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Questo articolo in breve

Ventuno anni – compiuti il 12 ottobre – li ha soltanto per la carta di identità. Jens Petter Hauge, per chi l’ha conosciuto in queste settimane a Milano, è molto più maturo rispetto alla sua età anagrafica.

Lo sa bene pure Stefano Pioli, piacevolmente sorpreso nel vedere il ragazzo, di ritorno da Praga, studiare l’italiano anziché dormire, come era peraltro lecito vista l’ora – le tre del mattino – il cui l’aereo ha toccato terra a Malpensa (stesso copione pure nel volo di andata). Insieme alla grammatica, dalla Repubblica Ceca Jens Petter ha portato pure lo scalpo dello Sparta, in quella che sta diventando “l’Hauge League” in cui ha già segnato 6 gol nelle 8 gare giocate, comprese quelle nei preliminari quando era ancora al Bodo/Glimt.

La rete più importante, l’ha realizzata proprio contro il Milan a San Siro quando è scattata definitivamente la scintilla. Perché è vero che lo scouting rossonero da un po’ di tempo seguiva il ragazzo, ma è stato determinante nella decisione finale vedere come Hauge potesse essere competitivo contro la difesa composta dai suoi futuri compagni di squadra. «È vero, il Milan lo stava seguendo da tempo, la partita di Europa League ha dato ulteriori conferme delle sue qualità – racconta Patrick Bastianelli, partner italiano di Atta Aneke, procuratore del norvegese – Jens si è presentato con un gol e un assist, un bel biglietto da visita…».

Quando Paolo Maldini ha deciso di accelerare, ha trovato strada spianata: «Ha scelto il Milan per la sua grande tradizione, la storia della società, per il nuovo importante progetto sportivo e per il fascino che può dare il fatto di giocare a San Siro». GIà. E dire che mezza Europa lo voleva, in primis il Lipsia che – come sa bene pure Ivan Gazidis – è sempre in prima fila sugli under 21 più promettenti in circolazione. Affare low cost (5 milioni per il cartellino e 5 anni di contratto) che è comunque costato un sacrificio ad Hauge, costretto a interrompere la sua storia con il Bodo prima che il titolo norvegese diventasse matematico. Jens Petter, un fratello e una sorella entrambi calciatori, ha scelto il centro di Milano per vivere.

In casa è solo e può concentrarsi sul primo obiettivo per integrarsi alla perfezione nel nuovo mondo: imparare la lingua. Il Milan gli ha messo a disposizione un insegnante, ma lui – non contento – si è fatto consegnare articoli di giornale e quant’altro per velocizzare l’apprendimento: «Questo fa capire la mentalità e il carattere del giocatore – spiega ancora Bastianelli – è il classico esempio che identifica la sua personalità e il fatto di essere attentissimo ai particolari e ai dettagli.

Conoscendolo, mi ha colpito la sua maturità, non da un ragazzo di 21 anni. Ha davvero una marcia in più e si vede anche dal coraggio e dall’istintività che mette nelle giocate». La tecnica, il “gemello” di Haaland, l’ha imparata giocando da ragazzino a futsal, sognando di diventare il nuovo Hazard, idolo da tifoso del Chelsea quale era. E i tifosi rossoneri non vedono di vederlo all’opera, quando (finalmente) riaprirà San Siro.

Milan Parma si disputerà, Domenica 13 dicembre 2020, alle ore 20.45  La partita sarà visibile sui canali Sky e nello specifico sui canali Sky Sport, sia sul satellite che sul digitale terrestre ed ancora Sky sport Arena al numero 204 del satellite.

Ovviamente chi vorrà potrà seguire anche il match in diretta streaming. Gli abbonati potranno affidarsi a Sky Go per poter vedere il match, scaricando l’app su dispositivi mobili quali computer e notebook o ancora tablet e smartphone. Ci sarebbe ancora un’altra possibilità, ovvero guardare il match su Now Tv, il servizio di streaming live e on demand di Sky che da la possibilità di poter assistere ai più importanti incontri di calcio, ovviamente dopo aver acquistato uno dei pacchetti offerti.

In primis il rispetto per le persone. Perché Stefano Pioli è così: prima di cominciare a rispondere alle domande sul Milan e sul nuovo match di campionato, il pensiero e le parole vanno a un grande calciatore e grande uomo che non c’è più: «Ci tengo a ricordare Paolo Rossi, è stato un mio compagno di squadra e un campione di normalità.

La sua generazione è cresciuta con quei Mondiali, ma Paolo è rimasto sempre sorridente e semplice, ci mancherà tanto ma sarà sempre dentro di noi». Campione di normalità, Pablito, che è poi la linea di principio di Pioli, anche se il suo Milan sta facendo qualcosa di straordinario e vuole continuare a correre, per festeggiare il Natale da capolista. E magari incorniciare il 2020 da squadra imbattuta in campionato dopo la ripresa, finito il lockdown, in quella che sembra una lunga corsa a tappe per la gloria: «Sono un grande appassionato di ciclismo, quattro partite sono poche, per vincere una corsa bisogna pensare a una tappa per volta.

