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Eliminato dalla Champions, dall’Europa League e ora con un piede fuori dalla Coppa Italia. La sconfitta di martedì, anche per come è arrivata, conferma la poca fortuna di Antonio Conte nelle coppe, nelle competizioni dove la gara da dentro-fuori assume un valore significativo. Il tecnico salentino è “un’animale” da campionato, da corsa a tappe, dove sa imprimere alle sue squadre quel ritmo decisivo per arrivare quasi sempre al traguardo. In fondo, alla guida di Juventus, Chelsea e Inter ha messo insieme quattro successi, un secondo e un quinto posto. La stagione in cui è andato peggio, la seconda al Chelsea, ha però vinto la FA Cup. Come a dire: per andare bene in coppa devo concentrarmi su quella. Tant’è che la stagione scorsa l’Inter arrivò in finale di Europa League perché il torneo, dagli ottavi in poi, si giocò tutto ad agosto, con le partite una dietro l’altra e non inframezzate dal campionato. Quest’anno, invece, quando nelle coppe contava fare risultato, sono arrivate le delusioni, in Champions con Real Madrid e Shakhtar, in Coppa Italia con la Juve (col Milan ovviamente aveva vinto, ma i rossoneri avevano giocato la ripresa in inferiorità numerica per l’espulsione di Ibrahimovic). Detto ciò, all’Inter, a meno di clamorosi ribaltoni martedì prossimo a Torino («tutto può succedere, è inevitabile che bisogna essere realistici e sapere che bisogna andare lì e vincere con due gol di scarto contro una squadra forte», l’amara ammissione del tecnico nerazzurro), rimane il campionato. Conte è secondo a meno due dal Milan e, nonostante i problemi che l’Inter sta attraversando a livello societario, sente l’odore dei rossoneri, del primo posto. Arrivarci non sarà semplice, anche il calendario non aiuta visto che i nerazzurri dovranno vedersela, prima del derby del 21 febbraio, con Fiorentina e Lazio, mentre il Diavolo giocherà con Crotone e Spezia, ma l’obiettivo alla lunga non può essere che lo scudetto. Conte più volte ha dichiarato che nessuno nel club gli abbia chiesto di vincerlo, ma dopo il secondo posto della scorsa stagione e il gap ormai azzerato con la Juventus, lui per primo vuole arrivare a centrare l’obiettivo grosso. In fondo due estati fa ha scelto l’Inter per questo, per riportarla a vincere il campionato, per essere lui il primo a fermare il dominio della Juventus che aveva fatto iniziare nel lontano ’11-12.

Il “day after” ha visto Conte proiettarsi subito sulla Fiorentina. Gara che si giocherà domani a Firenze e che lui avrebbe voluto disputare sabato. Nulla da fare, un altro ostacolo che carica ancora di più il tecnico che ha chiesto ai suoi giocatori di dimenticare la Coppa Italia e gli errori commessi, tornando a focalizzarsi sul campionato dove l’Inter viene da un periodo buono, anche a livello difensivo. In casa dei viola non sarà semplice: la stagione scorsa la gara del Franchi terminò 1-1 e fu uno dei risultati che aprirono la crisi invernale dell’Inter che stava conducendo in porto la gara, salvo subire l’incredibile pareggio di Vlahovic al 95’ in contropiede. L’Inter ha vinto a Firenze il 13 gennaio in Coppa Italia, ma in campionato non raccogliere i tre punti in trasferta dalla stagione ’13-14, quando Palacio e Icardi fissarono il punteggio sul 2-1. Dopodiché sono arrivate tre sconfitte e tre pareggi. Recuperare Hakimi e soprattutto Lukaku, però, rappresenta un buon punto di partenza. Poi molto dipenderà dalla stanchezza di coloro che hanno giocato in Coppa Italia, ma è probabile, per esempio, che Vidal, squalificato per la gara di ritorno con la Juventus, giochi titolare in campionato. Idem Sanchez, anche se potrebbe comunque partire Lautaro con il cileno – bastonato dal tecnico dopo la Juve («deve essere più cinico anche perché i suoi numeri sono impietosi») – in campo nella mezzora finale. Il campionato, comunque, ha la precedenza e c’è da credere che Conte schiererà la migliore Inter possibile.

