Come e dove vedere Milan – Juventus Streaming Gratis Diretta Live Tv Sky o Dzan No Rojadirecta

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Se questa sera la Juventus dovesse perdere, lascerebbe sul prato di San Siro almeno il 70% delle possibilità di vincere il decimo scudetto consecutivo. Se perdesse il Milan, le conseguenze pratiche sarebbero molto meno severe, nonostante un contraccolpo psicologico tutto da valutare.

Sì, con ventitré partite ancora da giocare, descrivere lo scenario bianconero in modo così definitivo è forse esagerato. La storia dei campionati ci ha insegnato, in modo talvolta clamoroso, il significato della parola rimonta. Tuttavia, perdendo, la squadra di Pirlo scivolerebbe a tredici punti dal primo posto (diciamo dieci qualora vincesse il recupero con il Napoli) e gli effetti psicologici di una sconfitta contro il Milan sarebbero molteplici, tutti negativi.

Dalla sindrome di non riuscire a battere una grande (mai vinto contro una delle prime dieci quest’anno) all’introvabile continuità di risultati, passando dall’eccessiva permeabilità della difesa e dai dubbi sulla maturità di alcuni singoli: tutto verrebbe centrifugato in un ambiente già nervoso per l’incipit stagionale e potrebbe zavorrare il progetto di rimonta che, senza dubbio, verrebbe rilanciato da Pirlo e dal gruppo.

L’effetto finale, tuttavia, vale anche al contrario. Se la Juventus dovesse vincere a San Siro si porterebbe a sette punti dalla testa (quattro vincendo il recupero contro il Napoli), dimostrerebbe prima di tutto a se stessa di essere un gruppo in grado di vincere lo scudetto, innescherebbe un circolo virtuoso di fiducia in se stessi, consapevolezza e positività. Soprattutto alla luce dei contorni vagamente eroici che avrebbe un successo a San Siro senza tre giocatori chiave come Morata, Alex Sandro e Cuadrado, pedina fondamentale sottratta a Pirlo a ventiquattro ore dalla sfida (con il rischio di altri contagi Covid a sfribbrare ulteriormente i nervi nelle ore della vigilia). Con una vittoria a San Siro, la Juventus darebbe una prepotente prova di forza non solo al Milan, ma anche all’Inter, che dalla sfida di San Siro spera, probabilmente, di vedere uscire un pareggio. L’ics lascerebbe a bagno maria Pioli e, soprattutto, Pirlo, ma sarebbe una grande vittoria per Conte, pronto al sorpasso.

Chi si gioca di più nella giornata della Befana resta, comunque, la Juventus che, per le sue assortite vicissitudini tecniche, tattiche e arbitrali, si è giocata quasi tutto il bonus “punti persi” concesso a chi aspira a vincere lo scudetto. Per come è fatta la squadra di Pirlo, il concetto di finale, di partita da dentro o fuori, forse è perfino più comodo. Questa è una squadra che pareggia a Benevento e poi consegna tre gol a domicilio al Barcellona. E questo renderà agonisticamente meravigliosa la sfida di questa sera.

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Sono passati nove anni dal (non) gol di Muntari, esattamente quelli che hanno visto la Juventus dominare il campionato italiano. Era il 25 febbraio 2012, il Milan era in vantaggio 1-0 sui bianconeri e quella rete, che con la tecnologia sarebbe stata convalidata, avrebbe portato i rossoneri sul doppio vantaggio.

La partita finì invece 1-1 e la squadra di Conte, che ora all’Inter osserva interessato la supersfida del Meazza, a fine anno divenne campione d’Italia per la prima volta di nove consecutive. Secondo i più, quell’episodio è il crocevia da cui è nata la Juve che oggi (alle 20.45, diretta Sky Sport), in casa del Milan, gioca per saldare un regno che i rossoneri stanno contestando con forza, a suon di risultati positivi. Secondo Pioli «non è la partita della vita per il Milan» anche perché semmai lo è della Juve, dove Pirlo ammette che «quella prima in classifica è la squadra da battere» e la sua deve farlo per «risalire».

