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Antonio Conte sbaglia spesso modi e toni delle risposte, specie dopo che ha perso. Eppure resta uno dei migliori allenatori per provare a vincere uno scudetto.

Nei giorni in cui è facile istruire processi al suo operato, varrà ricordare che il Feroce Salentino è stato preso per vincere lo scudetto, 10 anni dopo Mourinho, e non per la Champions, come ha provato a fare la Juve cambiando gestione. Non sarebbe giusto, né intellettualmente onesto, ridurre dunque il giudizio sull’annata di Conte a quanto è successo mercoledì a San Siro.

È doloroso, per carità, molto criticabile, ma è transitorio. Nella furia del dopogara, Conte ha detto anche una cosa vera: all’Inter, tra andata e ritorno contro lo Shakhtar, le occasioni per vincere non sono mancate. Ma le ha fallite tutte. Come fallimentare è ora il riflesso dell’uscita dalla Champions, nel senso che il mancato passaggio agli ottavi – come più grave conseguenza – si porterà dietro la perdita di 15 milioni d’euro, utili per il potenziale mercato di gennaio. Conte dovrà perciò giocarsi le sue carte senza ulteriori pretese.

Il banco di prova resta il campionato. E su quello, personalmente, sarà giusto stendere un bilancio del Conte nerazzurro. Siamo alla seconda annata, un tempo ampio per valutare il manager Antonio visto a Milano. Un anno fa, con il finale eccellente tra campionato ed Europa League, l’allenatore ha dato ragione per sperare nell’ultimo balzo, che quest’anno deve fare salendo sul gradino più alto, in una stagione in cui la superiorità schiacciante della Juventus è meno schiacciante. È vero che con Milan e Napoli si è allargato il gruppo delle concorrenti, ma l’Inter ha preso giocatori in questi due anni (230 milioni) e ha preso il migliore tecnico nel vincere tornei nazionali, quattro titoli nei 5 anni con Juve e Chelsea. Credo che nessun presidente prenderebbe Conte per la Champions, visto che al massimo ha raggiunto i quarti di finale, molti lo ingaggerebbero invece per la corsa a tappe, dove la sua grinta, la determinazione, persino i ricordati spigoli della comunicazione possono risultare decisivi.

È dunque giusto aspettare, sin dalla non facile trasferta di oggi contro il Cagliari del bravo Di Francesco, e dall’infrasettimanale contro il Napoli, altro pericoloso banco di prova. Lo diciamo ora davanti alle spade sollevate dalla critica contro Conte. In pochi giorni si dovranno digerire amarezza e contraccolpo dell’esclusione dalla Champions – unica italiana fuori dell’Europa – e trasformarla in energia e benzina con cui dare l’accelerata in campionato. Conte ha parlato spesso di “percorso”, di attenzione ai dettagli della Pinetina, dei quattro anni utilizzati dal Liverpool di Klopp per vincere. Sono armi dialettiche, schermaglie, diversivi, che non servono a comprare tempo. È del tutto evidente che tra pochi mesi si scriverà la parola finale sul Conte nerazzurro. È a un bivio: o vince o perde lui. Ed è inevitabile che suoni come un referendum.

“Proprio tu, Nicolò?”, avrà pensato Tommaso Giulini guardando Barella – ai tempi il più giovane capitano della storia del Cagliari – ribaltare la partita con un gran gol al volo e con l’assist per la capocciata di Danilo D’Ambrosio. Evento “storico” perché mai in Serie A il “Tardellino” nella stessa gara aveva fatto gol e assist.

Tra l’altro, la sua rete ha colmato un vuoto iniziato il 9 novembre del 2019, quando Barella aveva realizzato l’ultimo gol in campionato, pure quello decisivo, nel 2-1 al Verona. Come da prassi, Nicolò (accolto un anno fa tra gli applausi dai suoi ex tifosi ieri assenti per evidenti motivi…) non ha esultato. Al suo posto lo ha fatto Antonio Conte che già vedeva materializzarsi le streghe dopo i tanti gol sprecati dai suoi: «Nicolò è un calciatore molto giovane con qualità importanti.