Antonio vuole lo scudetto, vuole che sia il suo biglietto da visita a fine stagione quando bisognerà analizzare quel progetto «che ad agosto si è fermato». Conte martedì ha per l’ennesima volta ribadito come al termine della scorsa annata Suning abbia cambiato le carte in tavola rispetto alle promesse dell’estate 2019, ma il Covid e le imposizioni del governo cinese hanno avuto la meglio su tutto. Conte, però, vuole delle risposte e a fine stagione attenderà di capire quale sarà il futuro dell’Inter, chi sarà al comando del club, se lui sarà ancora riconosciuto come guida della squadra anche per un nuovo progetto. Oggi, con le trattative in corso, è ancora presto per capire il domani. Certo, un’Inter che si ritroverà con una proprietà ancora forte, potrà puntare su Conte e sul suo ricco profilo; viceversa la separazione sarebbe la conseguenza più logica per tutte le parti.

La sconfitta di martedì in Coppa Italia contro la Juventus ha riaperto un file che, soprattutto sui social, da mesi caratterizza le discussioni dei tifosi dell’Inter: quello su Samir Handanovic. Il capitano contro la Juventus è stato protagonista in negativo – insieme a Bastoni – del 2-1 di Ronaldo che ha messo terribilmente in salita il discorso qualificazione alla finale. E, di conseguenza, si è aperto nuovamente il dibattito sul suo rendimento. Che, va detto, in questa stagione non è stato finora all’altezza del suo brillante passato. Escluse un paio di partite, nelle quali Handanovic è stato eccellente come ai bei tempi – su tutte quella contro il Napoli, vittoria per 1-0 blindata dalle sue parate -, per il resto lo sloveno non si è mai innalzato sopra la sufficienza. Si dirà: perché la retroguardia nerazzurra ha concesso poco agli avversari. Non proprio, perché l’Inter di gol ne ha subiti diversi, ma i tiri lasciati agli avversari non sono poi stati così tanti. Finora, prendendo in esame solo le gare di Serie A, la squadra di Conte ha subito 66 tiri in porta (3.3 di media a partita) e Handanovic ne ha respinti o bloccati 43, dunque con una percentuale di parate del 65%. Ovvero, un tiro ogni tre che l’Inter riceve, è gol. Un dato alto – e migliorato nelle ultime tre gare visto che l’Inter non ha incassato reti in campionato con Juventus, Udinese e Benevento – soprattutto se confrontato con quello di altri portieri, come Donnarumma o Szczesny che viaggiano su percentuali vicine al 75%. Un muro meno muro, con meno miracoli e, di conseguenza, meno punti portati in dote alla squadra. Il tutto unito a incertezze mostrate in diverse occasioni ed errori da matita blu come quello di martedì o quello a Verona prima di Natale (papera su cross di Faraoni e tap-in sottoporta di Ilic). Questo rendimento sta così portando la dirigenza a farsi delle domande sul futuro. Perché il presente è certamente suo, di Handanovic, vista la scarsa considerazione che Conte ha avuto finora per Radu, mai impiegato, neanche negli ottavi di Coppa Italia a Firenze. Ma il capitano viaggia per i 37 anni (li compirà il 14 luglio), ha rinnovato a settembre il contratto fino al 2022, ma i discorsi per il prolungamento al 2023 sono al momento congelati.

Il portiere probabilmente non era una priorità nei programmi del club, ma è possibile che, una volta capito quale direzione prenderà l’Inter e la situazione societaria si sarà stabilizzata, sul mercato si cerchi anche un nuovo portiere. Come detto, l’esperimento Radu, ovvero affiancare un giovane promettente alle spalle del titolarissimo, non ha portato frutti e dunque potrebbe essere scelta la strada “Juventus”, ovvero acquistare un altro titolare e consegnare all’allenatore due numeri uno per poi scegliere il migliore. Come noto, sul taccuino di Marotta e Ausilio ci sono diversi portieri: il preferito rimane Musso dell’Udinese e chissà che la trattativa già avviata col club friulano per De Paul non possa essere allargata al portiere argentino. Un altro nome che piace molto in Viale della Liberazione è quello di Cragno: col Cagliari i rapporti sono molto buoni e in estate bisognerà parlare con Giulini della situazione Nainggolan. Il tutto senza dimenticare gli outsider, da Meret del Napoli a Silvestri del Verona.

