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Bologna meno Inter e sarà una gara valida er la ventiduesima giornata del campionato di Serie A. La partita andrà in onda alle 8:45 allo stadio Renato Dallara. Arbitrerà l’incontro Piero Giacomelli. Attualmente Il Bologna ha vinto 9 partite riuscita a pareggiare  7 volte e ha subito 12 sconfitte. Viceversa i nerazzurri hanno vinto per 20 volte, Hanno pareggiato 5 volte e hanno subito solamente due sconfitte.

Si avvicina il 30 giugno, ultimo giorno dei 26 anni di rapporto tra Pirelli e l’Inter. Il club nerazzurro è alla ricerca di un nuovo sponsor principale che garantisca entrate da 30-35 milioni a stagione, cifre alle quali la multinazionale milanese non era disposta a spingersi. In quest’ottica può avere una certa rilevanza l’incontro a Nanchino tra Zhang Jindong e Choi Seung-Sik, presidente della divisione cinese del colosso sudcoreano. In agenda c’era la volontà di rafforzare la cooperazione tra Suning e Samsung per aumentare la crescita di entrambe le aziende. Ma non è da escludere qualche sondaggio anche in chiave nerazzurra, visto che Samsung è tra i nomi papabili come nuovo sponsor dell’Inter. Proseguono intanto le trattative su cessioni di quote o prestiti-ponte. Secondo indiscrezioni, Suning le sta affrontando con modalità non sempre ideali per le controparti finanziarie.

Non è agevole avere contatti frequenti con i manager cinesi in questo periodo di transizione. Un ruolo significativo lo sta giocando Lion Rock Capital per la sua natura di fondo di collegamento tra Cina e Stati Uniti, come si conviene a chi opera a Hong Kong. Lion Rock è attiva anche negli Usa: ha come banca depositaria la Silicon Valley Bank di Santa Clara, uno degli istituti di credito che ha finanziato più start up tecnologiche negli ultimi tre decenni. Gli imprenditori americani alle spalle di Lion Rock potrebbero aiutare a risolvere lo stallo dei capitali bloccati in Cina per volere del governo di Pechino. A fine 2018 Suning ha aperto una società a Londra. A gennaio 2019 Lion Rock è entrata nell’Inter. Le sponde anglosassoni adesso possono diventare appigli utili in questa fase complessa.

Quando il 18 marzo, dopo la comunicazione sulle positività di De Vrij e Vecino (successive a quelle di D’Ambrosio e Handanovic), l’Ats di Milano sospese ogni attività dell’Inter, compresa la partita col Sassuolo in programma sabato 20 (e ora spostata a mercoledì 7 aprile), il club nerazzurro si aspettava che tutti i giocatori convocati per le rispettive nazionali rimanessero a Milano, come da dispositivo emanato, onde evitare nuovi possibili contagi nei viaggi in Europa.

Quanto poi accaduto lo sanno tutti, le federazioni straniere hanno chiamato i loro giocatori, forti dei regolamenti internazionali e anche la Figc è riuscita ad ottenere il via libera per Bastoni, Barella e Sensi (non per Pinamonti in Under 21). L’Inter aveva osservato da spettatrice e qualcuno aveva storto il naso, ma dopo dieci giorni di lontananza, partite e gol, se c’è una squadra che più di altre può sorridere – ad oggi – è proprio quella di Antonio Conte.

Al di là di impiego e minutaggi – c’è chi non è mai sceso in campo come il portiere Radu o chi come Skriniar ha giocato tre partite su tre per 90 minuti -, sono i gol segnati che hanno fatto la differenza nell’umore dei giocatori nerazzurri. I convocati dell’Inter, infatti, hanno messo insieme più reti di tutti in questa sosta per le nazionali, almeno per quanto concerne le “sette sorelle” che lottano per scudetto e zona Champions. Scorrendo i tabellini di tutte le partite disputate – qualificazioni Mondiali, qualificazione alla Coppa d’Africa e amichevoli -, si può notare come i gol realizzati dagli interisti siano stati ben 6.

