Infarto: ogni anno muoiono 150 mila persone. Ecco perché è importante conoscere i sintomi

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L’infarto può spezzare una vita in pochi minuti e per questo va affrontato con tempismo avendo le idee chiare sul cosa fare perché è stato scoperto che ogni 10 minuti di ritardo registra un 3% in più di mortalità: no alla “golden hour”, ovvero i 60 minuti successivi all’attacco di cuore che è comunemente considerato il tempo massimo entro cui si può intervenire.

Quei minuti non valgono più tanto come ha spiegato la società italiana di cardiologia (Sic). Per questo bisogna imparare a riconoscere i segni tipici dell’infarto e chiamare subito i soccorsi che devono essere equipaggiati con un elettrocardiografo per fare una diagnosi immediata e trasferire il paziente nel più breve tempo possibile presso il più vicino ospedale ma senza farlo passare dall’accettazione in Pronto Soccorso: anche guadagnare 10 minuti può essere fondamentale perché più si aspetta e peggio è.

Non c’è da scherzare con l’infarto: in Italia ogni anno muoiono per infarto del miocardio oltre 150 mila persone e di queste circa 30 mila muoiono prima dell’arrivo in ospedale, ma fra i 95 mila che arrivano in tempo in ospedale la mortalità scende al 10,95%. E’ importante, però, imparare a riconoscere subito i sintomi dell’infarto perché se è vero che i soccorritori non devono perdere tempo è altrettanto vero che capire subito cosa sta accadendo fa anticipare i tempi.

Quindi mai minimizzare (e avviene nel 60% dei casi) scambiandoli per semplici disturbi dovuti a una cattiva digestione, al reflesso esofageo, a costipazione, a gengiviti, a dolori muscolari, ossei o intercostali, al mal di schiena o a chissà quale altra causa si può immaginare. No all’autocura con antidolorifici generici (nel caso meglio un’aspirina) ma chiamare subito i soccorsi. Questo non significa che appena si avverte un piccolo sintomo bisogna subito correre al Pronto Soccorso, ma rendersi conto che ci sono dolori e dolori e quello da infarto è diverso dal solito: il più tipico è il dolore oppressivo al petto, dietro lo sterno, che stringe alla gola e che si irradia alla base del collo, a volte alla mandibola, alla spalla o al braccio sinistro, che sorge dopo uno sforzo o a riposo e che dura oltre 15 minuti.

L’insorgenza può essere lenta o rapida, il dolore diventa lancinante e non si migliora con la respirazione. A volte, però, può presentarsi anche con altri sintomi come un dolore alla bocca dello stomaco con una sensazione di pesantezza oppure un dolore addominale acuto che può arrivare alla parte posteriore del torace e alla spalla destra. I diabetici di lungo corso devono allertarsi quando avvertono una intensa nausea, un mal di denti che si espande anche su tutta la mandibola con tanto di una leggera dispnea, ovvero la difficoltà a respirare.