Ricetta per essere felici

Questo articolo in breve

World Happiness Report 2018, per il settimo anno consecutivo, attesta che la Danimarca è uno dei Paese nei quali si registra uno dei tassi più elevati di felicità. Il dato tiene conto di indicatori oggettivi: un PIL in crescita e un basso tasso di disoccupazione, ma la ricerca si basa anche su valutazioni soggettive condotte attraverso delle interviste dirette che evidenziano come la felicità sia da ricercarsi anche nelle buone relazioni sociali. La soddisfazione dei danesi nei confronti dell’elevata qualità della vita risiede nell’apprezzamento dei piccoli piaceri quotidiani che è racchiuso in un costrutto culturale di difficile traduzione chiamato hugge.

La hugge way of life potrebbe essere ricercata nelle abitudini degli antichi popoli nordici che per questioni climatiche legate al freddo avevano la consuetudine di ritrovarsi in casa con familiari ed amici per condividere buona parte della giornata godendo di una socialità densa e rasserenante. Il modello danese sta suscitando l’interesse di studiosi ed educatori perché, seppur con adeguati distinguo culturali, potrebbe essere applicato in altri contesti.

Una delle voci più autorevoli in materia è Jessica Joelle Alexander, psicoioga danese autrice di testi che indagano come i genitori possano educare figli felici. La crescita dei figli viene vissuta dai genitori come un processo di apprendimento che vede i figli coprotagonisti dell’intero percorso. Questo consente di migliore l’autostima e il senso di responsabilità dei bambini nei confronti delle azioni che andranno ad intraprendere. Altro valore sul quale si basa l’educazione è la libertà di essere e di vivere l’infanzia: i bambini sono lasciati liberi di giocare senza subire i condizionamenti degli adulti ma questa libertà non è da considerarsi disinteresse o anarchia.

Al tempo libero, corrisponde il tempo degli impegni, ad esempio quello scolastico e anche se il sistema d’istruzione danese non prevede i compiti a casa, le attività a scuola sono molto bene organizzate e i risultati ottenuti dagli alunni risultano incasellabili nella media alta europea. C’è un approccio ecologico al sapere: si tende allo sviluppo della creatività, delle attitudini individuali, all’empatia, alla leadership e uno degli obietti del sistema è quello di lavorare sulla costruzione del Noi, sul senso di appartenenza che genera benessere. Questo tipo di lavoro ha dato risultati molto positivi anche per contrastare le devianze. Il bullismo, ad esempio, viene considerato un problema legato alla gerarchia del gruppo e mai riconducibile alle azioni del singolo. Questo approccio ha ridotto i casi dal 25 al 7 % negli ultimi dieci anni. Questo cambio di prospettiva dall’Io al Noi e il guardare la realtà attraverso gli occhi dei bambini è un esercizio di grande utilità non solo per i’genitori ma per l’intera società.