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Tante difficoltà, diversi dubbi almeno una grande tentazione. Cesare Prandelli stasera frontali Inter senza Castrovilli e Milenkovich squalificati, con il grandissimo dubbio di Ribéry e con la gran voglia di buttare nella mischia Kokorin, anche soltanto per qualche minuto. Intanto per il russo, che crea curiosità e aspettativa, è arrivata la prima convocazione ed è lo stesso allenatore a spiegare: ” sta lavorando molto bene e siamo contenti di quello che sta facendo. è chiaro che vorrei inserirlo per fargli vedere com’è il calcio italiano”. Intanto l’ha portato nel ritiro per fargli vivere il gruppo per lungo possibile. Ancora la condizione da trovare, Ma la voglia di inserirlo gradualmente è alta e anche perché le proprie aspettative per il futuro sono ottime.

L’offerta ufficiale è arrivata, addirittura in anticipo sulla scadenza inizialmente fissata entro la fine della settimana. BC Partners ha presentato a Suning la sua proposta di acquisto dell’Inter, con un rialzo rispetto ai 750 milioni dei quali si è parlato finora. La somma sarebbe vicina a 800 milioni. Sempre meno rispetto a quanto chiede la famiglia Zhang che fissa il valore dell’Inter a quota un miliardo. Secondo il fondo londinese, però, non ci sarebbe molta differenza, dal momento che il nuovo proprietario dell’Inter dovrebbe subito immettere circa 200 milioni per le spese da saldare nel breve periodo. Quindi complessivamente l’acquirente, tra il prezzo per rilevare la maggioranza delle quote e l’iniezione di liquidità immediata, finirebbe per investire un miliardo in poche settimane.

Su questa offerta dovrà pronunciarsi il Cda di Suning, tenendo anche conto degli intrecci con Taobao (Alibaba) che ha ricevuto in pegno il controllo dell’Inter nell’ambito di un’operazione tra le due aziende. Lunedì era filtrata una chiusura netta di Steven e Jindong Zhang nei confronti di BC Partners. In realtà la proposta sarà valutata con attenzione. Per ora prevale una chiusura per la differenza di 200 milioni tra domanda e offerta. Ma potrebbe partire una fase negoziale per chiarire meglio alcuni aspetti, legati non solo al prezzo di acquisto: la percentuale di azioni da cedere, la governance, il potere di nomina dei dirigenti principali (presidente, amministratore delegato e direttore finanziario), la composizione del Cda e la struttura finanziaria dell’operazione. Alcuni di questi punti confermano che Suning non intende uscire del tutto dall’Inter, soprattutto in questa stagione nella quale la squadra veleggia a un passo dalla vetta della Serie A e quindi potrebbe entrare in bacheca il primo titolo della gestione cinese.

Il gruppo di Nanchino vorrebbe restare nel club nerazzurro, anche se la sua presenza sembra sempre più distante. Da questo punto di vista, rappresenta un’alternativa percorribile il fondo Mubadala (Emirati Arabi) che sarebbe disposto a entrare con una quota di minoranza, in tandem con Fortress (Stati Uniti), società specializzata nella gestione di crediti incagliati e situazioni debitorie complesse. Secondo altre indiscrezioni, invece, sarebbe più forte l’interesse del fondo svedese EQT. Ma per adesso sul tavolo ufficialmente c’è solo l’offerta di BC Partners. Suning non ha gradito che siano emerse alcune osservazioni sui problemi di sostenibilità economica che riguardano l’Inter, alla luce della crisi provocata dalla pandemia e della stretta economica del governo cinese sugli investimenti nel calcio. Ma la situazione è effettivamente delicata. E una corretta ‘due diligence’ non può che evidenziare questi problemi. Ieri anche il Financial Times ha parlato di questa situazione delicata del club nerazzurro, confermando la cifra di 200 milioni da immettere subito nelle casse dell’Inter per turare le falle. Non mancano, infatti, le voci sulla fatica di sostenere alcuni pagamenti. Per questo motivo occorre fare in fretta. I prossimi giorni diranno se Suning e BC Partners riusciranno ad avvicinarsi. Altrimenti entreranno in scena con decisione EQT e Mubadala-Fortress. I corteggiatori non mancano.