Ha bisogno di autodisciplinarsi perché ha talmente tanta energia che per strafare commette errori e piccole ingenuità – ha sottolineato l’allenatore – ma parliamo di un prospetto da top player e il nostro compito sarà aiutarlo ad alzare ulteriormente il livello per l’Inter e pure per la Nazionale». In tal senso, Barella dovrà annotare pure la postilla fatta da Conte: tutto deve essere funzionale al palmares: «Il segno lo lasci se vinci qualcosa, altrimenti partecipi».

L’interessato, pure contro la squadra della sua terra, è stato l’anima dell’Inter, nonostante una caviglia ammaccata: «Oggi ho segnato per la fasciatura… – ha scherzato – spiace averlo fatto proprio al Cagliari ma sono un professionista, devo sempre dare il massimo per la squadra nella quale gioco. Però, ovviamente, la felicità è stata un po’ smorzata da un pizzico di dispiacere. Riscatto dopo la Champions? Ci saranno sempre i momenti difficili, ci sono stati l’anno scorso e ci saranno quest’anno. Dobbiamo essere bravi a superarli, a fare quello che ci chiede l’allenatore e a fare ciò che sappiamo fare, cioè vincere».

Una vittoria, quella dell’Inter, che ha fatto godere pure Roberto Mancini, considerato che il gol del sorpasso è stato confezionato dall’assist del centrocampista per D’Ambrosio, entrato in campo da meno di un minuto e mezzo per l’infortunio di Hakimi. Rete, come da tradizione, festeggiata facendo il gesto dell’Uomo Ragno dedicato al figlio Leo. Anche in questo caso si tratta di una rete storica per almeno un paio di statistiche: dal 2015/16 solo Kolarov tra i difensori ha segnato più di lui in Serie A (17 contro 16) mentre tirando indietro l’orologio alla stagione 2012/13, D’Ambrosio, insieme a Bonucci, Florenzi e Gonzalo Rodríguez è tra i quattro difensori ad aver segnato almeno venti gol in campionato: «Il mio mestiere innanzitutto è quello di non far prendere gol all’Inter.

Poi, se in qualche occasione riesco anche a farli, tanto meglio. Per di più se serve per portare a casa i tre punti – ha scherzato Danilo – Oggi era importante vincere per la nostra autostima e, anche se avessimo segnato due gol nel primo tempo, non avremmo rubato nulla. Perché non parliamo di scudetto? Semplice, perché in Italia c’è una squadra, la Juve, che ha dominato negli ultimi anni. Però ci chiamiamo Inter e dobbiamo essere pronti a lottare fino alla fine. La delusione e l’amarezza per non aver raggiunto il primo obiettivo della stagione c’è, ma se fossimo stati un gruppo che non teneva alla maglia o che remava contro qualcosa o qualcuno oggi non avremmo assolutamente vinto». L’unico tra gli azzurri che Conte attende ancora è Stefano Sensi, ieri però lanciato nella mischia (buon segno) nel cuore del secondo tempo: «Il Sensi che conosco oggi è lontano da quello che voglio – ha ammesso Conte – ma viene da un anno controverso. Quindi dobbiamo incrociare le dita (nella speranza che non si infortuni più, ndr) e far sì che ritrovi continuità e condizione ottimale. Ma io voglio rivedere il giocatore di inizio stagione». Che, rispetto a Eriksen, pur con piedi da trequartista, riesce a calarsi alla perfezione nel 3-5-2.

C’è qualcosa di romantico nell’attacco dell’Inter da un anno a questa parte. Qualcosa di nostalgico, come le vecchie numerazioni di un tempo. Il 9 e il 10 lì davanti, a guidare gli assalti alle difese avversarie. Con potenza e fantasia, con scaltrezza e velocità.

Di destro e di sinistro. Due giocatori complementari, che sembrano nati per giocare insieme. Due cognomi che ben si sposano per il gioco di parole. Romelu Lukaku e Lautaro Martinez sono il biglietto da visita dell’ Inter contiana, la coppia dei sogni, il tandem con cui tornare a puntare ai grandi obiettivi. Sono la spada e il fioretto. Sono la LuLa. Che contro il Napoli punta a tornare piena per lanciare un nuovo assalto al campionato.

