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La rivale più pericolosa che la Juventus possa trovare quest’oggi nell’urna di Nyon è se stessa: l’impresa di Barcellona, con cui i bianconeri si sono issati al primo posto del gruppo G, offre loro un ventaglio di avversarie tutte inferiori per gli ottavi di finale.

Come inferiore era un anno fa il Lione. Proprio la fresca cicatrice dell’eliminazione con i francesi dovrebbe essere sufficiente a evitare approcci da incubo come quello nell’andata di un anno fa.
Da incubo sono invece alcune delle possibili rivali di Atalanta e Lazio, qualificatesi come seconde dei rispettivi gruppi e dunque passibili di abbinamento con le top d’Europa.

Unica italiana tra le teste di serie, la Juventus è anche quella tra le squadre di Serie A che ha meno possibili rivali, non potendo affrontare né Atalanta e Lazio né il Barcellona. Cinque, dunque, le possibili avversarie per la formazione di Andrea Pirlo: Siviglia, Lipsia, Atletico Madrid, Porto e Borussia Moenchengladbach.

Come detto nessuna di queste ha il potenziale bianconero, ma un paio sono più ostiche. L’Atletico Madrid di Simeone, nonostante il fresco ko nel derby con il Real, è sempre capolista nella Liga e se non è più l’osso durissimo da rodere di qualche anno fa, rimane una squadra di talento e abituata a quel tipo di sfide. L’altra è il Lipsia di Nagelsmann, semifinalista nell’ultima edizione e secondo in Bundesliga a un punto dal Leverkusen e alla pari con il Bayern. Siviglia, Porto e Moenchengladbach non sembrano poter impensierire i bianconeri, ma vale la premessa fatta all’inizio.

Per Atalanta e Lazio la rosa delle possibilità ha invece così tante spine che è difficile anche augurarsi un’avversaria piuttosto che un’altra. Soprattutto per i biancocelesti che, avendolo affrontato nel girone, non possono trovare il Borussia Dortmund: temibile, ma un po’ meno delle altre e pertanto ipotesi migliore (o meno peggiore) per l’Atalanta, che invece è certa di non trovare il Liverpool. Delle cinque possibili avversarie in comune, Chelsea, Psg, Bayern, City e Real Madrid, i Blues sono forse l’ostacolo meno arduo. Meglio diffidare, invece, delle difficoltà del Real Madrid, a casa propria in Champions.

«Quale modo migliore per celebrare la mia centesima partita con la Juventus che segnare altri due gol per la squadra? Sono molto orgoglioso di aver raggiunto questa cifra con la maglia della Vecchia Signora, ma indovinate un po’: sono già proiettato con la testa alle cento reti con la Juve. Fino alla fine!». Pensieri e parole postati sui social da Cristiano Ronaldo, 79 gol in bianconero: il meglio del meglio del meglio.

Non c’è niente da fare, più ipotizzi che il fuoriclasse portoghese possa prendersi un giorno di pausa e più lui dimostra l’esatto contrario. E il bello è che CR7 lo fa con tutta la semplicità di questo mondo, suggerita da due rigori calciati nella maniera apparentemente più banale: tiri centrali, che qualsiasi portiere respingerebbe evitando di tuffarsi e invece ogni volta accade l’opposto.

Quasi ogni volta, se Cristiano ha trasformato 26 tiri dal dischetto su 29 da quando gioca in Italia. Avversario in terra e palla in buca, nonostante Mattia Perin gli avesse domandato con un sussurro pochi istanti prima del 3-1: «Centrale ancora?». Sì, ha risposto Ronaldo senza fiatare. Bilancio: quattro rigori in sei giorni, tre dei quali centrali. E con dieci gol l’asso di Funchal ha pure agguantato Zlatan Ibrahimovic in testa alla classifica marcatori di Serie A.
«La prossima volta proverò a parlare in italiano», promette CR7 a caldo. Ma anche in altra lingua i concetti restano limpidi, come il suo stile di calcio, comodo per lui, complicatissimo per chiunque altro.

«È stata una partita difficile – spiega – ma l’obiettivo non cambia: vincere di squadra, poi è chiaro che io sia contento per i record personali. È molto importante aver vinto a Barcellona, sono quei successi che ti danno molta più fiducia e forza nel venire qui a giocare bene contro un Genoa che ha fatto una partita difensiva. Non è semplice giocare dopo la Champions League, si può essere stanchi, però noi abbiamo cambiato il chip e ci siamo riusciti grazie al mister che ci ha dato quello di cui avevamo bisogno».

