L’ultima delle Sardine: «federalista» è un’offesa

Questo articolo in breve

Nel mondo parallelo del Cerchietto Supremo, il capataz delle Sardine che scrive lettere al Fatto Quotidiano intitolate “Noi siamo l’Amore” e poi caccia amorevolmente dal movimento chi non la pensa come lui, “federalista” è un insulto.

Ieri Mattia Santori, essendo previsto un comizio di Salvini a Napoli, ed essendo la sua agenda fisica e mentale subordinata a quella del Capitano, si trovava nel capoluogo campano. Come spesso gli accade, a parlare di materie che non conosce: lavoro, fabbrica, salario, in un incontro con gli operai Whirpool che rischiano di trovarsi in mezzo alla strada, visto che l’azienda intende chiudere lo stabilimento locale. Ovviamente, il lanciatore di frisbee non ha proposto soluzioni fattive, ma ci ha consegnato la sconvolgente rivelazione che «la mancanza di prospettiva e la disoccupazione sono i problemi principali», davvero non ci saremmo mai arrivati. In compenso, ci ha tenuto a mettere in guardia gli operai dall’ascoltare le proposte del leader dell’opposizione, perché evidentemente lo status quo che sta privando costoro del lavoro è comunque preferibile.

LETTURE CONSIGLIATE

Non osate dunque fidarvi della Lega, tuona il nuovo cocco di damazze radical chic e salotti tivù, perché «è tutt’ora un partito federalista». Posizione squalificante di per sé, ideale intrinsecamente negativo, che colloca chi lo professa fuori dall’agone civile, par di capire. Occhio, quello è un federalista, dà di gomito il baskettaro bolognese ai suoi interlocutori, con il tono di chi dice quello è un nazista, un pervertito politico e morale, un ladro di bambini.

Tralasciamo di suggerire al Santori in pellegrinaggio perenne nei talk show la lettura degli scritti di Gianfranco Miglio o di Carlo Cattaneo, gli risulterebbe un esercizio inutilmente faticoso e sottrarrebbe tempo prezioso al suo passatempo preferito, quello di spedire lettere incomprensibili ai giornali compiacenti dove spiega come va il mondo alla classe dirigente compiacente. Gli basti sapere che il “federalismo” è una teoria politica nobilissima e purtroppo da subito perdente in Italia (un non-Paese costruito sul centralismo più belluino), a cui quindi non si può attribuire alcuna responsabilità sull’esistente, tantomeno il perenne sottosviluppo del Sud.

DUE VELOCITÀ

Sottosviluppo che è anzi figlio della costruzione ipercentralizzata prima sabauda e poi romana, la quale oggi ha codificato una nazione a due velocità, entrambe dannate. Il Nord da saccheggiare con la mannaia della rapina fiscale, e il Mezzogiorno da mantenere (schiavo) con l’elemosina dell’assistenzialismo. Il tutto per l’esclusivo godimento della burocrazia statale e parastatale. Per cui, e il tapino non dà cenno di rendersene conto, il fatto che un politico abbia progetti “federalisti” sarebbe un motivo in più per ascoltarlo, anzitutto da parte di cittadini meridionali.

L’unica via del riscatto è quella che passa dall’auto- determinazione, dalla responsabilità e dalla capacità di provvedere a se stessi. Insomma, proprio da quell’ “autonomia differenziata” che nell’analisi del Cerchietto «avvantaggia solo il Nord», mentre spingerebbe il Sud a farla finita col piagnisteo statalista sui sussidi che non bastano mai (la dinamica di chi aumenta la dose invece di tentare la disintossicazione) e a liberare le sue non secondarie energie. Si è mai chiesto il Santori, tra un pedinamento e l’altro dei comizi di Salvini, come mai le più grandi e prospere democrazie del globo (Stati Uniti, Svizzera, Germania, Australia) siano Stati federali? Sarà mica, buttiamo là, che quello che per lui è un insulto, “federalismo”, sia la veste istituzionale migliore per il corpo di una nazione avanzata? Chiediamo con amore, sia chiaro.