Queste sono le loro serate e il Napoli – almeno in Serie A – è un bersaglio amico. Sei punti conquistati nel 2020 contro la squadra di Gattuso in campionato, firmati – neanche a dirlo -dalla LuLa. Doppietta di Lukaku e gol di Lautaro all’ex San Paolo, nel giorno della Befana. E guizzo vincente di Lautaro nel 2-0 di luglio, a San Siro, con tanto di esultanza polemica contro i “chiacchiericci” di calciomercato e le voci di desiderio di partenza, destinazione Barcellona. Il Toro è cambiato, maturato nella testa e nelle gambe.

Ma è diventato anche più spigoloso, più critico verso se stesso prima di tutto, ma anche duro nell’accettare la prestazione negativa o la delusione di squadra. A Genova sfogò la rabbia contro il campo dopo la sostituzione, contro lo Shakhtar ha cercato fino all’ultimo lo sguardo di Conte, per manifestare il proprio disappunto. Ma è questione di attimi. E poi di voglia di fare, di risultare sempre decisivo per la squadra.

Accanto a Lukaku è diventato grande e insieme a Big Rom ora vuole far tornare grande anche l’Inter. Nella serata storta contro lo Shakhtar ha raggiunto il prestigioso traguardo delle 100 presenze in nerazzurro. E ripercorrendo il film dell’avventura milanese impressiona la crescita veloce e feroce di Lautaro.

Il suo primo Inter-Napoli lo passò per 83’ in panchina, appena due anni fa. E con una voglia matta di entrare e lasciare il segno. Fu quella la prima notte da star, col colpo vincente in pieno recupero a decidere un big match.

Insomma, Conte e l’Inter si aggrappano ancora alla LuLa per superare uno scoglio molto duro. Specialmente a Lukaku, l’uomo dei record, sempre più anima del mondo nerazzurro. Già 20 gol in stagione tra club e nazionale, a segno in tutte le competizioni disputate tra Serie A (10), Champions (5) e Nations League (5).

Stasera la sfida con Koulibaly promette scintille e spettacolo: i due si rispettano e si stimano, e sono anche accomunati dalla lotta sociale. Romelu è un uomo in missione: di recente ha detto di sentirsi nella top 5 degli attaccanti più forte al mondo e farà di tutto per non essere smentito. Sa meglio di altri che solo i trofei portano alla gloria e lui ha voglia di cominciare a vincere da protagonista. Milano lo ha accolto come un nuovo messia e lui in pochi mesi aveva già conquistato il pianeta Inter con la semplicità del ragazzo della porta accanto e lo strapotere fisico di Hulk. E con i gol, quelli che insieme a Lautaro hanno portato l’Inter a un punto dallo scudetto pochi mesi fa. Quelli che l’Inter cerca stasera per superare l’ostacolo Napoli. Proprio come a gennaio scorso: c’è voglia di LuLa piena.

L’uscita dall’Europa ha soltanto in apparenza congelato i discorsi riguardanti la quarta punta anche perché – si sa – il mercato di gennaio è quello delle occasioni che si possono aprire inaspettatamente (in tal senso, emblematico quanto sta succedendo intorno al Papu Gomez). Antonio Conte ha chiesto una rosa più snella ma pure più funzionale al progetto, per aumentare (ipse dixit) le frecce a sua disposizione.

Questo vuol dire diversificare anche i giocatori a disposizione in un reparto, l’attacco, dove tutto ruota intorno alla “supercoppia” Lukaku-Martinez. Quasi superfluo sottolineare come l’arrivo del Papu avrebbe un effetto dirompente al pari di quello procurato dall’innesto in squadra di Goran Pandev nella stagione del Triplete (il 4-2-3-1 fu reso possibile dal macedone). Ciò nonostante, Beppe Marotta, Piero Ausilio e Dario Baccin guardano pure ad altre situazioni che prevedano la partenza di Pinamonti per trovare spazi che difficilmente gli saranno concessi da Conte nella fase discendente della stagione.