Stiamo scalando una vetta ancora lunga e difficile, dobbiamo pensare al Parma». Sì, quel Parma che, secondo Pioli, «è una buona squadra, con caratteristiche che possono metterci in difficoltà: dovremo stare attenti quando avremo la palla senza forzare le giocate».
Parlare di scudetto è affrettato per il tecnico rossonero, considerando anche il valore delle rivali, ma è meglio non dargli del “troppo prudente”: «La mia non è prudenza, è una valutazione sugli organici.

Anche noi siamo forti e lo stiamo dimostrando, non dobbiamo cambiare il nostro atteggiamento, ovvero ritenere la prossima partita la più importante. Bisogna pensare una partita alla volta e cercare di passare un bel Natale noi e ai nostri tifosi». E magari per l’Inter non avere gli impegni d’Europa sarà un vantaggio. O forse no: «Non lo so, è vero che non avere appuntamenti in Europa ti permette di lavorare di più, ma poi può nascere la difficoltà di gestire tanti giocatori.

Noi siamo contenti del nostro percorso, i primi due obiettivi li abbiamo centrati. Andiamo avanti nel nostro percorso, un avversario alla volta. La settimana dei sedicesimi sarà molto stimolante e avremo il derby in mezzo alle due partite».

Un sollievo, per Pioli, è aver capito subito che il Milan non è Ibra-dipendente: «Senza Zlatan il nostro modo di giocare non è cambiato così tanto, ogni singolo elemento ha le proprie caratteristiche: Leao ha più libertà, Rebic è sempre bravo ad attaccare la profondità. Ad Ante manca il gol: è chiaro che per un attaccante è importante segnare, ma per me conta più il lavoro della squadra, così come sono fondamentali movimenti e assist». E intanto si gode Hauge: «Ha tutto per migliorarsi, ha ampi margini, la sua conoscenza dei nostri metodi e della lingua non è ancora massimale».

Il recupero di Ibrahimovic e Kjaer è questione di giorni: «Stanno procedendo bene con i loro infortuni, la loro intenzione è di tornare il più presto possibile, stanno puntando la gara di mercoledì. Mi auguro di riaverli il prima possibile ma non dobbiamo commettere errori. Stanno bene, i loro allenamenti stanno procedendo molto bene. Però io e lo staff dobbiamo valutare bene le loro condizioni, ci auguriamo anche noi di averli il prima possibile ma non dobbiamo rischiare niente».

Con le sue parole, Pioli ha anche voluto stimolare Leao: la qualità c’è, ma a volte manca la necessaria determinazione per poter fare la differenza. «Lui è un ragazzo molto intelligente, ma a volte non trasmette tutta la voglia che dovrebbe avere un ragazzo giovane. E’ molto volenteroso e a volte sembra ciondolare, deve giocare come nel cortile, cercando sempre di fare gol. Sta facendo molto bene, tre settimane fuori non sono poche, tuttavia deve compiere uno sforzo in più ma ci darà grandi soddisfazioni».

Il Milan dovrà fare a meno, ancora, di Zlatan Ibrahimovic. L’attaccante svedese ha proseguito nel lavoro personalizzato a Milanello, ma non sarà a disposizione di Stefano Pioli per il match di questa sera contro il Parma. Lo stato di forma di Ibra viene monitorato giornalmente e a Milanello non vogliono rischiare nulla, tanto è vero che anche sulla trasferta di Genova di mercoledì prossimo iniziano ad esserci dei dubbi sulla sua presenza. Tutto dipenderà da lui e dalle sue sensazioni.

Se domani tornerà a lavorare in gruppo, allora potrebbe essere della gara – dall’inizio – al Ferraris, in caso contrario saranno i suoi compagni a dover portare avanti il lavoro. Ibra, da quello che filtra, vorrebbe spingere sull’acceleratore, ma il rischio di affrettare il rientro potrebbe riservare imprevisti poco simpatici all’economia di squadra.

In realtà il Milan, nel corso delle ultime tre settimane, ha dimostrato di esser diventata una squadra matura, in grado di sopperire all’assenza del suo totem svedese inanellando diversi risultati utili consecutivi in campionato fino a stabilizzarsi in vetta alla classifica ed è stata anche in grado di vincere il girone di Europa League, con le seconde e terze linee che hanno dato risposte importanti.

Certo, nessuno a Milanello si priverebbe a buon mercato di Ibrahimovic, ma meglio averlo al top della condizione piuttosto che rischiare. Ma con Zlatan, si sa, tutto è possibile ma è altrettanto vero che gli ultimi infortuni che ha avuto a livello muscolare, non gli hanno mai consentito di rientrare in anticipo rispetto alla tabella di marcia.

