Coronavirus, a Roma hanno scoperto il salto del virus

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Hanno scoperto la mutazione genetica che ha consentito al nuovo coronavirus di propagarsi all’uomo prima di chiunque altro, mentre gli scienziati cinesi erano ancora convinti che il tramite del contagio all’uomo fosse il serpente. «Senza poterlo dimostrare però, non avendo Pechino gli strumenti per fare inferenze di questo tipo», precisa Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di statistica medica ed epidemiologia molecolare dell’Università non statale Campus Bio-medico di Roma e capo del team che ha ricostruito la struttura del virus che tiene con il fiato sospeso il mondo. «Noi volevamo studiare da dove nasce, perché i coronavirus fanno parte di una grande famiglia, che include Sars e raffreddore stagionale, ma per innescare un’epidemia ci vuole qualcos’altro», continua il professor Ciccozzi.

Lo incontriamo nel laboratorio in cui da giorni vive con il suo team. «Cosa abbiamo fatto? Quel che spesso facciamo. Abbiamo preso tutte le sequenze del genoma virale che i cinesi avevano pubblicato sui database a disposizione della comunità scientifica e, usando i nostri sistemi di epidemiologia molecolare basati su modelli matematico- statistici, ne abbiamo costruito l’albero filogenetico. Immaginatelo come un albero araldico del coronavirus». E così, andando indietro e poi ancora indietro, è stata individuata la mutazione della proteina che ha permesso il salto di specie, cioè il passaggio dal pipistrello all’uomo.

Non per tramite del pangolino, una sorta di formichiere, come è stato sostenuto in questi giorni. «A quel che mi risulta l’analisi in questione è approssimativa dal punto di vista filogenetico e non ha ancora un supporto statistico sufficiente », precisa il professore. Una scoperta preziosa, quella del salto da pipistrello a uomo, che darà una mano a capire in che modo si muove l’epidemia e a lavorare a un vaccino efficace, fatta a tempo di record dalla squadra del professor Ciccozzi, e in particolare dal più giovane dei suoi componenti, Domenico Benvenuto, studente del sesto anno di Medicina e chirurgia e primo firmatario della ricerca che ha identificato la mutazione.

«Abbiamo trovato la correlazione tra alcune sequenze del coronavirus del pipistrello con la nuova sequenza di quello umano, individuato le mutazioni genetiche che hanno permesso il passaggio del virus dal pipistrello all’uomo e ricostruito la proteina tridimensionalmente al computer», spiega lui, 24 anni, campano di Montecorvino Rovella, nel salernitano. Come sia potuto accadere ce lo spiega un altro membro della squadra, Silvia Angeletti, responsabile del laboratorio di analisi del Policlinico Campus Bio-medico e professoressa di Patologia clinica. «Più il virus circola, più è sottoposto a pressioni, che sono dette selettive: è stato al mercato di Wuhan per anni, passando da un animale all’altro, cercando il modo di adattarsi alla sopravvivenza e alla fine ha trovato il modo per passare all’uomo.

Ora il contagio è tra le persone e, in risposta alle pressioni che subisce da parte del nostro sistema immunitario, potrebbe mutare ancora, magari sviluppando una maggiore patogenecità, per esempio. È questo il problema: il coronavirus è nuovo, e portare avanti il più velocemente possibile studi come il nostro o come quello fatto allo Spallanzani [dove è stato isolato Covid-19, questo il nome definitivo del virus; ndr] significa ottenere informazioni utili al contenimento dell’epidemia». Niente panico, però, ci tiene a precisare il il professor Ciccozzi, che assieme al suo team ha continuato a lavorare, arrivando a trovare una spiegazione a quella che fino a oggi era l’evidenza epidemiologica del Covid-19.

«Abbiamo osservato alcune mutazioni del virus che possono giustificare l’elevata contagiosità dimostrata nella attuale epidemia e altre che possono motivare la minore letalità rispetto alla Sars». Il tasso di mortalità è infatti attorno al 2,2 per cento, non solo molto più basso di quello della Sars, che era del 10 per cento, ma anche di una normale influenza, che si aggira sul 5 per cento. Ma è molto contagioso. «Corre», dice Ciccozzi, «e nessuno ci dice che passando da uomo a uomo non faccia altre mutazioni, né quanto rapidamente questo possa accadere. Per questo dobbiamo bloccare l’epidemia e impedire al virus di mutare e magari diventare più aggressivo.

E come si fa? Come stiamo facendo, quarantena e isolamento». Un lavoro, questo “manuale di istruzioni per l’uso del coronavirus”, come lo chiama Ciccozzi, al quale ha contribuito anche Marta Giovannetti, cervello in fuga momentaneamente prestato alla fondazione Osvaldo Cruz di Rio de Janeiro, in Brasile, che via via viene aggiornata. «Il nostro lavoro va avanti», spiega la professoressa Angeletti, «è d’aiuto allo studio di un vaccino, ma anche a tracciare l’andamento dell’epidemia, consentendoci di evidenziare l’efficacia delle modalità di contenimento che i vari Paesi stanno mettendo in campo: se io vedessi un cluster con sequenze solo italiane che mostrano un contagio diretto, capirei che si sta innescando anche qui.

Cosa che per adesso non è». Si sta facendo quel che si deve, insomma, secondo la squadra del Campus Bio-medico, anche se una cosa il professor Ciccozzi la vuole proprio dire. «Se noi italiani fossimo tutti vaccinati per l’influenza, non ci sarebbero tutte le persone che in questi giorni corrono negli ospedali perché preoccupate da sintomi sospetti: perché probabilmente non avrebbero quei sintomi. Sa quanti genitori si disperano perché non vogliono mandare i bambini all’asilo o a scuola per il coronavirus? E ogni tanto mi chiedo: chissà se li hanno vaccinati per la meningite».