Resta vivo l’interessamento per Gervinho che, per caratteristiche, può portare una “differenza” in attacco. Però l’Inter – anche in ottica futura – non molla lo sguardo neppure da Arek Milik che, in assenza di accordi in queste settimane, sarà libero di firmare a zero. Suning, in teoria, potrebbe giocarsi il “jolly Politano”, visto che il Napoli dovrà saldare proprio a gennaio il riscatto obbligatorio dell’attaccante esterno fissato in 19 milioni più 2.5 di bonus, cifra simile ai 18 che De Laurentiis chiede per Milik.

Operazione “paracadute” per assicurarsi nel caso in cui qualche club dovesse tentare la scalata alla clausola di Lautaro in estate, anche se le pretese del polacco (6 milioni di ingaggio a stagione), sono considerate molto… importanti dal club nerazzurro.

Inter Napoli si disputerà, Mercoledì 16 dicembre 2020, alle ore 20.45  La partita sarà visibile sui canali Sky e nello specifico sui canali Sky Sport, sia sul satellite che sul digitale terrestre ed ancora Sky sport Arena al numero 204 del satellite.

Ovviamente chi vorrà potrà seguire anche il match in diretta streaming. Gli abbonati potranno affidarsi a Sky Go per poter vedere il match, scaricando l’app su dispositivi mobili quali computer e notebook o ancora tablet e smartphone. Ci sarebbe ancora un’altra possibilità, ovvero guardare il match su Now Tv, il servizio di streaming live e on demand di Sky che da la possibilità di poter assistere ai più importanti incontri di calcio, ovviamente dopo aver acquistato uno dei pacchetti offerti.

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Cinque vittorie consecutive in campionato, l’Inter non le centra dall’autunno di un anno fa quando i nerazzurri misero in fila Brescia, Bologna, Verona, Torino e Spal. Significativo il fatto che dopo il 2-1 alla squadra di Semplici (1° dicembre), l’Inter si trovò al primo posto in solitaria, complice il 2-2 della Juve con il Sassuolo.

Un anno dopo, Antonio Conte può ripetersi se stasera batterà il Napoli. Molto però è cambiato: a fare la corsa c’è il Milan, mentre l’ex ct ha cambiato pelle alla sua creatura, come certificano i 13 gol segnati nelle ultime 4 di campionato. Un’Inter che magari subirà più rispetto al passato, ma che è capace di segnare con molta più continuità, complice la possibilità di sfruttare in pieno nelle rotazioni Alexis Sanchez nonché le sgasate sulla corsia destra di Achraf Hakimi, che Conte considera un attaccante aggiunto.

Il problema è che stasera contro il Napoli, oltre a Vidal («Sarebbe rischioso farlo giocare: potremmo perderlo per un altro mese»), l’Inter dovrà fare a meno pure del Niño Maravilla che non ha recuperato dall’infortunio all’adduttore sinistro patito nel finale di partita a Cagliari.

Meglio è andata ad Hakimi che aveva avvertito un crampo da contusione al polpaccio: ieri il marocchino si è regolarmente allenato e dovrebbe essere in campo, condizionale motivato dalla presenza di un rincalzo comunque affidabile (Darmian) e dalla possibilità che Conte possa propendere per una scelta più prudente.

Fatto sta che quello con il Napoli è un vero e proprio esame scudetto anche per i problemi che assottigliano le scelte tra centrocampo (dove Eriksen farà posto a Gagliardini) e attacco. A corredo, non va dimenticato come l’Inter – che ieri non ha fatto ritiro – finora in campionato non abbia ancora vinto contro una grande: ha perso il derby e pareggiato (sempre 1-1) a Roma con la Lazio e a Bergamo con l’Atalanta.

Tutto questo nonostante i bookmakers, dopo l’uscita dalla Champions, considerino i nerazzurri favoriti per il titolo. Scelta di campo che a Conte fa venire l’orticaria: «Mi viene da sorridere, quando sento parlare di obbligo di scudetto – ha sottolineato con una smorfia l’allenatore – Ci sono tante squadre che partono con l’ambizione di essere protagonisti e per provare a vincere. Ma poi vince solo una.