Mattatori il solito Lukaku, in gol contro Galles e Repubblica Ceca, ma anche a sorpresa Skriniar, evidentemente in un momento d’oro per quanto concerne le realizzazioni. Dopo due stagioni e mezzo a secco in nerazzurro, in questo campionato il difensore ha segnato 3 reti (Verona, Roma e Atalanta) e poi si è ripetuto con la Slovacchia segnando contro Malta e Russia, i suoi primi due gol in nazionale dopo 37 presenze senza squilli personali. A completare l’opera Perisic a segno contro Malta e soprattutto Sensi. Il centrocampista marchigiano, oggetto del mistero in nerazzurro a causa dei continui problemi muscolari che lo hanno afflitto da ottobre 2019 in poi, in questa stagione ha messo insieme solo 329 minuti, 104 da gennaio, però Mancini lo ha impiegato in due partite, da titolare contro la Bulgaria e nella ripresa contro la Lituania, quando ha segnato la rete che di fatto ha dato i tre punti agli azzurri (il 2-0 di Immobile è arrivato prima del fischio finale). Due presenze per 113 minuti, più di quelli giocati con l’Inter nei primi tre mesi del 2021.

Una sorta di rivincita per Sensi che ora confida di poter dare finalmente il suo contributo anche in nerazzurro.
È stata dunque una sosta da primato per l’Inter perché, come detto, nessuna fra le big italiane ha avuto così tanti gol dai convocati. Per il Napoli, secondo, 4 reti (2 Elmas, Lozano e Osimhen); 3 per il Milan (2 Calhanoglu, Kessie), l’Atalanta (Ilicic, Pasalic e Maehle) e la Lazio (2 Immobile, Muriqi); 2 per la Juventus (Ronaldo e Morata) e 1 per la Roma (Villar).

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«Qual è l’errore che dovremo evitare? Parlare a sproposito. Noi dobbiamo fare i fatti, stare zitti e pedalare». Ringhia come un bulldog il Sergente Conte sulla squadra. Lui sa bene che le soste, in stagione, sono sempre state piuttosto indigeste per il motore diesel dell’Inter: dopo la prima, è arrivato lo scivolone del derby; dopo la seconda l’ora da film horror con il Torino (poi la rimonta da 0-2 a 4-2); dopo la terza il primo tempo alla camomilla con il Crotone, chiuso sul 2-2 (suonata la sveglia – e sostituito Vidal con tanto di pubblico cazziatone – nella ripresa sono arrivati 4 gol, tutti nerazzurri). Conte sa pure che l’Inter, quando ha rimesso in moto il motore, mai è riuscita a vincere le prime due partite dal colpo di pistola: la vittoria in rimonta col Toro ha fatto da preludio alla sconfitta col Real in Champions mentre quella con il Crotone è stata seguita dal ko di Genova con la Samp, 6 gennaio, in quella che resta l’ultima sconfitta stagionale dei nerazzurri in campionato.

Tutti buoni motivi per mantenere le antenne ben dritte anche perché c’è il rischio concreto che, battendo la Samp, il Milan costringa l’Inter a scendere in campo a Bologna con tre soli punti di distacco. Virtuale, d’accordo – mercoledì il recupero con il Sassuolo restituirà giusta fisionomia alle distanze tra le contendenti per lo scudetto – però questo potrebbe far lievitare le pressioni in una squadra che non è certo abituata a fare la lepre. E l’Inter quest’anno ha già visto la sua striscia di vittorie arenarsi dopo l’ottava. «Sarà importante riprendere nella giusta maniera. Sicuramente bisognerà fare molta attenzione, affrontiamo un’ottima squadra guidata da un bravissimo allenatore. Il Bologna produce un calcio aggressivo e dopo la sosta non è mai semplice perché devi riannodare il filo del discorso, i giocatori però sanno benissimo che non c’è tantissimo tempo e bisogna ripartire nella giusta maniera – l’avvertimento di Conte – come ho sempre detto, l’importante è dare continuità ai risultati. Siamo stati bravi a fare questo filotto di vittorie e ora non dobbiamo fermarci. Ci siamo arrivati con il lavoro fin qui. Lavoriamo dall’anno scorso e cerchiamo di migliorarci, eliminando i difetti ed esaltando le nostre doti».

