Un’altra storia legata a questo maledetto virus che non soltanto ti uccide, ma ti strappa alle persone più care anche per un ultimo saluto, un bacio. E se ti vengono a prendere in ambulanza per portarti in ospedale e poi in un reparto di Terapia intensiva, sai già che se dovesse andare male non avrai la possibilità di riabbracciare i tuoi cari, i tuoi famigliari. Ed è successo così anche nel Reparto di Terapia per intensiva del Martini di Torino. A raccontarlo, attraverso un lungo post su Facebook è Noemi Bonfiglio, infermiera in quel reparto. Il suo racconto è stato ripreso da La Stampa e in breve tempo ha inondato i social commuovendo l’Italia intera. Sono le 20:30 del 23 marzo 2020. “Signora, facciamo una videochiamata con sua figlia? Vediamo se risponde!”.
La signora è una paziente colpita dal Covid-19 e attaccata ad un respiratore. Il racconto è straziante e segue, passo dopo passo, quel saluto, quasi un addio, tra una madre e una figlia. Eccolo, integrale, il suo post, lasciato sul suo profilo personale da Noemi, un’infermiera dal cuore d’oro. “Squilla il telefono ed ecco, dall’altro lato della fortocamera, l’immagine di una figlia con occhi lucidi che finalmente, dopo giorni di ricovero, rivede la sua mamma in un letto di ospedale, accerchiata da operatori sanitari completamente bardati fino a non poterne scorgere neanche il viso, un monitor che suona di continuo, un casco in testa che non permette di parlare, un respiro difficile e affannoso, la stanchezza dovuta alla malattia…”.
“E dall’altro lato si odono parole dolci e tristi, leggere e pesanti allo stesso tempo: ‘Sei sempre stata una guerriera mamma, non mollare mai, siamo tutti con te!’. Ed io lì accanto, dietro la mia mascherina a provare brividi e lacrime di unica emozione. Non saprei neanche dire di che emozione si tratti… So solo che non la dimenticherò mai. Probabilmente questa è stata l’ultima volta in cui una mamma ha potuto vedere sua figlia e le ha potuto dire ti voglio bene! Non importa chi venga colpito e a quale età, questo virus molto velocemente separa legami fino a spegnerli anche definitivamente”.
“Non auguro a nessuno di vedere ciò che sto vedendo in ospedale nelle ultime settimane, ma so che se solo fosse possibile far provare a tutti quell’emozione provata durante quella videochiamata, sarebbero in molti a dire quel ‘ti voglio bene’ in più… Sarebbero in molti ad essere più comprensivi col prossimo, non solo con noi infermieri, tanto immeritatamente bistrattati in giorni di pace quanto troppo osannati in giorni di guerra, ma con tutti quanti, dall’impiegato delle poste alla vicina rompiscatole…”. Conclude l’infermiera: “Sono sicura che sarebbero in molti a cominciare a fare la cosa giusta… E non perché glielo impone un decreto. Sembra una sottile differenza, ma vi assicuro che non lo è. #iorestoacasa”.