SCAMBIO DI RUOLI Di certo, i padroni di casa arrivano alla sfida di San Siro nel migliore dei modi. Sono gli unici imbattuti nei top 5 campionati europei dopo la caduta della Juve con la Fiorentina, hanno 10 punti di vantaggio sui rivali (pur con una gara in più, che questi ultimi devono recuperare con il Napoli) e l’occasione per dare una svolta al futuro. Una vittoria varrebbe infatti doppio, anzi molto di più: oltre ai tre punti guadagnati e ai tre sfuggiti per la Juve, inietterebbe ulteriore fiducia in una squadra che cavalca l’onda dell’entusiasmo dal post lockdown e nuovi dubbi in una che, invece, sta cercando di costruire un nuovo progetto, ondeggiando pericolosamente tra alti e bassi.

L’impressione infatti è che il Milan stia recitandola parte della Juve, si senta invincibile e dimostri sul campo di esserlo, mentre la Juve assomigli il Milan degli ultimi anni, impegnata in una ricostruzione non semplice. Lo scontro diretto può ribaltare nuovamente i ruoli, quelli assegnati da Muntari a oggi: su 16 incontri in Serie A, soltanto in 3 occasioni il Milan ne è uscito vincitore, a fronte di 13 successi della Juve.

Di pareggi, in tutti questi anni? Zero, a riprova del fatto che, da quel misfatto, la sfida non ha mezze misure, né in campo né fuori. La beffa infatti è che il Milan, dopo aver visto nascere la Juve di Conte, ha visto dominare quella del suo ex Allegri, l’ultimo capace di trascinare il club in Champions. La consolazione è che il vento pare cambiato: l’ultima sfida, dello scorso luglio, è terminata 4-2 per i rossoneri in rimonta, e se non ha sabotato la trama dello scudetto, ha di certo fortificato le certezze su cui Pioli sta costruendo questa stagione. E considerando anche la Coppa Italia (0-0 e 1-1 nelle semifinali della scorsa stagione), gli ultimi tre confronti contano zero vittorie dei campioni in carica.

La sete del Milan è stata alimentata anche dal mercato, dove gli scambi sono continuati anche dopo il caso Muntari, ma dove la Juve ci ha sempre guadagnato. Bonucci e Higuain erano irriconoscibili una volta sbarcati a Milano ed entrambi sono tornati a Torino per ritrovarsi, come se il Milan fosse un’allergia. Nel frattempo è cambiata la dirigenza del Milan, da Fassone-Mirabellia Maldini-Massara, che hanno imparato la lezione: anziché prelevare i pezzi grossi dalla Juve, pensando di indebolirla, li costruiscono in proprio, e con quelli ora cercano vendetta.

C’era una volta una squadra d’acciaio che fabbricava vittorie e scudetti. Adesso c’è una Juventus — a 10 punti dalla vetta con una partita da recuperare— che si trova di fronte a delle difficoltà oggettive proprio all’inizio di un ciclo di partite decisive, stasera contro il Milan, poi Sassuolo e Inter, senza dimenticare la Supercoppa con il Napoli. La Juve di prima avrebbe reagito in un modo feroce, questa sembra circondata da un clima strano, nel quale ogni circostanza avversa rischia di alimentare la convinzione, più o meno inconscia, che non sia l’anno buono per vincere un altro scudetto : l’esempio più recente di questo piano inclinato nel quale Madama rischia di scivolare è quello della clamorosa sconfitta contro la Fiorentina, arrivata poche ore dopo la sentenza che ha ribaltato la vittoria a tavolino sul Napoli.

Invece di dare un segnale forte, la Juve si è squagliata e il suo allenatore ha evocato le vacanze natalizie come possibile fonte di deconcentrazione: se la vecchia anima da combattenti non c’è più, non è ancora chiaro cosa ci sia al suo posto, dato che i bianconeri non hanno ancora battuto una squadra tra le prime dieci in classifica. Più che trovare una soluzione all’assenza per infortunio di Morata e alla contemporanea positività di Alex Sandro e Cuadrado, che sono ben di più di due semplici terzini, Andrea Pirlo deve quindi combattere contro questa pericolosa voce interiore che si fa strada anche tra il popolo bianconero: c’è forse un’occasione migliore di una sfida contro il Milan primo in classifica per dire a tutti che la vera Juve c’è ancora e non ha alcuna intenzione di abdicare?

Certo, la prima da allenatore a San Siro, contro la squadra che per dieci anni è stata la sua vita, Pirlo la sognava diversa. Almeno per quanto riguarda la vigilia: la Juve ieri sera non è partita per Milano, in attesa dell’esito di un ulteriore giro di tamponi.