E negli ultimi nove anni è stata sempre la stessa…». Già e chi è andato più vicino a strappare dalle mani lo scettro alla Juve è stato proprio il Napoli: «Il nostro obiettivo, come il loro, è quello di cercare di lottare fino alla fine. Quest’anno, almeno finora, in campionato c’è più equilibrio. Gli scontro diretti sono importanti, per la classifica ma anche a livello mentale: vincerli ti fa sentire più forte, ti regala certezze. Di sicuro, la gara col Napoli è stimolante. E sarà un parametro su cui fare poi delle valutazioni».

La vittoria in rimonta sul Cagliari intanto ha alleggerito la pressione sull’Inter, anche se l’Antonio continua a sentirsi, come detto in Sardegna, «con l’elmetto e sott’acqua». E pure ieri l’ha dimostrato, nella voglia di trovarsi comunque dei nemici, anche quando questi non esistono: «Mi sto abituando al fatto che, qualsiasi cosa dica o faccia, viene comunque vista sempre in maniera negativa. Ero sereno in conferenza e sono stato incolpato del fatto che non ero più io, di aver mollato. Ora invece mi state dicendo l’opposto. Diciamo che devo trovare una via di mezzo». Deve farlo pure la squadra, che segna tanto ma subisce pure molto di più rispetto al passato: «Noi dobbiamo trovare un equilibrio che è difficile trovare se andiamo dietro alle considerazioni degli altri, dobbiamo imparare a non esaltarci per una vittoria e a non deprimerci per una battuta di arresto». Già, un po’ come fanno a Torino. Il chiodo, batte sempre lì.

Vedi il Napoli e poi segni. La squadra campana è uno dei bersagli preferiti di Lautaro Martinez che non ha mai lasciato nulla di intentato contro i partenopei: solo in una partita di campionato, da quando gioca in Italia, non ha colpito. Alla luce di questa striscia favorevole, per l’attaccante argentino la formazione di Rino Gattuso sembra l’avversario ideale per ritrovare la rete che manca da tre giornate in campionato, complice il turnover applicato da Antonio Conte in parallelo con la volata finale del girone di Champions League, conclusa con una pesante delusione per l’Inter rimasta fuori anche dall’Europa League. Lautaro è stato risparmiato negli ultimi due turni di campionato con Bologna e Cagliari, quando è entrato nel secondo tempo. E non è entrato nel tabellino dei marcatori a Reggio Emilia con il Sassuolo. Quindi il suo ultimo centro in Serie A è datato 22 novembre, nella rimonta per 4-2 con il Torino a San Siro. Nel frattempo Lautaro ha digiunato anche in Champions League nelle tre partite di ritorno del gruppo.

Il calendario, almeno dal punto di vista dei precedenti beneaguranti, offre all’attaccante nerazzurro l’occasione migliore per sbloccarsi. Lautaro ha rifilato 3 gol in quattro incontri di campionato al Napoli. Il primo è stato quello dall’impatto più significativo perché ha deciso in pieno recupero la sfida di Santo Stefano del 2018, ancora bloccata sullo 0-0 dopo 93 minuti. È servita una zampata dell’argentino per regalare il successo all’Inter. Una prodezza importante anche a livello individuale per Lautaro che fino a quel momento non aveva convinto particolarmente alla sua prima stagione interista.

L’ex attaccante del Racing aveva collezionato appena due gol nelle 17 giornate precedenti, con Cagliari e Frosinone, peraltro a risultato già indirizzato a favore dei nerazzurri. Con il Napoli quindi è arrivata la firma sulla prima partitissima. Quella del ritorno sarà l’unica sfida con i campani senza gol per Lautaro in Serie A (è rimasto a secco anche nelle due gare della semifinale di Coppa Italia della scorsa stagione). Ed è anche l’unica sconfitta in campionato dell’Inter contro gli azzurri (un pesantissimo 4-1). Il numero 10 torna alla carica nello scorso campionato: firma sia il 3-1 in trasferta che il 2-0 in casa, mettendo al sicuro i punteggi aperti da una doppietta di Lukaku all’andata e da una rete di D’Ambrosio al ritorno.

