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Ci misura, sofferta (specie nel finale), ma meritata e soprattutto utilissima per riavvicinare la zona Champions ed arrivare col morale giusto al match di martedì col Bayern. Pur non brillando come in altre occasioni la Lazio ottiene la vittoria che voleva per ripartire dopo il k.o. di San Siro con l’Inter.

Il settimo successo nelle ultime otto partite vale il momentaneo terzo posto in classifica, in attesa di vedere cosa faranno Roma e Juve. Contro una Samp discreta, ma un po’ troppo didascalica, basta un lampo di Luis Alberto nel primo tempo. E poi tanto mestiere per congelare il risultato. Con il solo neo (che sarebbe potuto costare caro) di non chiudere la partita pur avendo le occasioni per farlo. Modalità Bayern A tre giorni dalla sfida più affascinante dell’anno Inzaghi ottiene, oltre alla sua vittoria numero 100 in campionato, anche le risposte che cercava dagli uomini chiave. In particolare dai due assi di centrocampo, quelli il cui rendimento è decisivo per trasformare la Lazio da squadra buona a ottima.

Milinkovic e Luis Alberto, di loro si tratta, annusano l’atmosfera del big match alle porte e indossano l’abito della festa. Il serbo crea (settimo assist per lui, record eguagliato), lo spagnolo finalizza (settima rete, ora è il secondo miglior marcatore della squadra). Se il gol che decide la gara è la copertina della loro prestazione, dietro c’è anche tanta altra roba. Tocchi d’alta scuola, ma anche recuperi preziosi.

Ed eccessivo altruismo, come quello che nel finale di gara porta Milinkovic a cercare l’ennesimo assist (per Muriqi) invece di segnare. Accanto ai due gioielli brilla anche il resto del centrocampo, capace di assicurare il giusto filtro ad una difesa che, pur in emergenza, resta indenne. Fondamentale pure l’apporto dei nuovi entrati Escalante, Akpa Akpro e Fares che, oltre a far rifiatare i titolari, rendono la squadra più quadrata. Meno bene davanti. Immobile, nel giorno del suo 31° compleanno, mostra insolitamente di avere le polveri bagnate, mentre Correa è decisamente poco ispirato. Peggio di loro fa però il subentrato Muriqi che si divora un gol incredibile.

Cè un paradosso nel paradosso di questa Atalanta-Napoli che non finisce mai, oggi quarto incrocio in 128 giorni: Victor Osimhen non ha giocato neanche la metà delle gare della sua squadra (15 presenze su 33) ma c’è sempre stato contro la Dea, e ci sarà anche oggi. Un’altra epoca rispetto al 17 ottobre, 4-1 all’Atalanta: la band di Gattuso faceva solo concerti di grande successo, il nigeriano giocava con Politano, Mertens e Lozano.

Oggi, almeno all’inizio, si guarderà intorno e non troverà nessuno di loro. Spera di ritrovarsi lui: dopo quel suo primo gol in azzurro, ha esultato solo un’altra volta, contro il Bologna, il 18 novembre. Poi, stop: lunga, anzi lunghissima, pausa di riflessione. E segnali di vita offensiva troppo timidi, anche se a Granada è stato l’unico a tirare verso la porta avversaria. Quei 70 milioni Anche Zapata è candidato al “quattro su quattro” contro il Napoli, ma lui ha giocato 31 partite sulle 32 dell’Atalanta: quest’anno non ha avuto debiti da saldare con la sfortuna, già pagati l’anno scorso.

E’ questo il motivo per cui Gattuso finora ha sempre difeso Osimhen, dopo averlo rimpianto – sulla fiducia – quando combatteva con una lussazione alla spalla e poi con il Covid. Ma il tempo degli alibi è quasi scaduto: l’orologio, anche se hai solo 22 anni, scorre meno lentamente se sul cartellino il prezzo indicato è 70 milioni; se lo strombazzato attacco della profondità è rimasto un concetto piuttosto astratto invece che arma impropria, e per colpe di chi (sue o della squadra) non è ancora chiaro.

I due centravanti Chiarissimo è che Osimhen non è centravanti da palla addosso, e via sportellare. Quello è il paradiso di Zapata, uomo di sponda e di governo, che si apre spazi con il dialogo: il ritorno di Coppa Italia di 10 giorni fa è stato il suo spot (gol e doppio assist per Pessina); le ultime due gare contro il Napoli un segnale importante: lui e Muriel fanno male anche insieme, non solo se si danno il cambio. E Gasp potrebbe sfidare Gattuso per la terza volta di fila con i due centravanti. Chiusura amarcord: nessuno può capire Osimhen meglio di Zapata, che a Napoli faticò molto ad essere apprezzato, anzi non lo fu quasi mai. La differenza è che Duvàn fu sottovalutato, Victor gioca anche contro il peso della sua valutazione.

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«La partita contro il Napoli è l’ideale per non pensare al Real Madrid. È una gara importante, per la sfida di Champions avremo tempo di concentrarci nei successivi 3 giorni». Se qualcuno avesse ancora dei dubbi, ci ha pensato mister Gian Piero Gasperini a mettere in chiaro quale sia la mentalità dell’Atalanta in vista dello scontro diretto contro il Napoli che vale un posto al sole nella rincorsa Champions.

