Altro che “quota 100”! L’Ocse è stata chiara, l’Italia deve aumentare l’età effettiva di ritiro dal lavoro” che al momento è a 62 anni, ovvero due anni più bassa rispetto alla media Ocse e di cinque rispetto all’età legale di vecchiaia (67).
Il consiglio degli economisti dell’Ocse è di focalizzarsi più sull’aumento delle opportunità lavorative piuttosto che sul pagare pensioni a persone che si trovano ancora nel pieno delle forze e che potrebbero ancora lavorare a lungo.
Il problema riguarda la sostenibilità futura visto che l’Ocse ipotizza che nel 2050 ci saranno più pensionati che lavoratori che a quel punto potrebbero trovarsi a dover lavorare di più per pagare le pensioni di chi invece se la gode perché visto l’innalzamento dell’aspettativa di vita e delle condizioni fisiche anche in terza età, tanto anziani non saranno. Per questo l’Ocse invita i Governi a promuovere “maggiori e migliori opportunità di lavoro in età avanzata per proteggere gli standard di vita e la sostenibilità delle finanze pubbliche”. «Il fatto che le persone vivano più a lungo e in una salute migliore è un risultato da celebrare.
Ma un rapido invecchiamento della popolazione richiederà un’azione politica concertata per promuovere l’invecchiamento attivo in modo da compensare le sue conseguenze potenzialmente gravi per gli standard di vita e le finanze pubbliche», ha spiegato Stefano Scarpetta dell’Ocse.
Secondo lo studio oggi si va in pensione prima rispetto a 30 anni fa e anche se alcune iniziative per spingere a continuare a lavorare sono state prese, queste sono comunque ancora insufficienti, quindi servono iniziative che diano incentivi a rimanere a lavoro anche in età avanzata, come incentivi ai datori di lavoro, un orario più corto o più flessibile, e investire nella formazione di chi ha l’esperienza ma non le competenze professionali di un mondo che cambia velocemente.