si sposta da lì, anche se non è un momento bellissimo per questo per la città, dopo le turbolenze dovute alle lotte degli indipendentisti».
Insomma, ormai si sente più italiana che spagnola, non è vero?
«Ma io sono italiana, fin dalla nascita! Mio papà è italiano, dentro di me c’è molta più Italia che Spagna. Sì, quando sono arrivata qui forse l’accento esotico si sentiva di più, e un pochino ci ho giocato, soprattutto a Zelig, per le gag con Claudio Bisio: mi faceva divertire, e penso che anche il pubblico si divertisse. Ma l’Italia fa parte della mia vita da sempre».
A fine mese parte il programma con Gigi D’Alessio. E dopo?
«Ho una grande ambizione: vorrei trarre un film da questo libro, produrlo io stessa e mettermi dietro le quinte, come regista. Non recitarlo, ma dirigerlo. So già cosa fare e come portare avanti la narrazione. Questa è una storia che a livello cinematografico può funzionare, e io penso di poterci riuscire».