Poi il proclama, che ha tutto un altro sapore se pronunciato da Ronaldo: «Tutti gli anni l’obiettivo della Juve è vincere il campionato e la Champions. Ma solo una squadra ci riesce. Noi siamo fiduciosi, possiamo sognare di vincere qualcosa di importante». E su quel qualcosa non ci sono molti dubbi, anche se i precedenti europei degli ultimi anni consigliano di stare molto calmi.
Cristiano nel frattempo non smette di riscrivere i numeri di una carriera sconfinata. Detto che anche contro il Genoa, a parte i due rigori, s’è rivelato il giocatore più pericoloso in campo (dati Lega Serie A: 5 tiri in porta per altrettante occasioni da gol), sono 31 le reti realizzate in campionato nel solo 2020 (-1 da Omar Sivori). Per capire la grandezza del fenomeno CR7, basti ricordare che in passato gli era già successo altre otto volte di toccare almeno quota 30 gol in un anno solare. Pelé è un puntino sempre meno lontano – 767 reti per O Rei contro le 754 di Ronaldo – mentre alla centesima partita in bianconero i gol sono già 79 (con 17 assist): Sivori girò a 84, Felice Borel II a 80. Di doppietta in doppietta, tra Barcellona e Genova, è arrivato a 15. Prossimo aggiornamento, mercoledì allo Stadium.

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Le partite nella partita. A seconda dei punti di vista, delle chiavi di lettura, dei momenti, delle coppie e dei trielli. Mini-match utili a scopo conoscitivo e analitico. Epperò anche – di conseguenza – costruttivo. Migliorativo.

In vista della sfida contro l’Atalanta in programma domani sera, occorre dunque ripartire dalla vittoria della Juventus contro il Genoa per 3-1 a Marassi: tout court. Ma in teoria c’è da considerare anche la vittoria per 2-0 della Juventus “di Alvaro Morata”, subentrato al 22’ st ad Adrien Rabiot quando la squadra campione d’Italia in carica era appena stata riagganciata sull’1-1, prima di prendere il largo con il doppio rigore di Ronaldo.

E c’è la parziale vittoria per 1-0 di Morata e Paulo Dybala insieme con Cristiano Ronaldo: tutti insieme appassionatamente. All’unisono. Dal minuto 22 della ripresa, appunto, quando è entrato lo spagnolo, fino al minuto 38’, quando cioè è uscito l’argentino per far posto a Dejan Kulusevski.

Ecco, proprio quel frangente lì, quei 16 minuti di ricerca dell’offensività allo stato puro, potrebbero lasciare il segno nella storia della stagione. Andrea Pirlo ha preso atto delle difficoltà bianconere a concretizzare e, nonostante il Genoa avesse dato importanti segnali di poter essere pericolosissima, ha deciso di alzare la posta in gioco, pur correndo qualche rischio. Ha ottenuto le risposte auspicate in quel 4-2-4 in cui CR7 e Morata erano coadiuvati da Dybala addirittura, anche, da Federico Chiesa.

Un 4-2-4 che ha riportato alla mente i più spregiudicati propositi del primissimo Antonio Conte in versione tecnico bianconero. Erano i tempi in cui il Maestro, Pirlo, era tale a pieno titolo in quanto giocatore che qualitativamente stava un passo sopra la media. Ora vuole dimostrare di stare un po’ più su degli altri anche dal punto di vista tattico (oltre che di classifica). Prolungando un filotto finalmente degno delle migliori aspettative (battuti nell’ordine Torino, Barcellona e Genoa). Nonché vuole continuare a stupire.

La spregiudicatezza e la predisposizione ad osare del nuovo allenatore bianconero sono ormai diventate una costante: dal ballo dei debuttanti cui ha dato inizio sin dalle prime partite stagionale lanciondo giovani su giovani – campionato o Champions che fosse – alle mosse tattiche imprevedibili. A volte meno funzionali, altre di più. Ma pressoché sempre caratterizzate dalla voglia di osare più che di dosare.