Questo bottino fa del Napoli la seconda squadra più colpita da Lautaro in Serie A dopo il Cagliari. Ai sardi i gol rifilati sono 4. Ai campani 3, come a Torino e Benevento. Le prime giornate di questo campionato possano incoraggiare l’argentino che ha segnato sia ai granata che ai giallorossi. Seguendo la stessa logica, il Toro dovrebbe ripetersi anche con il Napoli. I problemi fisici di Alexis Sanchez (risentimento all’adduttore sinistro, come certificato dai controlli effettuati ieri) fanno dell’argentino l’unica spalla possibile di Romelu Lukaku.

A Cagliari era stato schierato dal primo minuto il cileno a fianco del belga, per introdurre qualche variante dopo l’amarissimo pareggio senza gol con lo Shakhtar Donetsk. In quella serata è stato proprio Lautaro il nerazzurro ad andare più vicino al gol con la traversa colpita nei primi minuti con un tiro potentissimo. Poi anche Lautato ha faticato a essere incisivo ed è stato sostituito nel finale, un cambio accolto con un certo disappunto dal Toro. Dopo quello 0-0 con gli ucraini, che ha sancito l’eliminazione in Champions, lo scudetto è diventato quasi un obbligo per l’Inter,come certificato dalle parole di Arturo Vidal, pure lui assente stasera per una distrazione di 1° grado ai flessori della coscia destra. E la sfida con il Napoli diventa la prima partitissima di questa lunga rincorsa. Lautaro non vuole mancare l’appuntamento che gli ha quasi sempre portato fortuna. Per tornare decisivo, come ha fatto la prima volta due anni fa contro il Napoli a San Siro.

Il coraggio delle proprie ambizioni si misura in partite come questa e il percorso esterno del Napoli lascia ben sperare in quello che sarebbe un clamoroso successo in casa dell’Inter. Gli azzurri hanno vinto tutte le partite in trasferta giocate quest’anno in campionato (Parma, Benevento, Bologna e Crotone) oltre a essere imbattuti anche nelle gare fuori casa giocate in Europa League: vittorie contro Real Sociedad e Rijeka, pareggio con l’Az. A San Siro contro l’Inter, poi, gli uomini di Gattuso hanno già vinto il 22 febbraio, nella semifinale di andata della scorsa Coppa Italia.

Perchè non provarci, magari alla stessa maniera? La formazione sarà certamente diversa, perchè Koulibaly stavolta ci sarà (al posto di Maksimovic), Bakayoko, Lozano (erede di Callejon) e pure Insigne sarà della gara in luogo di Elmas. Gli azzurri sono volati ieri sera a Milano per questo turno infrasettimanale in casa dell’Inter primatista nei gol segnati, sarà il banco di prova per la difesa azzurra, fin qui quasi impeccabile in serie A. Sono 11 sulla carta le reti subite dalla squadra di Gattuso, ma senza i tre gol della gara persa a tavolino contro la Juventus, il dato si abbassa fino a 8 e nessun’altra formazione ha fatto meglio. Stasera però, il Napoli dovrà confermarsi quando troverà di fronte Lautaro e Lukaku, la coppia più prolifica del campionato (l’Inter ha segnato 29 gol fin qui).

Gattuso ha le idee chiare e metterà in campo la migliore formazione, senza tener conto della prossima gara che il suo Napoli dovrà giocare, ancora una volta in trasferta, domenica sera contro la Lazio. La priorità è provare a battere l’Inter per continuare ad alimentare un entusiasmo generato da una stagione fin qui più che positiva. Ed a parlare sono i numeri: oltre ad avere la migliore difesa, il Napoli, dall’arrivo di Gattuso sulla panchina del Napoli a dicembre 2019 è la squadra che in Serie A tenta in media più conclusioni. Considerando i 5 maggiori campionati europei, solo il Manchester City riesce a fare meglio con la media di 17.5 conclusioni (rispetto ai 17.4 del Napoli). Koulibaly e Manolas saranno chiamati al compito più complicato: frenare l’attacco nerazzurro, ma toccherà anche al centrocampo fare la sua parte, con Bakayoko che sembrerebbe il calciatore più adatto a contrastare la fisicità dell’Inter.