Un’ulteriore prova di maturità per Kessie e compagni, soprattutto per Rebic e Leao, che là davanti saranno chiamati a sopperire alla mancanza dei gol e della presenza di Ibrahimovic, dimostrando che il gruppo squadra è maturato tanto e ha saputo fare quadrato anche nei momenti di maggior difficoltà sia a livello numerico sia per le assenze forzate di tasselli cardinali del mosaico milanista come lo svedese, ma anche quella di Pioli. Ibra, nell’intervista rilasciata alla BBC, ha parlato così del momento della squadra: «Siamo in una forma incredibile, stiamo facendo davvero bene. Ma non abbiamo ancora vinto nulla, questo dobbiamo tenerlo bene a mente».

Uno come lui, che in teoria non avrebbe più niente da dimostrare a nessuno, continua a nutrirsi di motivazioni, di sfide, che lo fanno sentire giovane e ancora più forte: «Ho tanta esperienza, il gol non è mai stato un problema, continuo ad andare avanti. Non sono lo stesso giocatore che ero cinque anni fa e non sono lo stesso giocatore che ero dieci anni fa, tutti quanti cambiamo dal punto di vista fisico. Sono onesto nel dire che non corro come correvo prima, ora lo faccio in modo più intelligente. Il motivo per cui dico che la Serie A è il campionato più difficile per un attaccante è che è davvero molto tecnico, e in Italia la filosofia è quella di non subire gol piuttosto che farne uno in più. Mi sento come se qui avessi vissuto diverse generazioni. Ho giocato contro Paolo Maldini e ora suo figlio Daniel è un mio compagno di squadra. Magari potrò giocare anche con il figlio di Daniel, sarebbe un miracolo» e sul tenere in vetta il Milan, riportandolo ai piani alti della classifica, ha detto: «Sono le cose che mi fanno sentire vivo».

Ci sono almeno due classifiche che vedono il Milan capolista: l’obiettivo di stasera è aggiornarle entrambe. Avviare la grande fuga di Natale è il primo imperativo. La partita è abbordabile, così come il prossimo calendario: ne resterebbero solo tre (Genoa, Sassuolo, Lazio) prima della sosta. La vetta, e per distacco, sarebbe un regalo che i tifosi rossoneri non scartano da tempo. La graduatoria della Serie A premia i rossoneri da otto giornate consecutive, una permanenza in alto che non durava così tanto dalla stagione dell’ultimo scudetto, 2010-’11. Ora occorre la prova del nove: la squadra manterrà comunque il comando, ma per tenersi in fuga deve conquistare la nona vittoria in campionato in undici giornate. In 86 precedenti partecipazioni alla competizione, il Milan ha fatto meglio a questo punto del campionato solo nel 1954-’55, più o meno venticinquemila giorni fa.
Primo per bomber L’altra classifica in cui il Milan, a oggi, vale il titolo è quella del numero di marcatori differenti mandati in gol. In questa squadra segnano tutti: difensori, centrocampisti, attaccanti, titolari e non. Segnano se sono mandati in gol da Ibra ma anche quando Zlatan non c’è. Sono 13 in tutto i goleador rossoneri: ovviamente Ibrahimovic, poi Kessie, Diaz, Leao, Theo, Colombo, Calhangolu, Saele-maekers, Castillejo, Romagnoli, Hauge, Dalot, Krunic. In questa specialità è la Roma a inseguire a quota 12, sulle altre è di nuovo avanti per distacco: l’Inter è a 9, la Juventus a 8. Il Milan ha un modo semplice per muovere ancora la classifica: all’appello dei bomber manca Rebic, marcatore infallibile dei primi mesi dell’anno. Rebic aveva preso a segnare undici mesi fa, con una doppietta all’Udinese: da lì aveva aggiunto altre nove vittime in campionato e una in Coppa Italia. Con dodici gol era diventato il capocannoniere rossonero: a proposito di classifiche, era lui che precedeva Ibra. Quest’anno, in dieci uscite totali, Rebic è ancora a secco: ha saltato diversi appuntamenti (3 in A, 2 in coppa) tra l’infortunio al gomito subito a Crotone a fine settembre, e la squalifica che lo ha costretto a saltare le prime tre partite di Europa League. Attenuanti a parte, resta il dato oggettivo: lo zero nella casella dei gol stagionali. Quella degli assist è più ricca, 5 in tutte le competizioni, motivo per cui Pioli lo sostiene: «Rebic attacca più la profondità, e deve concentrarsi su questo. Gli manca il gol, segnare è importante per tutti gli attaccanti: ma per me conta di più il lavoro per la squadra e lui è fondamentale in questo».

L’occasione di stasera è ghiotta: a Rebic toccherà ancora il centro area, privo di Ibra. Avvicinarsi alla porta avversaria, e non partire come esterno mancino, gli sarà certamente d’aiuto. A sostenerlo ci sarà un tridente inedito: Castillejo dovrebbe vincere il ballottaggio con Saelemaekers a destra, a Calhanoglu toccherà la zona opposta. Hauge entrerà in corsa, magari come Leao («lo frega il suo “ciondolare” in campo, gli dico di divertirsi come fosse nel cortile», il messaggio di Pioli): il trequartista scelto sarà Brahim Diaz. Tutti i compagni d’attacco hanno già fatto la loro comparsa nel tabellino marcatori. Rebic no, aspetta la notte giusta.