Di stimolare più che di gestire.  Lo avevamo anticipato il giorno stesso in cui Morata ha vinto il ricorso: occhio, a Dybala. Sottolineando che prima o poi Pirlo aveva in mente di sdoganare il triello iberico-argentino. Il bello è che lo ha sdoganato sull’1-1 in una partita ancora tutta da incanalare nel verso giusto, mica in un finale d’incontro già chiuso.
Ora Pirlo è chiamato a ripetersi conto l’Atalanta, contro un maestro di tattica laureatosi tale dopo un lungo percorso come Gasperini. E qualcosa vuole inventarsi, senza esagerare. Q.B. Quanto basta.

E’ forte la tentazione di dare seguito al filone-Dybala con la speranza che la Joya puntelli quanto di buono fatto contro il Genoa, mettendo anche a frutto la carica o il guizzo d’orgoglio che può derivargli dalle fresche parole di Andrea Agnelli al Golden Boy. Tuttavia non può neanche ignorare, Pirlo, così, all’improvviso, quanto fatto da Morata sino ad ora. E al di là dei personalismi, non può ignorare quanto tatticamente sia avvantaggiata, la Juventus, dalla presenza in campo di un attaccnte con le caratteristiche dello spagnolo. Unico nel suo genere, in bianconero.

Si va dunque verso una staffetta contro l’Atalanta. Con il ritorno al grande classico Morata-Ronaldo, epperò con Dybala pronto a subentrare. Magari anche in ottica momentaneo tridente a patto che centrocampo e difesa diano subito segnali di solidità. Centrocampo e difesa in cui, rispetto a domenica, ci sarà qualche cambio. Probabile il ritorno tra i titolari di Danilo, che prima di Juve-Genoa era in mood di percorso netto in campionato. Con lui, in difesa, De Ligt e Bonucci. Solito maxi imbarazzo della scelta in mediana, ma Arthur dovrebbe riprendersi il posto in linea con Bentancur, più due tra Cuadrado, Alex Sandro e Bernardeschi nelle corsie. McKennie, in stato di grazia, è in pole position sulla trequarti.

La Serie A non adotterà il modello dei tamponi centralizzati, come succede nelle competizioni Uefa e nella Liga spagnola, che si affidano a Synlab.

Lo ha deciso ieri l’assemblea della Lega in videoconferenza. È stata la prima volta per il neo-presidente del Parma, Kyle Krause, accolto dall’applauso dei colleghi. I club preferiscono continuare ad affidarsi ai loro laboratori di fiducia, perché le proposte ricevute – Synlab, European Network, Dantes Lab e Lifebrain – non avrebbero garantito esiti rapidi e una copertura completa del territorio nazionale, oltre a comportare un aumento dei costi.

Confermato anche il “no” alla bolla per isolare le squadre, impossibile per ragioni logistiche. Si cercherà invece di introdurre un coordinamento più forte tra le Asl, oltre a misure più severe per la delimitazione del gruppo-squadra e la sanificazione degli spogliatoi. Si discute sulla possibilità di effettuare un tampone nel giorno delle partite che iniziano dalle 18 in poi. L’assemblea decisiva per votare l’ingresso dei fondi finanziari nella media-company della Lega sarà fissata intorno al 6 gennaio.

Andrea Agnelli ha relazione sull’attività del comitato di cinque club – Juventus, Napoli, Roma, Bologna e Udinese – che sta trattando giornalmente con Cvc, Advent e Fsi: «Non ho mai visto un’unità di intenti così forte in un gruppo di lavoro. Porteremo a casa un grande risultato», spiega il presidente bianconero. I club hanno strappato condizioni favorevoli sulle deleghe dell’ad della media-company e sui poteri di controllo dell’assemblea di Lega sulla nuova società.

Ieri si è svolta un’importante conferenza sulla lotta al razzismo nel calcio, alla quale hanno partecipato i vertici della Serie A e dell’Unar, l’ufficio anti-discriminazioni della Presidenza del Consiglio. «La lotta alle discriminazioni rappresenta uno dei pilastri della Lega. Questo incontro è il primo di una serie dedicata ai progetti valoriali in cui la Lega ha deciso di identificarsi», spiega l’ad di Via Rosellini, Luigi De Siervo.

Juventus Atalanta si disputerà, Mercoledì 16 dicembre 2020, alle ore 18.30  La partita sarà visibile sui canali Sky e nello specifico sui canali Sky Sport, sia sul satellite che sul digitale terrestre ed ancora Sky sport Arena al numero 204 del satellite.