Eh sì perché, guardando il bicchiere mezzo pieno, è innegabile sottolineare come, almeno sulla carta, il calendario sia alquanto propizio per mettere a segno un allungo che potrebbe rivelarsi decisivo per fiaccare la resistenza delle altre, considerato che il menù, dopo Bologna, propone due gare a San Siro contro Sassuolo e Cagliari. E per questo motivo, a differenza di quanto fatto nella prima parte di stagione, è difficile pensare che l’allenatore possa attingere a piene mani nel turnover, al di là dello stretto necessario legato agli infortuni (leggasi l’affaticamento che ha costretto Perisic a restare a Milano) e a squalifiche (Bastoni, Barella, Brozovic e Lukaku restano, per esempio, appesi alla diffida): «Ho delle risorse in mano e cerco di sfruttarle al meglio con le giuste scelte e l’equilibrio. Alleno tutti i giocatori per farli scendere in campo, per cui sono tutti pronti a fare il proprio dovere se chiamati in causa». In tal senso, due fattori possono essere determinanti per affrontare le prossime partite: il recupero a tempo di record da parte di Arturo Vidal e quanto buono fatto da Stefano Sensi in Nazionale: «Abbiamo bisogno di tutti da qui alla fine e quindi il fatto che si sia sbloccato è positivo per noi». Mentre quest’ultimo può essere una risorsa in più sotto il profilo tecnico, Vidal – uno che ha vinto undici campionati in carriera, di cui otto di fila – può essere un perfetto antivirus per affrontare le pressioni legate alle ultime partite di stagione: «La pressione è quella che ci deve essere sempre in una squadra come l’Inter. Sono squadre abituate a vivere queste situazioni e bisogna affrontarle nella giusta maniera, capisco che per tanti è la prima volta ma dobbiamo pensare a noi stessi. Abbiamo sempre ragionato così e continueremo così», chiude Conte. Ma lui, Vidal, lo ha voluto proprio per gestire momenti come questo proprio nella speranza di trovarsi, un giorno, davanti a tutti.

Due defezioni dell’ultimo momento, ma anche altrettanti recuperi. Sul treno con a bordo l’Inter mancavano a sorpresa Perisic e Kolarov. Entrambi affaticati, le loro condizioni dovranno essere valutate nei prossimi giorni. Resta capire se potranno recuperare per il turno infrasettimanale. Conte è costretto così a rivedere l’undici per la gara contro il Bologna. Se è pacifico che l’ex Roma sarebbe stato in panchina, sulla sinistra Perisic sarebbe partito titolare: ecco Young, favorito su Darmian, anche perché in caso di necessità l’ex Parma potrebbe subentrare e ricoprire più ruoli. Tra i convocati si rivede Vidal, che ha recuperato a tempo di record. Il mister nerazzurro non dovrebbe rinunciare nemmeno a Eriksen, anche se Gagliardini, che non è partito con le nazionali e si è allenato sempre ad Appiano Gentile, resta un’alternativa plausibile. Infine in difesa non è da escludere a priori che De Vrij, nonostante le sole due sedute sostenute, possa essere lanciato dal primo minuto: altrimenti è pronto, come immaginabile, Ranocchia.

Sinisa Mihajlovic non le manda a dire a Roberto Mancini. Il mancato utilizzo di Soriano, chiamato a vuoto in Nazionale, gli è proprio risultato indigesto: «Non mi aspettavo che lo mandasse tre volte su tre in tribuna. Soriano ha dimostrato di essere il miglior centrocampista italiano per rendimento, gol e assist. Ho visto giocare altri che hanno poche presenze in campionato. Era meglio che fosse rimasto con noi ad allenarsi. Parlo da allenatore del Bologna e amico di Mancini: si meritava di giocare e avere questa soddisfazione. Soriano ha 30 anni, non è un ragazzino. Almeno andare una volta in panchina sarebbe stato il minimo.