Torna Romelu Lukaku e già questa, di per sé, è una bella notizia per Antonio Conte che questa sera – controvoglia, avrebbe preferito giocare domani – sarà di scena al Franchi di Firenze contro la squadra viola di Cesare Prandelli, anche se lui dovrà seguire la sfida dalla tribuna per scontare la seconda giornata di squalifica dopo l’espulsione rimediata a Udine il 23 gennaio scorso. L’Inter arriva al match a 72 ore dalla sfida di martedì contro la Juventus, una partita che ha lasciato amarezza nel gruppo nerazzurro per il risultato, ma non ha incrinato le certezze che nell’ultimo periodo hanno riportato la squadra ai piedi del primo posto. La sconfitta contro la Juve è stata figlia di errori importanti, ma singoli, e la prestazione per Conte è stata buona. Da lì bisognerà ripartire e l’Inter riavrà nel motore due elementi fondamentali per il gioco, Hakimi a destra e, appunto, Lukaku davanti.

Il ritorno del belga, squalificato in coppa come il marocchino, permetterà a Conte – che ieri non ha parlato alla vigilia per i tanti impegni ravvicinati – di poter giocare nel modo che preferisce, ma soprattutto avrà maggiori garanzie realizzative davanti, visto che pure contro la Juve i nerazzurri hanno dimostrato una scarsa cattiveria sotto porta. Lukaku porterà in dote i suoi 14 gol in 19 partite di campionato (20 in 26 in totale nel ’20-21), gli ultimi due segnati la settimana scorsa al Benevento. La stagione scorsa “Big Rom” chiuse il campionato a 23 reti e dopo la prima giornata di ritorno era a quota 14, proprio come quest’anno. L’obiettivo è migliorarsi, ma soprattutto aiutare l’Inter a scalare una posizione in più rispetto all’annata precedente: fuori dalla Champions, fuori dall’Europa League e con mezzo piede fuori dalla Coppa Italia (ma il belga martedì a Torino ci sarà e avrà motivazioni doppie per provare l’impresa vista l’assenza all’andata e la rivalsa dopo la brutta scena del derby di Coppa con Ibrahimovic), Lukaku ha voglia di vincere con l’Inter. In carriera, tolto uno scudetto con l’Anderlecht vinto però da ragazzino nel 2010, e una FA da comparsa col Chelsea nel 2012, la sua bacheca è vuota e un giocatore come lui non può accettare una situazione del genere troppo a lungo. Stasera Lukaku al suo fianco avrà quasi certamente Sanchez, pure lui desideroso di rivalsa. Martedì contro la Juventus non ha giocato male, ma ha fallito una ghiotta opportunità per il 2-2 e nel post partita ha incassato la dura reprimenda di Conte: «Deve essere più cinico davanti alla porta perché i suoi numeri sono impietosi». Il cileno, che a fine mercato rischiava di lasciare Milano per far spazio a Dzeko, deve dare di più. E’ vero che da quando è arrivato all’Inter ha avuto diversi infortuni, ma il bilancio è chiaro: 53 presenze e 6 gol, solo 2 in quest’annata. Troppo poco.

Ci sarà bisogno dei gol degli attaccanti stasera per aiutare l’Inter a sfatare una maledizione. Perchè se è vero che a Firenze il 13 gennaio scorso la squadra nerazzurra ha vinto 2-1 (ai supplementari) negli ottavi di Coppa Italia; in campionato al Franchi ha esultato solamente una volta nelle ultime nove gare. L’Inter non vince in A a Firenze da sette anni, dal 15 febbraio 2014, quando Palacio e Icardi fissarono il punteggio sul 2-1. Prima e dopo, quattro pareggi e quattro sconfitte. Se l’Inter vuole mettere pressione al Milan – davanti di due punti e in campo domenica col Crotone a San Siro – e provare ad arrivare al derby in programma il 21 febbraio in posizione sorpasso (la prossima settimana ci saranno Inter-Lazio e Spezia-Milan), non potrà che vincere stasera. Un altro risultato, oltre a permettere all’undici di Pioli di andare in fuga, potrebbe creare crepe in quel di Appiano, dove Conte finora è riuscito a isolare la squadra dalle difficoltà societarie.