Ovviamente chi vorrà potrà seguire anche il match in diretta streaming. Gli abbonati potranno affidarsi a Sky Go per poter vedere il match, scaricando l’app su dispositivi mobili quali computer e notebook o ancora tablet e smartphone. Ci sarebbe ancora un’altra possibilità, ovvero guardare il match su Now Tv, il servizio di streaming live e on demand di Sky che da la possibilità di poter assistere ai più importanti incontri di calcio, ovviamente dopo aver acquistato uno dei pacchetti offerti.

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Paulo Dybala oggi dovrebbe partire dalla panchina. Tutto regolare, dopo due gare da titolare lascia il posto ad Alvaro Morata in un logico turnover. Nella testa, tuttavia, rimboberanno ancora le parole del presidente Andrea Agnelli, che lunedì ha reso pubblica l’offerta della Juventus per il rinnovo del contratto, inchiodando il numero dieci bianconero alla realtà dei fatti sull’argomento firma.

Ma la questione contrattuale è il dito con il quale Agnelli voleva indicare la luna o, meglio, il campo. E’ lì che bisogna guardare se si vuole interpretare nel modo giusto il pensiero presidenziale.

Sì, per carità, la Juventus on trascura né sottovaluta il tira-e-molla sui milioni che ha occupato le cronache fin dalla scorsa primavera-estate e che Dybala ha sdoganato ufficialmente nelle dichiarazioni dopo Genoa-Juventus, ma con un contratto in scadenza nel 2022 e una stagione difficilissima davanti, la priorità sono le partite, non le trattative.
Anche perché Dybala deve ritrovare continuità anche mentale, oltre che fisica, quindi ogni distrazione è deleteria: le bacchettate di Agnelli sono un invito a sgomberare la testa da qualsiasi pensiero non sia legato al calcio.

Perché Dybala è un campione e può diventare un fenomeno e tutto, in fondo, si riduce a questo. Agnelli, in formato manager più che tifoso, ha quantificato in numeri il concetto, ragionando come una tabella excel: Dybala, ora, è fra i primi veti giocatori europei (il che è, comunque, un grosso complimento per il suo giocatore), ma lui ha l’ambizione (peraltro legittima, considerato il suo talento) di arrivare fra i primi 5. Se dovesse riuscirci, probabilmente non sarebbe un problema per la Juventus adeguare la sua offerta al nuovo status e al rispettivo rendimento tecnico del ragazzo.

Ronaldo, per esempio, guadagna 30 milioni di euro netti a stagione, ma l’impressionante continuità di rendimento in campo e fuori (vedi il turbo commerciale messo al club) giustifica lo stipendio e lo rende accettabile agli occhi della società e dei suoi dirigenti.
Anche perché il talento e i gol di Dybala sono essenziali per competere in una delle stagioni più difficili delle ultime dieci. Il campionato è più combattuto e aperto che mai e la Juventus non può rinunciare a un’arma potenzialmente devastante come Paulo. I bianconeri hanno un’anima più pragmatica che romantica.

D’altra parte, se non si mettesse d’accordo con la Juventus, Dybala cosa potrebbe fare? Quale sarebbe il suo futuro?  Offerte che possano allettare la Juventus e il giocatore non ne sono arrivate nell’ultima finestra di mercato. E tuttora nessuno si è fatto avanti in modo serio e circostanziato (ovvero con una proposta seria e non solo con un interessamento). Certo, se Dybala si liberasse a parametro zero sarebbe un’altra cosa. Ma dovrebbe far passare quasi due stagioni e, ovviamente, all’altezza dello stipendio a cui ambisce. Proprio come dice Agnelli.

«Forse era meglio incontrarla prima…», ha meditato Gian Piero Gasperini ieri riguardo alla Juventus. Il tecnico dell’Atalanta non nutre certo dubbi sulla forza della sua Dea, ma è certo anche che la Juventus uscita dagli spogliatoi dell’Allianz Stadium dopo l’intervallo del derby sembra molto diversa da quella che c’era entrata un quarto d’ora prima.

Una svolta – che in quell’intervallo si è innescata ma che ovviamente maturava da tempo – confermata anche dai numeri e dallo stesso Andrea Pirlo: senza ovviamente tralasciare il richiamo alla squadra, l’ordine anzi, perché a quella svolta imprima ancora più forza.