Al posto di Soriano, l’avrei mandato a quel paese e sarei tornato a casa. Rode a me per lui». Se non altro Soriano non è rientrato a Bologna col Covid. Un problema che invece ha colpito il portiere Skorupski, attualmente in isolamento in Polonia. Oggi contro l’Inter dovrebbe toccare al ventenne Ravaglia, favorito su Da Costa, anche se Mihajlovic alla vigilia, come suo costume, non si è sbilanciato («Soluzione logica? Con me non c’è nessuna logica»). In difesa i laterali sono contati: giocheranno Dijks a sinistra e Tomiyasu a destra, entrambi diffidati. Piuttosto è al centro che Sinisa si aspetta scintille: «Se potessi, toglierei Lukaku e Lautaro all’Inter.

Se gli venisse una febbriciola non sarebbe male. Tutto il Bologna deve giocare una partita perfetta, sperando che loro non siano in giornata giusta. Certo dobbiamo far arrivare meno palloni possibili ai giocatori di qualità. Sono curioso di vedere il duello tra Soumaoro e Lukaku. E’ l’unico che fisicamente lo può contenere». In ogni caso il tecnico serbo non deflette dal suo essere sempre e comunque fedele alla linea.

Mihajlovic rifiuta il concetto di partita “ingiocabile” chiunque gli si pari innanzi: «Non siamo una squadra che parcheggia il pullman dietro e spera di non prendere gol. Abbiamo la nostra identità sia affrontando l’Inter, sia il Borgo Panigale. Ho battuto tantissimo sul tasto dell’atteggiamento mentale giusto. A Crotone la società voleva mandare tutti in ritiro un giorno prima, e io ho detto di no. Invece nel primo tempo abbiamo sbagliato alla grande. Il Bologna perde con tutti, anche contro squadre di B e C, se non mostra l’atteggiamento corretto. Questo mi fa arrabbiare moltissimo. Il nostro obiettivo resta la salvezza. E siamo sulla buona strada».

Dimenticate l’Inter sul mercato. A me hanno detto questo e riferisco questo. La linea mi è stata dettata ad agosto e infatti Hakimi l’abbiamo preso ad aprile…». Le parole pronunciate da Antonio Conte risalgono al 10 gennaio (dopo Roma-Inter, quando lo scudetto era ancora un pensiero lontano) ma risultano profondamente attuali. Questo per almeno un paio di motivi. Il primo è legato all’immobilismo che continua a regnare intorno all’Inter. Secondo deriva dall’ammissione di come l’operazione Hakimi il club l’abbia apparecchiata proprio un anno fa di questi tempi. Merito del ds Piero Ausilio, come riconosciuto pure da Beppe Marotta, che si è fiondato sul marocchino quando ha capito che per il Real Madrid il suo cartellino sarebbe stato utilizzato come merce per fare plusvalenza.

Operazione da 43 milioni con ingaggio da 5 per cinque stagioni. Una “finanziaria” che ha assicurato a Suning un giocatore che oggi secondo il CIES Football Observatory vale tra i 90 e i 120 milioni ma, soprattutto, un rinforzo fondamentale per fare dell’Inter una squadra da scudetto. Quasi superfluo sottolineare che se un intermediario arrivasse in questi giorni in sede per proporre un affare in fotocopia, Ausilio sarebbe costretto (a malincuore) a passare la mano. Infatti il ds e Dario Baccin, suo braccio destro, a tutti gli agenti che nelle ultime settimane hanno provato ad avvicinarli soprattutto per proporre giocatori svincolati hanno dato la stessa risposta, ovvero che tutto è congelato in attesa di capire quali sono le coordinate entro cui procedere nella programmazione del mercato estivo. Coordinate, ovviamente, che vertono essenzialmente su un tema: il budget a disposizione per rinforzare la squadra.