«Per me sarà una serata speciale, anche se della società con cui ho vinto tanti trofei è rimasto solo Paolo Maldini — spiega Pirlo —. Per quanto riguarda le assenze non ci sono alibi, undici giocatori li troveremo . E non avremo né problemi né paura: andiamo a San Siro per comandare il gioco, in una partita molto importante, ma non decisiva». Il tecnico della Juve chiede ai suoi «grande personalità, la stessa voglia dell’avversario di giocarsela a viso aperto, perché sono queste le partite più belle». E qui torna in mente la serata perfetta della Juve al Camp Nou, contro il Barcellona di Messi: la squadra di Pirlo doveva vincere 3-0 per arrivare prima nel girone e ci è riuscita, dimostrando che le idee di gioco seminate fin qui possono attecchire: soprattutto se sono innaffiate dai gol di Ronaldo, nella sua versione migliore da quando è a Torino.

Al posto di Morata, accanto a Cristiano, dovrebbe esserci ancora Dybala («lunedì aveva la febbre, ieri no» ha spiegato Pirlo), mentre in difesa si dovrebbe rivedere lo scontento Demiral, che ai media turchi ha detto di voler giocare di più ma è stato spesso infortunato. Il terzino con licenza di spingere sarà quindi Danilo a sinistra, mentre Chiesa e Ramsey dovrebbero essere confermati. McKennie è in ballottaggio con Rabiot, che è fresco, essendo l’unico giocatore che per una giornata di squalifica ha saltato due partite: non una cosa da vecchia Juve.

Senza pace. Il virus maledetto non dà tregua al campionato e sembra che si diverta a condizionare le partite scudetto. L’Inter ha affrontato il derby senza sei positivi di cui tre titolari, Skriniar, Bastoni e Young e una riserva nobile come Gagliardini. L

a Lazio ha incrociato la Juve priva di Immobile e la squadra di Pirlo, quando Cristiano Ronaldo, si è fermato per il Covid, ha rimediato due deludenti pareggi con Verona (in casa) e Crotone (in trasferta). Il Milan capolista non è stato risparmiato, dall’allenatore Pioli a Ibra, ma non ne ha risentito: lo svedese è tornato proprio contro l’Inter, firmando la doppietta da tre punti. Ma sino adesso il caso clamoroso è Juve-Napoli.

Una storia che è una storiaccia per comesi è sviluppata e poi finita, a colpi di carte bollate e sentenze. La prima partita scudetto, dopo sole tre giornate, è ancora da giocare e non ha una data sul calendario. La Asl aveva bloccato la squadra di Gattuso, che aveva due soli positivi, Zielinski e Elmas. Quella di Torino per adesso non ferma lo spareggio tra Milan e Juve, in programma stasera a San Siro, per la positività di Alex Sandro e Cuadrado, ma attende i risultati dei nuovi tamponi e non esclude di mettersi di traverso. «Se dovessero emergere nuovi positivi e ci fosse l’evidenza di un focolaio non controllato, si creerebbe un problema di sicurezza. A quel punto dovremmo intervenire, isolando tutti e bloccando la partenza della Juventus per Milano», dice in maniera netta Roberto Testi, responsabile del Dipartimento di Prevenzione dell’azienda sanitaria torinese.

Il medico non cita numeri precisi. Si limita a parlare di «focolaio non controllato». Non è al momento il caso della Juventus che ha comunicato, in tempo reale, la positività dei due sudamericani. «Non abbiamo elementi che facciano pensare all’esistenza di un focolaio perché sappiamo come è avvenuto il contagio di Cuadrado e Alex Sandro e tutti gli altri sono negativi». Ma soltanto oggi sapremo l’esito dell’ultimo giro di tamponi, una specie di sentenza. Una Asl, ancora una volta, condiziona il campionato. Quanti dovrebbero essere i positivi per indurre l’azienda torinese a considerare quello bianconero un focolaio? Qui si entra nel campo della discrezionalità, combattuta strenuamente dalla Federcalcio e dalla Lega di serie A. La Asl cittadina voleva bloccare la trasferta del Parma a Udine dopo aver constatato la positività di sei giocatori. L’intervento della Lega ha cambiato il quadro e gli emiliani si sono messi in viaggio e hanno giocato regolarmente. Ora un altro caso intricato.