I numeri, dicevamo. Ribaltando il derby la Juventus ha vinto la seconda partita consecutiva, dopo il 3-0 sulla Dynamo Kiev. C’era già riuscita due volte, ma mai era arrivata a tre: lo ha fatto schiantando il Barcellona al Camp Nou e strappandogli il primo posto nel gruppo di Champions, poi ha calato il poker contro il Genoa a Marassi, dove per la prima volta ha centrato la seconda vittoria di fila in questo campionato. Risultati che hanno portato il bilancio successivo allo 0-2 subito allo Stadium dal Barcellona il 28 ottobre a otto vittorie e due pareggi in 10 partite.

«Più della continuità di risultati sono importanti l’atteggiamento e la concentrazione nell’affrontare tutte le partite allo stesso modo, non solo in Champions ma anche in campionato – Ha spiegato Pirlo a Jtv, – Quando hai l’atteggiamento giusto e lo spirito di voler fare la partita i risultati poi sono dalla tua parte». E l’attaggiamento giusto la Juventus ora ce l’ha: «La squadra è cresciuta nella convinzione e nella ricerca del risultato attraverso un atteggiamento aggressivo, cercando di recuperare la palla velocemente per poi avere la gestione del gioco».

Fosse uno che si accontenta, Pirlo però si sarebbe goduto il ricordo di una carriera stellare da calciatore senza intraprenderne una da allenatore che sarà per forza di cose raffrontata con la prima. Figurarsi se può accontentarsi di quanto fatto finora dalla sua Juventus: «Dobbiamo migliorare sotto l’aspetto tecnico: sbagliamo ancora troppo in certe fasi della partita e su questo dobbiamo lavorare ancora molto», ha spiegato. «In allenamento insisto sulla concentrazione. E’ quella che viene a mancare in certe situazioni e in certi momenti della partita (per esempio in occasione del gol di Sturaro domenica a Genova, ndr). Se non stiamo collegati per 95 minuti poi le partite si complicano».

Figurarsi se sono già complicate di per sé, come quella contro l’Atalanta di oggi. Una sfida in cui tecnica e concentrazione saranno più importanti che mai per sfuggire all’aggressività della squadra di Gasperini. «L’Atalanta è una squadra molto forte, una realtà da anni anche a livello europeo. Sarà dura da giocare anche per il loro tipo di atteggiamento.

E’ una squadra top e come tale dovremo affrontarla. Stupito dalla sua continuità in Italia e in Europa? No, ormai è da qualche anno che fa vedere grandi cose grazie al lavoro di società e allenatore: Gasperini è cresciuto qui nel settore giovanile della Juve e poi ha fatto bene ovunque. Ha un modo di giocare molto marcato che gli ha dato grandi risultati e quindi va avanti con le sue idee». Pirlo intanto di risultati ha ottenuto il primo, sia pur parziale, con la qualificazione agli ottavi di Champions. E lunedì ha conosciuto il prossimo ostacolo europeo: il Porto. «A questi livelli le squadre sono tutte forti e abbiamo grande rispetto del Porto. Ma c’è tempo per pensare alla Champions». Di futuro semmai gli interessa quello a brevissimo termine in cui ritroverà Chiellini e Demiral: «Speriamo di averli a disposizione nei prossimi giorni». Difficilmente oggi.

Sfida da Champions, tra due delle sedici qualificate agli ottavi, e Juventus da Champions. Dopo il turnover di Marassi, oggi contro l’Atalanta Andrea Pirlo ripresenterà una Juventus piuttosto simile a quella che martedì scorso ha conquistato il primo posto nel gruppo G battendo 3-0 il Barcellona.

L’eccezione più probabile sarà Szczesny, regolarmente tra i pali al posto del Buffon eccezionale del Camp Nou, e un’altra dovrebbe esserci immediatamente davanti a lui. Dopo due partite da titolare in cinque giorni, le prime dopo l’infortunio che lo aveva fermato alla vigilia della prima di campionato, Alex Sandro potrebbe riposare, con Danilo al suo posto a sinistra e Cuadrado a destra, con la coppia centrale De Ligt-Bonucci obbligata viste le assenze di Chiellini e Demiral (dovrebbero rientrare tra sabato a Parma e martedì 22 contro la Fiorentina).

