Sophia Loren torna a lavorare a 85 anni grazie a suo figlio

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Questo film vuole trasmettere un messaggio di tolleranza, di perdono, di immenso amore perché tutti noi abbiamo il diritto di essere visti, di essere ascoltati, di essere amati, di realizzare i nostri sogni. Altrimenti sarebbe impossibile vivere».

Queste le intense parole con cui Sophia Loren parla del film che segna il suo ritorno sul grande schermo, dopo molti anni. La pellicola si intitola La vita davanti a sé ed è diretta dal figlio regista della Loren, Edoardo Ponti. È visibile on line su Netflix a partire dal 13 novembre. Tratto dall’omonimo romanzo di Romain Gary, è un’opera commovente che racconta la storia di Madame Rosa, un’ebrea sopravvissuta all’Olocausto, ex prostituta, e della sua amicizia con il piccolo Momò, un bambino senegalese scontroso e irascibile, magistralmente interpretato dal bravissimo Ibrahima Gueye, alla sua prima esperienza cinematografica.

Un rapporto inizialmente conflittuale, quello dei due protagonisti, che si trasformerà alla fine in un legame forte, tenero e solidale. Un inno alla fratellanza, all’amore, alla solidarietà oltre ogni barriera sociale. Un film che parla anche di un grande amore, quello tra madre e figlio. La star, infatti, si è convinta a tornare sul set dopo anni di assenza proprio per assecondare una richiesta di Edoardo, e perché rapita da un ruolo che ha atteso per tutta la vita. «Volevo fare questo film ad ogni costo e quando abbiamo cominciato a girare, sono stata davvero felice», ha raccontato la Loren, con delicata commozione.

«Felice per me che avrei finalmente avuto un personaggio meraviglioso e per mio figlio che avrebbe fatto un film bellissimo. Sono rimasta lontana dai set per tanto tempo ma devo ammettere che non me ne sono neanche accorta», ha continuato Sophia. «Avevo bisogno di far riposare il mio cervello, avevo bisogno di silenzio e di stare con i miei figli, di vederli crescere perché prima di questa mia lunga assenza non li avevo visti tanto. Quindi, con loro ho deciso di trascorrere una vita di famiglia come se fossi una signora che ha lavorato a lungo e che ha deciso di fermarsi un po’».

Ma il richiamo del cinema, e dell’amore materno, è stato alla fine troppo forte: «È venuto mio figlio a parlarmi della storia di Madame Rosa che io già conoscevo abbastanza bene e che mi ha intenerito moltissimo, riportandomi con la mente indietro nel tempo, a quando ho iniziato a fare cinema. Ho voluto interpretare Rosa perché non si trattava di una storia qualunque ma di una storia per me importante». E si tratta indubbiamente di un ruolo molto appassionante, quello di Sophia. Il passato difficile e sofferto dell’ex prostituta ebrea scampata allo sterminio nazista ha rievocato nella Loren i ricordi della sua infanzia difficile. «Certe cose, quando accadono nella vita di una persona, non si dimenticano più, restano presenti, rimangono dentro », ha spiegato.

«Io, durante la guerra, ero piccolina, avevo quattro anni. Si parlava del conflitto, delle incursioni, delle bombe. Ho vissuto tutto ma quando si vivono certe esperienze in tenera età non si riesce a capire realmente cosa significhi la morte e cosa rappresenti la vita. Solo crescendo, si comincia a comprendere ciò che si è vissuto». Le difficoltà vissute hanno reso più forte il personaggio cardine del film, Madame Rosa, che per la sua forza d’animo e per la sua caparbietà ha ricordato alla Loren l’immagine della sua cara madre, Romilda Villani. Una frase, in particolare, «È proprio quando non ci credi più che succedono le cose più belle», ha restituito a Sophia il ricordo della mamma.

«Lei era molto legata a questa citazione poiché nella sua vita ha vissuto delle esperienze poco belle con mio padre. Questa frase mi è rimasta molto impressa; mia madre la ripeteva sempre nei momenti in cui era giù di morale, quando vedeva tutto nero. Lei era una donna che parlava tanto, che si faceva sentire, era un’artista, suonava benissimo il pianoforte e, quando sono sbarcati gli americani, siamo riusciti a sopravvivere proprio grazie alla sua arte, che ci ha permesso di racimolare i soldi necessari per poter mangiare. Mia mamma è stata un personaggio fondamentale per la mia famiglia, per le sue cose belle che poteva fare con la sua bellezza e il suo talento». Un talento, quello della Loren, sbocciato a Napoli, città a cui è particolarmente legata, pur vivendo ormai, da anni, all’estero. «Quando si nasce a Napoli non lo si dimentica più.

