Operaio si impicca dopo licenziamento: “Azienda lo faceva pedinare da mesi per incastrarlo”

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Simone Sinigaglia, l’operaio 40enne suicida dopo aver ricevuto la lettera di licenziamento, era seguito da mesi da investigatori privati assoldati dall’azienda per incastrarlo.

A renderlo noto è stata la famiglia tra cui il fratello, che lavora nella stessa ditta padovana anche se in un reparto differente. Al centro delle contestazioni, infatti, vi era la ripetuta violazione delle norme legate alla cosiddetta legge 104, la normativa per l’assistenza ai familiari diversamente abili. “In agosto mio fratello aveva ricevuto una lettera di richiamo perché si era preso due giorni di permesso per le cure parentali. Troppi dicono. Gli hanno messo un detective dietro, lo hanno sorvegliato per mesi per poi incastrarlo definitivamente” ha raccontato il fratello Davide al Corriere del Veneto. È stato lui il primo a capire le intenzioni del 40enne dopo aver ricevuto uno degli ultimi due sms della vittima che lo informava: “Sono stato licenziato in tronco, la faccio finita”.

Simone Sinigaglia, il fratello: “Potevano chiamarmi”

Davide ha capito subito che erano minacce serie, ha cercato di allertare immediatamente i soccorsi ma purtroppo per Simone non c’era più nulla da fare: si era impiccato al ramo di un albero subito dopo gli sms. “Non so se hanno ragione loro ma il modo, il metodo con cui l’hanno fatto.

Glielo devi dire a uno che sta sbagliando, che non si fa così. Dovrebbero mettersi una mano sul cuore e chiedersi se doveva proprio finire così” ha aggiunto Davide Sinigaglia, aggiungendo: “Potevano chiamarmi, potevano dargli una multa, fargli un richiamo, non si mette una pietra al collo ad un essere umano così per poi abbandonarlo”.

Azienda: “Nulla lasciava presagire”

“Simone era una persona onesta. Tutti noi eravamo a conoscenza del fatto che aveva richiesto i benefici della 104 per accudire la zia e si era messo a fare dei lavori nel giardino della zia ma era tranquillo. Non pensava certo di violare la legge” ha raccontato il fratello, ricordando: “Anche quando è stato richiamato la prima volta diceva che tutto si sarebbe chiarito”.

“A metà dicembre gli era stata inviata la lettera di contestazione e venerdì della scorsa settimana l’abbiamo incontrato in azienda assieme al rappresentante sindacale per l’audizione. Tutto è stato effettuato come prevede la norma. Sono decisioni non facili e non si basano certo sul sentimento, ma su fatti oggettivi” assicurano dall’azienda ricordando che l’uomo non aveva mai dato segni di quanto stava per mettere in atto. “Anche mercoledì quando gli è stata consegnata la lettera di licenziamento tutto si è svolto con toni tranquilli” assicurano.

Cgil:”Gli uomini che lavorano non sono macchine

“La pratica diffusa delle aziende di assoldare investigatori privati per seguire e controllare i lavoratori è per noi inaccettabile e il fatto che sia legalmente legittima non esime dall’esprimere un giudizio di valore. Noi crediamo che questo sia uno dei sintomi più evidenti dell’imbarbarimento dei rapporti di lavoro, dove sempre più spesso vige la legge del più forte” denunciano il segretario generale della Cgil Padova e il segretario generale Filctem Cgil Padova in una nota.

“Si è persa completamente la sensibilità che dovrebbe far valutare gli effetti devastanti che può determinare la perdita del lavoro su una persona che non ha altri mezzi per potersi sostentare. Le donne e gli uomini che lavorano non sono macchine, che si possono spegnere senza che questo determini particolari conseguenze. Sono esseri umani con le loro vite, le loro fragilità, i loro problemi e come tali dovrebbero essere trattati” continuano o sindacalisti, concludendo: “Sul rispetto della legge, infine, dovrebbero vigilare gli organismi pubblici, non investigatori privati pagati dalle aziende. Il dramma che si è consumato e che è costato la vita a una persona di appena 40 anni sia almeno di monito per il futuro”.