Nada Cella: chi è, storia, causa morte

Questo articolo in breve

Nel corso delle indagini, una fonte  il confidenziale riferiva che il 15 maggio l’avvocato Gianluigi Cella aveva ricevuto in quei giorni una segnalazione anonima sull’identità dell’autore dell’omicidio.
Veniva pertanto contattato il professionista, il quale riferiva effettivamente di aver ricevuto una telefonata anonima da parte di una donna, qualificatasi come ‘una signorina’.

Questa asseriva che, alle 8.50 di lunedì 6 maggio, transitando a bordo della sua autovettura per via Entella, all’altezza dell’incrocio con via Marsala, aveva visto una ragazza a lei nota come Anna’, abitante in corso Dante, mentre partiva con il suo motorino parcheggiato in via Marsala dinanzi al negozio di calzature. Per salutarla aveva cercato di richiamarne l’attenzione facendo un cenno con la mano e suonando il clacson dell’autovettura, ma la donna non l’aveva notata e lei invece si sarebbe accorta che ‘Anna’ aveva un’espressione sconvolta”.

Quello che avete letto è contenuto nella prima relazione che la polizia di Stato scrisse dopo il delitto di Nada Cella, la segretaria di 25 anni uccisa nello studio del commercialista dove lavorava a Chiavari, in provincia di Genova. Era la mattina del 6 maggio 1996. La misteriosa Anna in motorino (del quale parliamo più avanti) a cui fa riferimento la fonte anonima, secondo l’accusa, potrebbe essere proprio l’attuale indagata per omicidio, che infatti si chiama Annalucia Cecere ed è un’ex insegnante.

La Cecere all’epoca aveva 28 anni, oggi ne ha 53. Insieme con la donna sono indagati anche l’ex datore di lavoro della vittima, cioè il commercialista Marco Soracco, 60 anni, e la sua anziana madre Marisa Bacchioni, 89 anni. Sono entrambi accusati di false dichiarazioni al pubblico ministero. Perché? Lo vedremo dopo. C’è un’altra donna sullo sfondo di questa drammatica storia.

È Silvana Smaniotto, 75 anni, ed è la mamma di Nada. La donna ha commentato la vicenda così: «Ho scoperto solo recentemente l’esistenza delle telefonate anonime in cui si parla di una certa Anna. Non so perché questa circostanza non sia stata approfondita. Voglio fare un appello a chi fece quelle telefonate: si faccia vivo, perché io voglio che venga perseguito il vero assassino di mia figlia». Ma torniamo all’indagine su Annalucia Cecere.

La donna finì subito nel mirino degli investigatori. La Procura di Genova la indagò appena 15 giorni dopo il delitto. Su di lei c’erano pesanti sospetti, ma nessuna prova. Almeno così dev ’essere sembrato ai tempi. Risulta addirittura che la donna, con un vero e proprio colpo di teatro, si sarebbe recata in Procura minacciando di suicidarsi nel caso in cui la sua posizione non fosse stata archiviata. Fatto sta che l’allora procuratore archiviò l’indagine sulla Cecere.

Erano stati alcuni testimoni, con le loro dichiarazioni, a tirarla in mezzo e a spingere gli investigatori a concentrare le attenzioni sul suo conto. Si legge infatti nella nota della polizia: «Il 14 agosto del 1996, a tre mesi dall’omicidio, Marco Soracco consegnava in questi uffici un nastro magnetico nel quale era registrata la telefonata di una donna che sosteneva di avere 24 anni e avanzava sospetti su una certa Cecere, che lei aveva visto fuggire con un motorino da via Marsala (il giorno del delitto, ndr). La stessa riferiva di aver già informato dei suoi sospetti gli avvocati del commercialista e della vittima, nonché la curia di Chiavari». Nei mesi scorsi proprio il motorino di Anna-lucia Cecere è stato sequestrato e sottoposto ad accertamenti. Su questo motorino sono state effettivamente trovate tracce di sangue. Sono in corso ulteriori analisi. La partita vera si gioca proprio sulle analisi scientifiche, soprattutto sull’esame del Dna. Sono infatti stati disposti esami su alcuni reperti sequestrati sulla scena del delitto e conservati in tutti questi anni. Quali? Uno in particolare.