Come sempre il centrocampo è il settore in cui è più difficile prevedere le scelte di Pirlo. Il McKennie in stato di grazia di questo periodo sembra però imprescindibile e potrebbe riformare con Arthur la coppia centrale di Barcellona: lo statunitense prezioso come al solito per dinamismo e inserimenti, il brasiliano per sfuggire con la sua qualità all’aggressività nerazzurra. A destra, pronto ad accentrarsi per fare spazio a Cuadrado, il favorito è Ramsey, grande protagonista al Camp Nou e utile, con la sua capacità di leggere gli spazi e di cambiare posizione, per provare a sorprendere la pressione uomo su uomo dell’Atalanta.

Difficile un rilancio dal 1’ dell’ex Kulusevski (carta però importante a partita in corso), non da escludere un impiego in quella posizione di McKennie, con l’inserimento di Bentancur o Rabiot accanto ad Arthur. A sinistra Chiesa è favorito su Bernardeschi e avrà, come Ramsey dall’altra parte, il compito fondamentale di aiutare sulle incursioni degli esterni atalantini quando i terzini bianconeri stringeranno al centro. Oltre, ovviamente, a quello di attaccare il suo rivale diretto: la sua abilità in dribbling è preziosa sempre, ma più che mai contro l’Atalanta il cui sistema basato sulla pressione uomo contro uomo soffre particolarmente quando un giocatore viene saltato.

A beneficiare dei dribbling di Chiesa sarebbe tutta la Juventus, ma in primis Morata e Cristiano Ronaldo. Il ritorno dello spagnolo dal primo minuto accanto a CR7 è certo, come la sua voglia di ritrovare il gol dopo due partite di fila a secco. Quanto alla voglia di gol di Ronaldo, è superfluo parlarne.

Gomez? Abbiamo giocato ad Amsterdam e abbiamo vinto, poi sono arrivati i tre punti con la Fiorentina e nel sorteggio di Champions League abbiamo pescato il Real Madrid, una sfida affascinante. Ora giochiamo con la Juventus, poi arriverà la Roma: c’è molto di cui parlare, anche per rispetto degli altri giocatori. Da Gollini a Zapata. Se volete continuare a parlarne, fatelo voi: nei prossimi impegni troveremo squadre importanti e io ho solamente questo da mettere a fuoco, devo trovare le soluzioni migliori per le partite». Il tecnico dell’Atalanta Gian Piero Gasperini, fresco vincitore del prestigioso Premio Pozzo assegnato da Tuttosport, ha liquidato con queste parole la questione relativa alle ultime esternazioni del numero 10 nerazzurro sui social.

Oggi allo Stadium c’è il prestigioso incrocio con la Juventus di Pirlo, nelle ultime due stagioni la Dea è sempre uscita con un pareggio (pure stretto) e anche per la sfida di oggi c’è fiducia, nonostante la forza dell’avversario. «Quest’anno la Juventus ha iniziato con Pirlo e il suo percorso mi piace, ha idee e le porta avanti e in più hanno aggiunto giocatori e sono in crescita.

Han perso Pianjc, ma sono arrivati altri giocatori forti in un gruppo di livello. Ultimamente la Juve ha vinto il derby e ha vinto a Barcellona, forse era meglio affrontarla prima. Per noi è una partita importante, rispetto ai primi anni siamo cresciuti e a Torino abbiamo fatto bene: questo è un bel tema per la partita dell’Allianz. Abbiamo un paio di soluzioni e le abbiamo provate nella rifinitura: come contro tutte le squadre, bisogna sempre avere un piano A e un piano B. Dobbiamo avere un atteggiamento positivo e cercare di fare una buona gara. Non c’è molta differenza tra affrontare la Juve o il Real, andiamo con la convinzione di poter fare bene».

Già, il Real. Che cosa ha pensato Gasperini al momento del sorteggio? «Che è un gran peccato non giocare al Bernabeu. Le possibilità di passare non sono di certo superiori per noi, negli ultimi anni stiamo calcando terreni molto prestigiosi ed è davvero un peccato non esibirci in quel grande stadio. E poi peccato non avere il pubblico con noi. Questo è davvero qualcosa di pesante, per tutti. Il calcio senza pubblico è un’altra cosa, perde tantissimo».

