Quanto andato in onda nella puntata di “Live – Non è la D’Urso” del 18 novembre dimostra che le parole hanno un peso, siano esse contenute nel dizionario o meno. Ha un peso portare in tv, poco dopo la prima serata, la vita privata di una persona, insistere perché ne commenti gli aspetti meno edificanti, girare il coltello nella piaga mentre chi fa da spettatore ride, circonda, morde pur senza avere mosso un dito.
“Sono stata così male che non ho dormito, preferisco dimenticare tutto quello che è accaduto. Sentirsi vittima nel branco non è bello, forse pensavo di essere più forte. Me lo sarei dovuta aspettare, magari non in quei termini e con quel linguaggio. Forse ho sbagliato anch’io. Metto tutto alle spalle ma la prossima volta starò più attenta agli interlocutori” dice a Fanpage.it Vladimir Luxuria con un filo di voce, il dolore chiaramente percepibile nel suo tono. È l’effetto che quanto è accaduto ha provocato sulla persona, sulla donna vilipesa venuta fuori, ancora stordita, da un contesto che l’ha resa agnello sacrificale, materiale da saccheggiare sull’altare degli ascolti.
Il turpiloquio concesso a Sgarbi
Contro Luxuria, Sgarbi ha dato lo spettacolo che da lui ci si aspettava. “Sei un uomo o no? Sei stata un uomo o no? Ce l’hai il cazzo o no?” ripetuto in un loop interminabile che si è fatto strada tra le risate generali del pubblico in studio, mentre Vladimir osservava la scena con l’espressione cristallizzata di chi sta subendo un’umiliazione gratuita. “Branco” è la parola che ha usato Luxuria commentando quanto è accaduto. Quello che l’ha accerchiata, osservando compiaciuto quella scena indegna. E al noto critico d’arte, che delle donne si dice un profondo estimatore, è stato perfino consentito di chiudere con una battuta: “Sei una donna, non hai il cazzo e sei una santa. Ho sbagliato, non eri tu”. Il racconto di una fase di vita difficile reso scenetta, il tentativo mal riuscito di fare ironia.
Feltri e i gay che per bullismo non si sono mai suicidati
Dispiace che Barbara D’Urso, che dei diritti del mondo LGBTQ e delle donne si dice paladina, che dichiara di lottare “da anni per le loro battaglie”, abbia permesso che a casa sua il direttore di Libero Vittorio Feltri potesse dire indisturbato che “nessun frocio si è mai suicidato” o di chiamare galline le donne presenti in studio. Lei che a marzo del 2019, in pieno spirito con la battaglia che sostiene di condurre, decise di interrompere il collegamento con Carmelo Bruno Carnovale, colpevole di avere detto che “c’era una ragazza lesbica che venendo qui si è liberata”. “Io uso il linguaggio che voglio” è stato invece libero di dire Feltri, rivendicando il diritto di usare la parola ‘frocio’. “I termini che uso sono contenuti nei migliori vocabolari della lingua italiana. Guarda il dizionario, carina” ha concluso, senza tenere in considerazione che i “migliori dizionari della lingua italiana” sono descrittivi, non prescrittivi. Non prescrivono la maniera corretta di usare lingua italiana, si limitano a descriverla. Un dizionario è una raccolta dei termini di uso più o meno comune. È chiaro che vi sarà riportata la parola “stronzo”. Scegliere di usarla per denigrare qualcuno attiene alla libertà personale e alla sensibilità. Ma chiedere di esercitare la gentilezza in un’arena è forse chiedere di alzare l’asticella della qualità più di quanto è strettamente calcolato.