Marco Vannini, un grave errore non aver analizzato i vestiti che indossava

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I colpi di scena nella vicenda di Vannini non sembrano destinati a esaurirsi. Come sappiamo, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di Appello, quindi la famiglia Ciontoli dovrà presto tornare in aula. Di estrema importanza saranno le motivazioni, che forniranno indicazioni preziose sul tipo di percorso che dovrà essere affrontato nell’Appello bis.

Ma questa è solo una parte della storia. È di questi giorni la notizia che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafe- de ha promosso un’azione disciplinare nei confronti del pm Alessandra D’Amore, che ha seguito il caso dell’omicidio di Marco, ritenendo che la pm abbia agito in maniera superficiale e non in linea con i doveri di un magistrato. Il ministro avrebbe contestato alla pm anche l’aver procurato un ingiusto danno ai familiari di Marco.

Naturalmente, considerata la portata di quanto segnalato dal ministro, la risposta da parte del capo della Procura di Civitavecchia, Andrea Vardaro, non si è fatta attendere. Vardaro difende a spada tratta il lavoro della D’Amore sostenendo che la pm abbia condotto le indagini senza approssimazione, giungendo a chiarire perfettamente la dinamica dei fatti. Anche io ritengo che la Procura abbia fatto ciò che era necessario anche se, in questi casi, si può sempre migliorare.

La principale criticità che ravviso riguarda un più approfondito sopralluogo sulla scena del crimine rispetto a quello svolto per stabilire, oltre ogni ragionevole dubbio, il luogo in cui è stato esploso il colpo di pistola e che cosa è accaduto in casa subito dopo. Mancherebbe all’appello un approfondimento sulle tracce ematiche attraverso l’impiego del luminol e l’analisi degli indumenti effettivamente indossati da Marco la sera dei fatti.