A Barcellona, Arthur Melo, aveva perso la propria serenità. All’inizio, è stata anche colpa sua: la fuga al compleanno di Neymar alla vigilia del Clásico e le sue discese proibite in snowboard non lo avevano di certo aiutato a convincere Ernesto Valverde a fare di lui uno dei titolari indiscutibili della sua squadra. I ripetuti infortuni, poi, gli avevano definitivamente impedito di completare – almeno in Catalogna – la sua trasformazione nel nuovo Xavi.

Il resto è storia recente e ci racconta di un Barça alla deriva, con tre allenatori in otto mesi e la sensazione che sarebbe stato meglio restare con il Txingurri. In queste condizioni, il centrocampista brasiliano della Juventus non era più riuscito a entrare nelle dinamiche blaugrana. Ciononostante, se fosse dipeso dai tifosi, il club catalano non avrebbe mai dato il via libera allo scambio con Miralem Pjanic. E non solo per una ovvia questione di età. All’ombra del Camp Nou, infatti, nessuno ha mai dubitato delle sue qualità tecnico-tattiche, ideali per la filosofia di gioco culé e, per dirla tutta, anche per quella di Andrea Pirlo. Ed è per questa ragione che non c’è da sorprendersi più di tanto dell’evoluzione positiva dell’ex Gremio che, a Torino, sembra aver trovato l’ambiente perfetto per lasciarsi alle spalle gli errori di gioventù e concentrarsi su quello che sa fare meglio: giocare a futebol.

È stato lo stesso Arthur, parlandone con Marca e Globo, a spiegarne le ragioni. A cominciare dall’ottimo rapporto con Andrea Pirlo: «Ho avuto la fortuna di trovare un allenatore che ha giocato nella mia stessa posizione. Mi aiuta e mi dice quello che devo fare e quello che non devo fare. Ha molta esperienza, ragion per cui non posso far altro che abbassare la testa e ascoltarlo». Oltre a Pirlo, ad aver impressionato il centrocampista brasiliano è stata la dedicazione dello staff tecnico bianconero («in vista della gara contro il Barça hanno fatto un’analisi straordinaria, sapevamo alla perfezione cosa sarebbe successo durante la partita»), l’intensità degli allenamenti («i veterani sono tutti molto seri e sono i primi a lavorare fino a quando non sono morti»), il calore dello spogliatoio («bravi ragazzi che hanno aggiunto qualcosa al mio bagaglio») e «la serietà dei dirigenti». Tutti aspetti dei quali, a quanto pare, Arthur sentiva la mancanza a Barcellona, compresa la vicinanza del leader. La sua menzione speciale, infatti, è andata a Cristiano Ronaldo che lo ha preso sin da subito sotto la sua ala protettrice: «È un gran tipo. Parliamo la stessa lingua e mi sta sempre vicino aiutandomi quando non capisco qualcosa. Si preoccupa sempre per gli altri e quando c’è da mettere la faccia non si tira mai indietro».

C’e l’urna sarà stata benevola, lo scopriremo unicamente al termine dei 180 minuti degli ottavi di Champions League. Certo è che la Juventus ha pescato una delle avversarie maggiormente auspicabili nell’urna delle non teste di serie, ovvero il Porto (in alternativa l’altra candidata più morbida avrebbe potuto essere il MÖnchengladbach). Evitati confronti delicati con gente come Atletico Madrid, Siviglia e Lipsia. Ma è altrettanto certo che si tratta dello stesso stato d’animo vissuto un anno fa, quando la pallina regalò il nome dell’Olympique Lione, allora apparso come il migliore degli incroci possibili. In casa bianconera, e non solo, tutti ricordano benissimo come andò invece a finire contro i francesi: lo 0-1 incassato all’andata pesò tremendamente in un ritorno disputato in un insolito 7 agosto, alla ripresa di una attività attardata dalla gravissima emergenza causata dal Coronavirus. Il 2-1 all’Allianz Stadium, con doppietta di Cristiano Ronaldo, non ribaltò la sconfitta. La Juventus uscì anzitempo dal torneo e l’eliminazione provocò il divorzio da Maurizio Sarri, con l’avvento di Andrea Pirlo in panchina.