L’unico dubbio, resta il suo compagno di reparto: il ballottaggio è tra Demme e Fabian Ruiz con quest’ultimo che ha deluso nelle ultime uscite. La sfida nella sfida dovrà provare a vincerla l’attacco azzurro, a secco nelle ultime 3 trasferte in casa dell’Inter in serie A. Gattuso dovrà ancora fare a meno di Osimhen che è fermo ai box dopo l’infortunio subito con la sua Nazionale nella gara della Nigeria contro la Sierra Leone. Il nigeriano è volato in Belgio per accelerare il rientro dopo l’infortunio alla spalla e stasera toccherà a Mertens il ruolo di prima punta, con il capocannoniere Lozano sulla destra, con Zielinski e Insigne a completare il reparto.

Da un’Inter che azzannava le partite, tramortendo gli avversari nei primi 15-20 minuti, a un’Inter che tramortisce i rivali quando le energie cominciano a calare. La rimonta di Cagliari – una gara che i nerazzurri hanno ampiamente meritato di vincere e che li ha visti rincorrere solo per i miracoli di Cragno – ha certificato una volta di più come la squadra di Antonio Conte abbia cambiato il proprio volto in questa stagione rispetto alla scorsa.

L’Inter, infatti, è la squadra che in Serie A ha segnato più gol, 9, nell’ultimo quarto d’ora e anche la formazione che ha guadagnato più punti da situazione di svantaggio, ben 10 (solo il Manchester United nei cinque campionati top d’Europa ha saputo fare di meglio, ovvero 15).

Un aspetto che, analizzato, lancia alcuni spunti non banali, nonostante il tecnico abbia sottolineato domenica come l’ormai famoso “Piano B” passi dalle alternative che si hanno in panchina: il primo è che l’Inter, rispetto alla stagione passata, ha senza dubbio un organico più profondo e dunque il tecnico può cambiare una partita in maniera più concreta, inserendo quattro-cinque giocatori che potrebbero serenamente far parte della formazione titolare.

E’ già capitato in almeno tre gare di questo campionato: con Fiorentina, Torino e Cagliari, Conte ha rivoltato la squadra e come conseguenza ha ottenuto tre vittorie in gare in cui era sotto. Non a caso, l’Inter è la squadra fra le prime cinque in classifica ad aver segnato più gol dopo la seconda sostituzione, che mediamente avviene dopo il 65’ minuto: 13 reti, contro le 12 del Napoli, le 9 di Milan e Juventus e le 5 della Roma.

Il secondo aspetto da evidenziare, è il carattere della squadra: se l’Inter spesso ha approcciato in maniera docile le partite – non ultima quella dolorosa con lo Shakhtar mercoledì scorso, ma anche Real Madrid a San Siro o derby -, di contro va evidenziato come i nerazzurri non abbiano quasi mai alzato bandiera bianca, provando fino all’ultimo a vincere o rimettere in piedi le partite. E così, oltre alle tre suddette sfide con Fiorentina (da 2-3 a 4-3 negli ultimi cinque minuti), Torino (da 0-2 a 4-2 nell’ultima mezzora) e Cagliari (da 1-0 a 1-3 nell’ultimo quarto d’ora), bisogna ricorda il 2-2 col Parma, con la rete decisiva di Perisic arrivata al 47’.

Ovviamente queste reazioni portano i nerazzurri, come detto, a essere la squadra che in A ha segnato più gol dal 75’ in poi: sono 9 le reti realizzate, 3 contro il Cagliari, 2 con Torino e Fiorentina, 1 con Parma e Genoa. Bomber di questa speciale classifica a quota tre gol sia Lukaku che D’Ambrosio. Come detto, l’Inter rispetto alla stagione scorsa ha cambiato modo di affrontare le partite, anche se nell’ultimo mese, col ritorno al 3-5-2, si sta rivedendo una squadra più vicina a quella della passata annata. Un’Inter, quella del ’19-20, che aggrediva gli avversari, tant’è che in 21 partite dall’inizio della Serie A fino alla finale di Europa League contro il Siviglia, i nerazzurri avevano segnato ben 23 reti nei primi 20 minuti e 21 fra il 20′ e il 35′ del primo tempo. Quell’attuale, invece, ha segnato 5 reti ne primi 20 minuti (4 dal 28 novembre in poi quando l’Inter è tornata ad avere un atteggiamento più simile al passato) e 5 dal 20′ al 35′.