Eleonora Giorgi, sono travolta dai messaggi di donne che dicono di avere sempre sognato un ragazzo romantico come Paolo

Questo articolo in breve

Carissimo Paolo, sei entrato nella Casa del Grande fratello Vip l’8 gennaio. Tredici settimane fa. Quella mattina ti guardavo andar via in auto verso quest’avventura piena d’implicazioni complesse e faticose, e mi chiedevo, con apprensione, se al tuo ritorno avrei trovato la stessa persona: il ragazzo profondo, riflessivo, riservato e infinitamente buono che sei sempre stato. O se i meccanismi, vagamente alienanti della reclusione e della convivenza forzata, che avevo ben conosciuto da concorrente solo un anno fa, avrebbero intaccato queste tue preziose qualità. Mi chiedevo anche se avrei sopportato con facilità di non poterti né vedere, né parlare per

un possibile, lungo periodo di tempo. Così è stato inevitabile precipitare, quasi ossessivamente, nella visione della diretta televisiva del programma, appena il lavoro me ne lasciava il tempo. Ho iniziato a vivere in simbiosi con te e con gli altri inquilini scoprendo, con piacere, che molti elementi del tuo carattere di bambino, erano sopravvissuti intatti nell’adulto ormai ventottenne. Soprattutto il tuo modo di rapportarti agli altri, la tua capacità solare di coabitare con le peculiarità di ognuno, anche quelle più scomode, e la tua paziente capacità di accoglienza. E sai Paolo, di colpo, attraverso i social, sono iniziati ad arrivarmi decine, centinaia, poi migliaia di messaggi pieni di stima e di affetto per quello che di te appariva a tutti. Inutile dirti la mia gioia e il mio orgoglio. Apprezzamenti da ogni dove, per la tua sensibilità e per i tuoi valori, di cui ho mille ricordi nel tempo.

Tu a tre anni, con me al supermercato, unico ad accorgersi che un ragazzo, evidentemente drogato e terribilmente devastato, rubava prodotti, nascondendoli nel cappotto, e il tuo esserne sconvolto, e poi affranto e inconsolabile. Il tuo sguardo incredulo, a cinque anni, quando un bambino più grande ti aveva strappato di mano il pallone con prepotenza e il tuo evitare reazioni aggressive. E poi la cura attenta, paziente e commovente con la quale mi avevi accudita, a soli sette anni, quando una robusta influenza mi aveva atterrata. E sempre tu, a dieci anni, ormai capitano della tua squadra, che di fronte a una tribuna di genitori rissosi che avevano preso a picchiarsi, hai interrotto la partita e sei andato a stringere la mano dell’altro capitano. E lì sei rimasto: serio e immobile. Quel tuo nobile gesto aveva suscitato vergogna nel pubblico che, di lì a poco, aveva cessato le ostilità.

E più o meno sempre a quell’età la tenerezza con la quale rispondevi alle tante, piccole, dolcissime ammiratrici del circondario che venivano a citofonarti per poi scappare vergognose. Già avevi le ammiratrici perché, diciamolo, eri proprio carino, ma non ne facevi né un vanto, né un motivo di superbia… Insomma: non te la sei mai tirata! Per non parlare di quando, a vent’anni, con amore e attenzione, hai accompagnato lo zio nei suoi ultimi due mesi di calvario terminale. Sempre pronto a portarlo all’ospedale, a fargli compagnia e a preparargli la cena. Capisco che come madre potrei non essere del tutto lucida riguardo a mio figlio, e magari questi ricordi possono apparire come delle banalità, ma sono sempre stata fiera di queste tue caratteristiche. Anche se non ti nascondo che vederle riconosciute dal pubblico mi ha creato una grande apprensione che tu potessi cadere, chissà perché, in qualche passo falso.

E in vece no, non è mai successo. Hai continuato il tuo percorso retto e onesto, anche quando le situazioni hanno iniziato ad essere molto coinvolgenti e complicate. Perché è stato complicato, credo, scoprirti di colpo attratto, rapito d’amore, per una concorrente conosciuta lì, sotto gli occhi di tutti. Io guardavo e capivo, forse prima ancora di te, il tuo lento e progressivo avvicinamento fatale a quella ragazza affascinante, bella e dal candore intelligente, il cui solo nome già appariva promessa di delizie: Clizia. Del vostro amore vissuto sotto ai nostri occhi, una sola immagine: il primo bacio. Quel precipitare l’uno negli occhi dell’altra, quella tua mano dietro la sua nuca, quel sorriso intenso e invitante col quale hai avvicinato il suo volto al tuo: sembrava la scena di un film. Ma a me pareva di violare così tanto la tua intimità che ho distolto gli occhi.

Il pubblico però mi ha travolta di messaggi e non sai quante donne di ogni età mi hanno confessato di aver sempre sognato, invano, un bacio come il vostro, romantico, intenso e appassionato. Penso che poi sia stata ancor più complicata da sopportare la brusca interruzione del vostro amore nascente, a causa dell’uscita di Clizia dal reality, e l’abbandono del gioco di quello che era stato, fino a quel momento, il tuo migliore amico: Andrea Montovoli. Per non parlare, poi, dell’abbattersi della pandemia del Coronavirus sulla nostra vita, e di tutti gli echi angosciosi e disperati a voi giunti in quel di Cinecittà. Non sai quanto ho sofferto nel vederti piangere preoccupato, afflitto e impotente, e non sai quanto ho apprezzato le tue lacrime e la tua sofferta dignità. Mancano poche ore alla fine di questo lungo viaggio, e non sarà semplice per te fronteggiare di colpo una realtà esterna tanto mutata, faticosa e preoccupante. Ma sono certa che l’affronterai con la tua consueta, riflessiva e forte pazienza. Come tu hai detto di me: “Sei la mia colonna portante” e io non vedo l’ora di rivederti e di averti di nuovo accanto a me. Mamma»