Nel tardo pomeriggio di oggi (fischio d’inizio alle 18) i bergamaschi incroceranno per la quarta volta in stagione la formazione di Rino Gattuso e lo faranno dopo una settimana di lavoro senza impegni ufficiali. «Ci siamo dovuti quasi riabituare ad una settimana piena di lavoro – ha confessato il tecnico dei nerazzurri -, direi che ci voleva. Abbiamo fatto una buona settimana cercando di recuperare tutti la miglior condizione. Adesso ci aspettano tante gare di fila una dietro l’altra, torniamo a giocare con grande continuità».

Tra i 23 convocati figura anche Maehle che sembrava in dubbio per una contusione, a destra dovrebbe giocare dall’inizio Sutalo vista anche l’assenza di Hateboer che potrebbe restar fuori fino al mese di aprile. Dall’altra parte, tante assenze per i partenopei ma il tecnico di Grugliasco non si fida. «Mi aspetto un buon Napoli, come sempre. Sono una squadra forte, hanno valori e qualità, il fatto di aver giocato due partite molto recenti ti permette di essere molto fresco anche nelle conoscenze di quello che va fatto. Si riparte da capo, abbiamo il pensiero e la voglia di fare bene in campionato: non è decisiva ma è molto importante perché siamo tutti appaiati».

Certo, rispetto all’andata la situazione è ribaltata. Il 4-1 dello stadio Maradona vide in campo forse la peggior Atalanta della stagione, stavolta sarà la Dea ad arrivare alla gara con tanti allenamenti nelle gambe mentre il Napoli è sceso in campo appena due giorni fa. «Speriamo che si ribalti la situazione (ride, ndr). All’andata ci eravamo radunati quasi tutti il giovedì e il venerdì, giocando al sabato. Stavolta loro hanno dovuto giocare giovedì e scenderanno in campo oggi, chi ha un carico di partite maggiore ha qualche difficoltà in più».

La formazione potrebbe ricalcare quella vista nelle recenti gare di Coppa Italia con Muriel e Zapata in campo assieme. Sull’utilizzo dei due colombiani, considerati da molti alternativi uno all’altro, Gasperini ha evidenziato numeri difficili da ignorare. «Ho già in mente la formazione ma non la svelo. Abbiamo fatto 32 partite, Zapata ha giocato 31 volte e Muriel 29. Al netto del minutaggio, credo che tutti e due siano stati impiegati praticamente sempre».
Adesso che torna la Champions League, per l’Atalanta sarebbe importante invertire una rotta che ha visto i bergamaschi fare spesso fatica nelle gare di serie A. «Sarebbe auspicabile, prima della Champions non abbiamo grandi statistiche ma posso assicurare che ora siamo sul pezzo. Adesso abbiamo sistemato la Coppa Italia, qualcosa abbiamo pagato per arrivare in fondo. Adesso abbiamo due impegni, vogliamo andare in fondo a tutte le competizioni: abbiamo già fatto il record di punti all’andata, il cammino dell’Atalanta è già superiore a quello di qualsiasi altro anno. Io sono davvero soddisfatto così».

Ora che la finale di Coppa Italia è stata conquistata c’è tempo per fare il massimo in campionato. «Prima della semifinale di ritorno – ha concluso Gasperini – la priorità era andare in finale, eravamo ad una gara dall’ultimo atto di Coppa Italia. Per quello ho parlato in quel modo prima del Torino». Per quanto riguarda la formazione, l’unico dubbio potrebbe essere Palomino-Djimsiti visto che l’albanese è in diffida.

La piccola schiarita si nota leggendo la lista dei convocati che il Napoli ha diramato solo in tarda serata. C’è Politano, sostituito alla fine del primo tempo di Granada per un colpo al costato, ma soprattutto sono presenti anche Koulibaly e Ghoulam. Finalmente guariti dal Covid, ieri mattina hanno completato l’iter di visite di idoneità presso la clinica Pineta Grande e poi hanno svolto l’intera seduta con la squadra. Politano, invece, ha effettuato lavoro personalizzato in campo ed è difficile che oggi a Bergamo parta dal primo minuto, mentre Gattuso per Koulibaly deciderà solo all’ultimo momento: la sua ultima apparizione risale al 3 febbraio, semifinale di andata di Coppa Italia, quando il Napoli fermò proprio l’Atalanta sullo 0-0, anche grazie all’utilizzo della difesa a 3. Se Koulibaly dovesse farcela, non è escluso che Ringhio riproponga lo stesso sistema difensivo, con Rrahmani e Maksimovic ai suoi lati. La ragione è sempre la stessa: il gran numero di partite che il Napoli sta giocando ogni tre giorni e le tante assenze che condizionano le scelte del tecnico. Ora gli acciaccati sono scesi a 7 e Gattuso ha dovuto convocare i soliti 6 Primavera per completare la lista dei 22.

Quella di oggi sarà la quarta volta in cui le due squadre si affrontano con un bilancio di una vittoria a testa e il pareggio del 3 febbraio. Il successo dell’Atalanta è recente – 10 febbraio, con il 3-1 che ha escluso il Napoli dalla Coppa Italia – mentre la vittoria degli azzurri è lontana nel tempo. Era il 17 ottobre e la squadra partenopea viaggiava a gonfie vele, anche grazie a quel 4-1 del San Paolo. Quattro reti, tutte nel primo tempo, rifilate a un’Atalanta frastornata. Ma l’aspetto che dimostra come il fato abbiamo condizionato la stagione del Napoli è relativo alla formazione che Gattuso schierò: in attacco c’erano Mertens, Lozano e Osimhen, oltre ad Ospina, Manolas e Hysaj, tutti indisponibili da tempo.