Io sono fiera di essere napoletana, delle parole napoletane, dei modi di vivere e di tante altre cose», dice orgogliosa. «Io sono napoletana al mille per cento e questo non lo dimenticherò mai. Se devo cantare una canzone napoletana lo faccio perché Napoli è nel mio cuore ed è stata in fondo anche la mia fortuna». Anche perché proprio qui la Loren ha incontrato Vittorio De Sica, che l’ha lanciata nel grande cinema. «Anche se lui era un napoletano di vicino Napoli», ironizza.

«Una scuola d’arte meravigliosa quella, un momento felice della mia vita. È stata una fortuna averlo conosciuto». La pellicola diretta dal figlio Edoardo però è stata realizzata nella città di Bari che per caratteristiche ha ricordato alla Loren proprio la sua amata Napoli. «Mi sono trovata benissimo a Bari.

I silenzi, il clima, il mare, la spiaggia mi hanno ricordato la mia terra d’origine, è stato tutto meraviglioso», dice. E alla domanda se avesse in mente un personaggio che le sarebbe piaciuto interpretare ma che non ha mai potuto rappresentare, risponde: «Tanti anni fa, ho avuto un contatto col grande regista Luchino Visconti che mi propose di fare la monaca di Monza. Non l’ho più fatta, per ragioni che neanche ricordo, ma si trattava di un ruolo che amavo moltissimo e che avrei davvero voluto portare in scena».

Chi vedrà il film potrà poi constatare l’alchimia particolare che si è creata sul set tra il regista e la prima attrice. Cosa che non stupisce, visto che si parla di madre e figlio. Conferma Edoardo Ponti: «È la terza volta che lavoro con mia madre e spero che sia la terza di tante altre volte perché è stata un’esperienza indimenticabile. Com’è lavorare con lei? In verità, niente di ciò che posso dire a riguardo mi soddisfa pienamente poiché non esistono parole adatte a descrivere il nostro legame, la fiducia reciproca che nutriamo l’uno nei confronti dell’altra, la forza che ci diamo a vicenda.

Il nostro è un rapporto speciale e mi commuovo sempre quando ne parlo», spiega. Ponti ha poi elogiato sua madre per l’eccezionale professionalità con cui affronta ogni lavoro cinematografico. «Mia mamma si avvicina a ogni film come se fosse il suo primo film, con quell’ansia ma anche con quella spontaneità per cui nulla appare mai scontato. Per lei, ogni giorno è sempre il primo giorno e si dedica al proprio mestiere quasi si trattasse dell’opera della sua vita. È questo che la rende la persona eccezionale e l’artista straordinaria che è».

Un amore incondizionato quello di Edoardo per Sophia che lo ha spinto ha girare una delle scene del lungometraggio su di una terrazza, sotto la pioggia, in omaggio ad un film storico di sua madre. «Ho ambientato una sequenza sulla loggia sulla scorta del mio film preferito di mia mamma Una giornata particolare. Non l’ho mai detto prima, è uno scoop: ho realizzato quella scena, con quei panni, quasi a voler ripercorrere l’itinerario artistico di mia madre». Edoardo Ponti poi parla del coinvolgimento di Laura Pausini per la canzone finale del film, dal titolo Io sì (Seen), scritto dalla popstar statunitense Diane Warren.

«Quando Diane ci ha proposto la sua canzone, volevamo trovare una cantante con radici italiane ma, allo stesso tempo, con una voce internazionale e non c’è dubbio che Laura non solo abbia una bellissima voce ma ha anche il temperamento e il cuore giusto». Quel cuore che è sempre stata la “marcia in più” che Sophia ha sempre saputo mettere nei suoi personaggi e che il figlio Edoardo, certo, ha saputo pienamente valorizzare in questo film. C’è già chi parla di candidatura all’Oscar, ma è troppo presto. E in fondo, per Sophia, non sarebbe una novità, avendolo già vinto per La ciociara e un altro, pochi anni fa, alla carriera. L’Oscar più bello per lei, ne siamo certi, è avere avuto accanto il figlio in questa nuova straordinaria avventura.