Rimborso IVA da indebito: il “definitivo accertamento” dell’imposta non dovuta dalla prospettiva del fornitore

Questo articolo in breve

La materia del rimborso IVA, sia esso fisiologico – ovverosia legato all’eccedenza d’imposta che residua dalle liquidazioni periodiche ai sensi degli artt. 30 e 38-bis D.P.R. n. 633/1972 -, sia, invece, “anomalo” o “da indebito” – cioe` derivante da pagamenti non dovuti, fattispecie la quale sino all’introduzione dell’art. 8 Legge n. 167/2017 era disciplinato in via residuale dall’art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992 -, non e` regolata dall’art. 185 della Direttiva IVA e, pertanto, e` rimandata alla normativa domestica degli Stati membri. Secondo la giurisprudenza unionale assolutamente costante, questi sono tenuti a garantirne l’effettivita` alla luce dei principi di neutralita` ed effettivita` che informano detta imposta: infatti, “in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, in virtu` del principio di autonomia procedurale degli Stati membri, stabilire le modalita` procedurali intese a garantire la tutela dei diritti riconosciuti ai soggetti dell’ordinamento dal diritto dell’Unione”.

Relativamente al rimborso da indebito, con l’art. 8 Legge n. 167/2017 (c.d. Legge Europea 2017) il legislatore ha introdotto l’art. 30-ter nel Decreto IVA con l’intenzione di porre fine alla procedura EU Pilot 9164/17/TAXU, tramite la quale la Commissione Europea aveva richiesto informazioni relativamente all’interpretazione della sentenza Banca Antoniana Popolare Veneta (causa C 427/10)  da parte delle autorita` giudiziarie e dell’autorita` fiscale italiana, con specifico riferimento alle condizioni di rimborso dell’IVA versata e non dovuta. La Corte di cassazione  aveva rigidamente implementato i superiori principi unionali espressi dalla ricordata sentenza tramite la regola della restituzione della rivalsa da parte del cedente a favore della sua controparte in forza di “provvedimento coattivo”, quale antecedente giuridico necessario all’istanza di rimborso c.d. anomalo all’Erario, generando notevoli oneri in capo agli operatori domestici e frustrando alcuni dei principi fondamentali dell’IVA.

La soluzione normativa domestica per la completa attuazione dei principi della giurisprudenza unionale in tema di rimborso da indebito si rinviene oggi nel corpus del Decreto IVA: il legislatore ha ivi compiutamente disciplinato la materia dell’indebito con un intervento ad hoc, espungendola, pertanto, dalla sua sede originaria dell’art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992, in cui era regolata in via residuale ed interpretativa. Ad oggi, fatta eccezione per alcuni interventi episodici (4), l’Agenzia delle entrate non ha esaminato in modo organico le nuove disposizioni, lasciando alla dottrina il compito di ricondurle a sistema. L’introduzione dell’art. 30-ter D.P.R. n. 633/1972 si pone senza dubbio “in continuita`” rispetto all’art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992, ampliando i presupposti per ottenere il rimborso: nel presente contributo ci si concentrera` sulla prospettiva del fornitore, cercando di analizzare il presupposto del “definitivo accertamento” dell’imposta indebitamente versata.

Il meccanismo della restituzione della rivalsa al cliente e del rimborso dell’indebito versamento IVA dall’Erario Stabilisce l’art. 30-ter del Decreto IVA al primo comma che “il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione dell’imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si e` verificato il presupposto per la restituzione”. Il secondo comma – che in questa sede interessa – aggiunge che “nel caso di applicazione dell’imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, accertata in via definitiva dall’Amministrazione finanziaria, la domanda di restituzione puo` essere presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dall’avvenuta restituzione al cessionario o committente dell’importo pagato a titolo di rivalsa”. Al legislatore del 2017 non e` certo sfuggita la sovrapposizione di norme (invero solo apparente) rispetto a situazioni potenzialmente suscettibili di essere attratte nell’uno piuttosto che nell’altro comma, avendo la relazione tecnica all’art. 8 Legge n. 167/2017 spiegato tale rapporto nei seguenti termini: mentre “il comma 1 dell’art. 30-ter, in linea generale, chiarisce che il soggetto passivo puo` presentare la domanda di restituzione dell’imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si e` verificato il presupposto per la restituzione”, il comma 2, invece “stabilisce una deroga ai termini cosı` fissati, […].

