Coronavirus, cibo e trasporti nelle zone rosse, chiuse scuole e uffici, posti di blocco di militari e polizia per sorvegliare aree di isolamento

Questo articolo in breve

Posti di blocco intorno ai paesi del contagio per impedire ai residenti di uscire. Corridoi «sterili» per far entrare derrate alimentari e farmaci garantendo così ai cittadini l’approvvigionamento delle merci indispensabili. È il piano di intervento messo a punto dal governo dopo le decine di casi di coronavirus registrati in Lombardia e Veneto per «cinturare i luoghi colpiti».

Un provvedimento che — se l’epidemia dovesse aggravarsi come è presumibile visti i numeri di queste ore — mira a limitare la trasmissione del virus e prevede anche l’impiego dell’esercito proprio come accaduto prevenire atti di terrorismo. Una misura di massima emergenza che di fatto «sospende i diritti di libera circolazione delle persone» ma che si rende necessaria quando non ci sono altri modi per fermare la diffusione di un’epidemia. È il «modello Wuhan», dal nome della città cinese dove si è sviluppato per la prima volta il coronavirus e dove è tuttora in vigore un regime di sorveglianza strettissimo.

Le «zone rosse»

Ogni area dove sono transitate occasionalmente o vivono persone risultate positive ai test, deve essere «isolata». Si crea dunque una vera e propria «zona rossa» interdetta alla circolazione. Le vie di accesso vengono controllate dalle auto di polizia e carabinieri in modo che nessuno possa arrivare o andare via, a meno che non ci siano delle particolari esigenze che dovranno comunque essere appositamente autorizzate dal prefetto. Nella prima fase il «cordone» di sicurezza sarà predisposto attorno a quei Comuni dove sono già state sospese le attività pubbliche, chiuse le scuole e gli uffici. Se l’epidemia dovesse estendersi saranno create aree più estese che potrebbero comprendere più Comuni in modo da poter meglio controllare le zone.

I trasporti

Nelle «zone rosse» non possano arrivare i treni o altri mezzi pubblici. La circolazione all’interno dell’area interdetta viene limitata e nei casi più gravi completamente interdetta. L’ordinanza firmata dal ministero della Salute già prevede «l’interdizione delle fermate dei mezzi pubblici» nei Comuni dove sono state «sospese» tutte le attività pubbliche e chiuse le scuole e gli uffici. Qualora dovesse esserci un grave peggioramento della situazione e l’epidemia dovesse estendersi alle città dovrà essere valutata l’eventuale chiusura delle metropolitane.

Alimentari e farmaci

Per garantire ai cittadini l’approvvigionamento dei generi di prima necessità vengono fissati i cosiddetti corridoi «sterili» che servono a rifornire negozi e farmacie di cibo e medicinali. Sono percorsi di sicurezza controllati dalle forze dell’ordine dove possono transitare i fornitori — naturalmente equipaggiati con mascherine protettive e guanti (le tute vengono utilizzate soltanto da chi rischia di entrare in contatto con una persona positiva al coronavirus) — che vengono aperti in giorni e orari stabiliti dalle prefetture.

I soldati

Polizia e carabinieri stanno predisponendo turni per il controllo delle aree che devono essere «isolate». Al momento ogni questura e prefettura deciderà quanti uomini impiegare nei controlli ma se la situazione dovesse peggiorare sarà necessario impiegare l’esercito per garantire il presidio fisso e «liberare» così gli uomini delle forze dell’ordine. La presenza dei militari per «cinturare» le zone di rischio fornisce la sensazione di una gravissima emergenza e per questo il governo ha valutato a lungo questa eventualità.

I divieti

Il rischio per chi non rispetta le disposizioni è stato inserito già nella prima ordinanza del ministero della Salute che «sospendeva le attività nelle aree di rischio». E applica l’articolo 650 del codice penale secondo cui «chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 206 euro».