A oggi non è possibile fare una scrematura delle varie proposte e questo ritardo di programmazione l’Inter rischia di pagarlo carissimo nella stagione post-Covid. Un anno fa tutto era diverso perché, quanto meno, fino all’estate – quando Suning ha tirato il freno – l’Inter aveva già portato avanti più trattative. Oltre a quella per Hakimi, non va dimenticato come il club nerazzurro avesse in mano Sandro Tonali e Marash Kumbulla, poi andati al Milan e alla Roma una volta Marotta ha capito che sarebbe stato impossibile fare un’offerta per i cartellini. Una volta compresa l’antifona, Conte ha così preferito puntare sull’usato sicuro e sono arrivati Arturo Vidal e Aleksandar Kolarov che, nell’immediato, avrebbero dato garanzie di aumentare la competitività della rosa senza che i loro cartellini pesassero a bilancio.

Probabilmente, ci fosse stato il budget, oltre al cileno sarebbe arrivato pure Tonali (sulla scia di quanto fatto l’estate precedente con Barella) però, come sottolineato, lo stop arrivato da Nanchino ha costretto il club a cambiare le carte in tavola. Oggi addirittura il mazzo è ancora riposto in un cassetto ben chiuso a chiave, come lo era a gennaio quando per 2,5 milioni è sfumato lo scambio tra Alexis Sanchez ed Edin Dzeko. Al netto della crescita del Niño Maravilla, sarebbe stato il colpo del mercato, invece nulla ha potuto l’Inter per colmare una distanza tanto risibile per un club abituato negli anni ad avere ben altra potenza di fuoco. Tra l’altro, qualche crepa, nell’organico, si è già aperta: Andrea Ranocchia, in scadenza, probabilmente cercherà altrove un finale di carriera da protagonista, mentre Kolarov andrà a scadenza visto che difficilmente scatterà l’opzione per il rinnovo automatico (dovrebbe giocare 9 delle ultime 11 partite…). Per sostituirli, è stato proposto Nikola Maksimovic, che si svincolerà dal Napoli ma tutto è stato, anche in questo caso congelato. Nella speranza che i buoni rapporti con il suo agente, Fali Ramadani, lascino così cristallizzata la pratica fino a tempi migliori. Altrimenti l’Inter dovrà guardare altrove.

C’è un mercato che l’Inter spera si muova da solo senza la necessità dell’intervento della propria dirigenza, oggi con le mani legate per la situazione societaria: è quello dei prestiti. Sono tantissimi i giocatori nerazzurri ceduti a tempo determinato, molti con un diritto di riscatto che, se esercitato, porterebbe un’importante boccata d’ossigeno alle casse del club. Al momento, però, non ci sono grandi certezze, anzi. L’Inter confida in novità su Joao Mario e Nainggolan. Il primo è tornato allo Sporting Lisbona dove sta facendo discretamente bene, a fine stagione il suo valore a bilancio sarà di circa 6.8 milioni, l’Inter ne vorrebbe intascare 10. Nainggolan è al Cagliari e lì vorrebbe rimanere. Gli ostacoli sono due: il primo la salvezza del club sardo, al momento per nulla sicura, secondo l’ingaggio del belga, ben 4.5 milioni. Il peso a bilancio? Poco più di 9.5 milioni, ma, come detto, non è il problema primario. Sono invece già fissati cinque diritti di riscatti che, se attuati, frutterebbero quasi 45 milioni: 6 per Gravillon al Lorient, 12 per Dalbert al Rennes, 13.8 per Lazaro al Borussia Monchengladbach, 7 per Di Gregorio al Monza e 6.5 per Dimarco al Verona. Ad oggi, Monza e Verona potrebbero essere interessate, con l’Inter che avrebbe un contro-riscatto a proprio favore. Fra i tanti giovani in prestito, Pirola al Monza, Brazao al Real Oviedo, Vagiannidis al Sint-Truiden, Salcedo al Verona, Agoume allo Spezia, Males al Basilea ed Esposito al Venezia.