In tal caso, infatti, la domanda di restituzione puo` essere presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dall’avvenuta restituzione al cessionario o committente dell’importo pagato a titolo di rivalsa” (5). Con particolare riferimento all’ambito oggettivo di applicazione del comma 2 della disposizione in oggetto, sulla scia dei chiarimenti di cui alla relazione tecnica, autorevole dottrina ha condivisibilmente rilevato che “restano regolate esclusivamente dal comma 1 tutte le fattispecie di ‘IVA non dovuta’ che non hanno comportato un addebito maggiore del lecito in via di rivalsa (6): […] non dovrebbe esservi dubbio, poi, sul fatto che le fattispecie di ‘IVA non dovuta’ che hanno invece comportato un erroneo addebito in via di rivalsa siano regolate sia dal comma 1 che dal comma 2, recando quest’ultimo una deroga in senso proprio al comma 1. Con la conseguenza che non in tutti i casi in cui l’erronea applicazione dell’imposta abbia comportato un’erronea rivalsa la previa restituzione al cessionario o committente e` condizione per la restituzione: cio` accade solo nei casi in cui venga superato il termine biennale decorrente dal versamento previsto dal comma 1. Questa conclusione si evince, non solo dalla genesi della norma, […], ma anche dal fatto che il comma 2 prevede, quale condizione per la sua applicazione, la presenza di un accertamento definitivo di non debenza dell’imposta o della maggiore imposta sull’operazione considerata” (7). Sotto un profilo sistematico pare dunque possibile concludere che, pur essendovi una parziale, astratta sovrapponibilita` tra le fattispecie coperte dai primi due commi dell’art. 30-ter del Decreto IVA, il comma 2 dell’art. 30-ter riguarda in realta` ipotesi di “IVA non dovuta” affatto particolari, che coinvolgono il cessionario, dovendosi con cio` intendere l’avvenuto addebito in via di rivalsa dell’imposta non dovuta nei suoi confronti (8). In questi casi, la restituzione della maggiore imposta al fornitore e` svincolata dal dies a quo consistente nella data in cui questi ha effettuato il versamento indebito, ben potendo essere richiesta dal cedente all’Erario nel termine di due anni decorrenti dal termine – piu` ampio e di carattere mobile – della ripetizione della rivalsa che questi abbia sua volta eseguito nei confronti del cessionario e sempre a condizione, ovviamente, che sia intervenuto il definitivo accertamento circa la natura indebita del versamento d’imposta. Si ritiene pertanto che “la modifica apportata con l’introduzione dell’art. 30-ter, del D.P.R. n. 633/1972 abbia superato l’interpretazione consolidata della Corte di cassazione, divenuta prassi per l’Amministrazione fiscale, confliggente con il principio di effettivita` e con il principio di neutralita` che da esso discende, in tutti i casi in cui l’Amministrazione fiscale e` consapevole dell’applicazione indebita dell’imposta e dell’inesistenza di un conseguente rischio fiscale, derivante dal rimborso di detta imposta” (9). In altre parole, il comma 2 dell’art. 30-ter assorbe e supera al tempo stesso l’impianto normativo previgente riguardo ai rimborsi anomali di cui all’art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992 come attuato sinora in giurisprudenza, escludendo carattere dirimente al lasso temporale che intercorre tra il pagamento indebito e l’istanza di restituzione all’Erario ove sia coinvolto il cessionario nei termini sopra spiegati: cio` che conta ai fini del recupero dell’imposta per il fornitore e` oggi l’accertamento definitivo dell’indebito versamento IVA e la ripetizione della rivalsa a favore del cliente.