Il Covid non dà pace. E colpisce tutti indiscriminatamente. Nello scorso campionato ha martoriato soprattutto Fiorentina e Sampdoria, in questa stagione si è accanito con il Genoa, arrivato sino a 18 positivi e costretto a rinviare la partita con il Torino. Ed è facile pensare che le conseguenze dell’epidemia abbiano condizionato il cammino traballante dei rossoblu e fatto perdere il posto all’allenatore Maran. I numeri fanno paura. 131 sono i contagiati dall’inizio del torneo, più quelli non specificati dalla Lazio e tre falsi positivi. In questo avvio di 2021 i casi sono stati già cinque. Non se ne vede la fine.

Glivier Giroud non è l’unico attaccante nei pensieri della Juventus, ma da almeno quarantotto ore è quello che intriga di più. Non a caso anche Andrea Pirlo, sempre molto schietto, ha ammesso: «Giroud sarebbe utile». L’infortunio di Alvaro Morata (salterà Milan e Sassuolo) non ha cambiato i programmi dei bianconeri, da settimane decisi a completare il reparto con una quarta punta, però ha spinto i dirigenti ad allargare i sondaggi. E nel weekend, come è filtrato dall’Inghilterra, la Juventus ha riattivato i canali con il Chelsea per il 35enne centravanti campione del mondo con la Francia. Contatti che hanno aumentato l’ottimismo di poter riuscire a impostare una nuova operazione con i Blues, club con cui i rapporti sono ottimi. Basti pensare alle operazioni creative per Juan Cuadrado (2016) e Maurizio Sarri (2019) condotte dal dg bianconero Fabio Paratici e da Marina Granovskaia, la plenipotenziaria della società di Roman Abramovich. Replicare un affare creativo non è semplice. Ma stando a fonti inglesi, una possibilità c’è.

Giroud non ha intenzione di lasciare Stamford Bridge a tutti i costi. «Il mio futuro lo deciderò a giugno perché intendo finire la stagione a Londra», ha detto il centravanti a Le Dauphiné Liberé. A ottobre ha detto “no, grazie” alla Roma e negli ultimi giorni del 2020 ha dato la stessa risposta alla Fiorentina. Con la Juventus potrebbe essere diverso. Di sicuro non c’è ancora nulla. Però il francese ha un ottimo rapporto con il Chelsea, il contratto che scade a giugno e una sorta di accordo sulla parola per potersi liberare in anticipo e in saldo. Tutti aspetti che hanno fatto drizzare le antenne alla Juventus. Nel Chelsea, pur non essendo titolare dopo la rivoluzione estiva, Olivier ha segnato 9 reti in 15 presenze.
Campione del mondo è anche Fernando Llorente e il 35enne spagnolo, ai margini del Napoli, è tenuto in considerazione da Paratici. Il club azzurro, tra coperta corta in attacco e Supercoppa in programma con la Juventus (20 gennaio), non ha però intenzione di lasciar partire l’ex bianconero prima di fine mese. Il fattore tempo potrebbe non essere un dettaglio. Per questo alla Continassa stanno valutando seriamente Giroud e anche le possibili alternative low cost immediate. Da Leonardo Pavoletti, che però il Cagliari vuole trattenere, al 35enne Graziano Pellè, fresco di svincolo dopo l’esperienza con i cinesi dello Shandong Luneng. Sullo sfondo resta Arek Milik, pure lui a scadenza e ai margini del Napoli. Per il polacco può succedere di tutto, compreso che traslochi a giugno da svincolato e quel punto potrebbe andare in scena un nuovo derby d’Italia con l’Inter.

Aspettando la punta, la Juventus e il Genoa sono ai dettagli per lo scambio tra i centrocampisti Nicolò Rovella (classe 2001) e Manolo Portanova (2000). Per quest’ultimo, che si trasferirà alla corte di Davide Ballardini, i bianconeri incasseranno 7 milioni (una piccola percentuale spetta anche alla Lazio). Rovella firmerà per i bianconeri e resterà in prestito al Genoa. Valutazione di partenza analoga, ma destinata a lievitare al raggiungimento di determinati bonus. Per il futuro Paratici insiste sempre per l’americano Bryan Reynolds, 19enne terzino di Dallas seguito anche da Roma e Bruges. Non potendo tesserarlo adesso, la Juventus continua a lavorare a un’operazione in sinergia.