Con le grandi finora ha vinto solo contro la Juve, per il resto ha perso sempre. Stasera contro l’Inter Prandelli spera di invertire il trend anche se Ribèry è in dubbio. «Ma io quando chiudo gli occhi vedo sempre la mia squadra vincere contro tutti, non è presunzione ma un modo di vivere il mio lavoro» sorride. Dunque Prandelli punta a regalarsi e regalare un’altra notte magica dopo quella con la Juve (curiosità, l’arbitro sarà lo stesso di quella partita). Serve alla classifica ma pure per l’autostima della squadra. Poi in caso di successo sarebbe il 100° in A con i viola contro un avversario che è per lui un tabù, 23 confronti, 17 ko e appena 3 vittorie, l’ultima 15 anni fa con la Fiorentina, 2-1 al Franchi, reti di Brocchi e Jimenez. Fermare questa corazzata, così Prandelli definisce la squadra di Conte, s’annuncia insomma un’impresona, per di più in stato di emergenza: Castrovilli e Milenkovic squalificati («Per Nikola due turni di stop sono pesanti, non bisogna reagire più alle provocazioni») e Ribéry, dopo il gol e la grande prova coi granata, fermato da un problema muscolare ieri in allenamento. «Dobbiamo vedere nelle prossime ore – dice Prandelli – I piccoli problemi possono essere risolvibili come no, non resta che aspettare».

L’asso francese è regolarmente convocato, intanto scalpitano Callejon e Kouamè (2 reti finora ai nerazzurri) per affiancare Vlahovic in attacco. Inoltre il tecnico ha chiamato pure l’attesissimo Kokorin: «In questi giorni ha lavorato bene, ho voglia di inserirlo prima possibile nel nostro calcio». Se le cose dovessero mettersi male per i viola l’attaccante russo verrà gettato nella mischia, idem l’altro neo acquisto Malcuit. In questa strana stagione la Fiorentina ha dato del filo da torcere all’Inter sia all’andata che nella sfida di Coppa Italia a gennaio terminata 2-1 per i nerazzurri, rete decisiva (e molto contestata dai viola) di Lukaku al 120’. «Martinez Quarta fu bravo con lui fino al 119’ poi subì un fallo all’ultimo minuto dei supplementari – rumina Prandelli che sostituirà Milenkovic con l’argentino – Comunque Lukaku è campione vero, un attaccante molto difficile da marcare, quando lo affronti guai abbassare la guardia. Tutta l’Inter però ti costringe a stare sempre all’allerta, è una corazzata attrezzata per lottare fino all’ultimo per lo scudetto: per contrastarla dovremo giocare compatti avendo voglia di metterla in difficoltà. Tutti vorrebbero giocare partite così e soprattutto esserne all’altezza: spero i miei abbiano recepito questo messaggio». Sognare non costa nulla tantomeno nel giorno in cui (oggi) verrà piantumato a Bagno a Ripoli il primo albero dove sorgerà il centro sportivo viola, 26 ettari, 10 campi e persino una piccola chiesa.

Antonio Conte va avanti con i migliori. Il tecnico dell’Inter contro la Fiorentina schiererà ancora i migliori, anche se il calendario dei nerazzurri prevede un tour de force nelle prossime settimane (prima il ritorno con la Juventus in Coppa Italia dopo l’1-2 dell’andata, poi le gare contro Lazio e Milan in campionato). L’Inter però preferisce fare un passo alla volta: prima è fondamentale riuscire a vincere fuori casa a Firenze. Per questo la formazione che il tecnico sceglierà questa sera non dovrebbe vedere molte modifiche rispetto a quella scesa in campo a San Siro in Coppa contro la squadra di Pirlo. L’esterno di sinistra è il ruolo dove Conte potrebbe proporre cambio, con Perisic favorito come titolare rispetto a Young e a Darmian. In attacco il favorito per una maglia da titolare dovrebbe essere Alexis Sanchez – che sarà squalificato contro la Juventus martedì – per un posto accanto a Lukaku dal primo minuto, con Lautaro come seconda opzione. Per il resto la formazione dovrebbe vedere il ritorno di Hakimi a destra, Vidal regolarmente in mezzo (anche lui salterà la Juve per squalifica) con Barella e Brozovic e in difesa Skriniar, De Vrij e Bastoni davanti ad Handanovic. Non peseranno nelle scelte di Conte i timori per un “pericolo gialli”: Barella, Bastoni e Brozovic sono tutti e tre in diffida, ma non sembra che l’allenatore abbia intenzione di risparmiarli, pur prendendo in considerazione l’eventualità di perderli per uno dei delicati match successivi. Non ha viaggiato con i compagni Vecino, tornato in panchina coi compagni martedì: per lui (che difficilmente sarebbe stato utilizzato) niente trasferta, ma due giorni di lavoro ad Appiano per recuperare al meglio la condizione.