un cammino parallelo

L’altro aspetto fondamentale di cui tenere conto, e su cui ogni allenatore batte inesorabilmente, è l’ingresso in una fase della Champions League in cui l’eliminazione diretta cambia volto alla manifestazione: un playoff con partite di andata e ritorno in cui è vietato sbagliare. E non conta solamente la formula, decisiva anche una forma che può cambiare, passando da smagliante oggi e meno brillante tra febbraio e marzo, o viceversa. Prendete proprio il Porto, che ospiterà i bianconeri il 17 febbraio e cui renderà visita il 9 marzo. Oggi i portoghesi sembrano la copia esatta della Juventus sotto il profilo dei risultati, irresistibili in Europa e meno convincenti in patria. Anche il Porto è terzo in classifica come i bianconeri, anche il Porto è andato bene in Champions come i bianconeri. Con 13 punti è stato tra le migliori seconde, in un girone in cui le avversarie erano sì abbordabili come Marsiglia e Olympiacos, ma in cui ha saputo creare qualche grattacapo al Manchester City. E le tre reti complessive sono state tutte incassate nella trasferta inglese al debutto del gruppo: nelle restante cinque partite, il Porto ha concluso senza prendere gol (mentre in campionato sono già 13 in 9 giornate).

il ricordo in supercoppa

Una resistenza difensiva unita alla capacità innata delle squadre portoghesi di far giocare male gli avversari. O, perlomeno, di rendere loro la vita molto complicata, con una sapienza tattica simile a quella di noi italiani. Il Porto di Sergio Conceiçao non fa eccezione, con un sistema di gioco molto chiuso in cui i tre centrali sono spesso affiancati dagli esterni in fase difensiva, un assetto di difficile decrittazione da parte della controparte. E occhio al tecnico, uno che alla Juventus ha già tirato uno scherzo il 29 agosto 1998. Al fu Delle Alpi è in palio la Supercoppa italiana, i bianconeri ospitano la Lazio, che passa in vantaggio con Pavel Nedved. A tre minuti della fine pareggia Alex Del Piero su rigore e, nel recupero, firma il 2-1 proprio il portoghese appena arrivato dal Porto. La società in cui torna nel 2017 come allenatore, riportandola immediatamente alla conquista di un titolo nazionale che mancava da cinque anni.

una sfida complicata

E proprio su Sergio Conceiçao si sofferma Nedved, per analizzare il doppio impegno che attende la Juventus: «Lo conosco bene, abbiamo giocato insieme nella Lazio – ricorda il vicepresidente bianconero -. È un ottimo allenatore, propone un 3-5-2 organizzato: saranno due sfide difficili. Poi in Champions sono tutti forti, nell’ultima edizione siamo usciti con il Lione. Parliamo di squadre abituate a disputare queste partite e lo stesso vale per il Porto. Sarà importante arrivare al momento giusto in forma». Per Nedved la ricetta è semplice: «Gli ottavi vanno affrontati come abbiamo fatto con il Barcellona, giocando il nostro calcio per crescere e avere le nostre convinzioni. Con queste convinzioni dobbiamo affrontare il Porto. Possiamo anche essere favoriti, non è un problema. Il problema, ripeto, è arrivare a quel momento in ottima forma e l’ultima volta non ci siamo riusciti. È bello approdare a questa fase del torneo perché è molto difficile da affrontare, tutti ti mettono in difficoltà. In questa Champions può veramente vincere qualsiasi squadra. L’ultimo passaggio per Cristiano Ronaldo, che ritorna in Portogallo da avversario: «Cristiano viene dallo Sporting, sarà un derby per lui. Comunque è sempre concentrato e difficilmente sbaglia queste sfide». E non vuole sbagliarla Leonardo Bonucci che, nell’ultimo incrocio con il Porto nel 2017, all’andata si sedette su uno sgabello in tribuna – come raccontiamo a pagina 13 – dopo un furibondo confronto con l’allora tecnico Massimiliano Allegri: «Con Juve-Porto la mia carriera ha la straordinaria quanto rara occasione di fare un prezioso passo in avanti – posta il difensore centrale su Instagram -. Sono passati 1.391 giorni da quella partita. Giorni che mi hanno insegnato quanto sia importante per un giocatore riuscire a mettere da parte l’ego personale a favore del bene della squadra. Voglio sfruttarla al meglio. Con motivazione, passione e amore per la maglia che indosso».