La storia di Marco Pantani chi è: età, trofei, ciclismo, causa morte, doping e vita privata

La morte di Marco Pantani rappresenta una ferita nel cuore di tutti gli appassionati dello sport italiano (e non solo) e, a tal proposito, la mamma del “Pirata”, Tonina Belletti, si è recata il 3 febbraio scorso dai Carabinieri del Nucleo investigativo del reparto operativo di Rimini: «Cercate le due escort che sono salite nella sua stanza la mattina in cui Marco è morto» ha asserito.

La donna, assistita dall’avvocato Fiorenzo Alessi, è rimasta per tre ore e mezzo nella sede del comando provinciale della città romagnola. Come riferisce Il Resto del Carlino, la mamma del ciclista ha risposto a tutte le domande, ha offerto ai carabinieri nuovi elementi e depositato un’altra memoria. «È la seconda volta in pochi mesi che Tonina viene sentita dagli inquirenti, da quando è stata avviata dalla Procura di Rimini la nuova inchiesta (la terza) sulla morte di Pantani – si legge nel servizio –.

Un fascicolo contro ignoti, per ora, affidato al pm Luca Bertuzzi, che ha già sentito vari testimoni, compreso lo spacciatore di Pantani, Fabio Miradossa». Raggiunta telefonicamente dai colleghi del Resto del Carlino al termine dell’incontro con i carabinieri, mamma Tonina non si è voluta sbottonare circa quanto da lei riferito alle autorità in merito alla morte del figlio: «Voglio solo giustizia, per mettermi finalmente il cuore in pace – ha asserito la donna –. Vogliamo sapere com’è morto Marco e se c’era qualcuno con lui, come crediamo».

La signora Tonina e il marito Paolo intendono «andare fino in fondo» ha puntualizzato il loro avvocato, Fiorenzo Alessi, aggiungendo: «Per questo abbiamo chiesto alla Procura di Rimini di ottenere tutti gli atti della commissione antimafia su Pantani, che si è conclusa il mese scorso». L’auspicio è che possa essere fatta finalmente e, soprattutto, definitivamente luce sulle ultime ore di vita di uno dei più grandi fuoriclasse di tutte le epoche del ciclismo nostrano.

Quella di Marco Pantani è una storia d’amore per il ciclismo e la tragedia nella sua sfaccettatura più personale. Nato in un’umile famiglia che ha sempre sostenuto Marco, El Pirata (pseudonimo a lui attribuito sia per il suo modo di correre che per il suo aspetto fisico) ha segnato un prima e un dopo per il ciclismo italiano.

Giro-Tour, un record ancora in vigore

Il suo debutto come professionista avvenne all’età di 22 anni, subito dopo i Giochi Olimpici di Barcellona del 1992, in particolare al Gran Premio di Camaiore di quell’anno. Il pilota italiano, famoso per il suo carattere vorace e pretenzioso, ha incontrato il direttore sportivo del team Carrera, Davide Boifava, al quale ha assicurato che la sua firma avrebbe portato molte gioie alla sua squadra.

Anche se i suoi primi passi da professionista furono fatti lì, i suoi anni più gloriosi furono vissuti in un’altra formazione (giocò solo in due per tutta la sua vita sportiva): il Mercatone Uno. Con una sciarpa particolare legata alla testaEl Pirata iniziò a dare i suoi primi pedali verso la gloria in un momento in cui l’uso del casco non era ancora obbligatorio, anni in cui il ciclismo era un’avventura adatta solo ai più coraggiosi.

La Milano-Torino del 1995 rimarrà uno dei giorni più bui dell’alta carriera del coraggioso scalatore transalpinista. Quel giorno, Pantani ha colpito una torre mentre stava affrontando una discesa situata a soli sette chilometri dal traguardo. Dopo lo spettacolare incidente, la prima diagnosi ha mostrato una frattura aperta della tibia e del femore, oltre a un taglio profondo nel mento e una fessura nella clavicola. Fortunatamente, l’italiano è stato in grado di riprendersi ed è tornato sulle strade un anno dopo con più forza che mai. Il ragazzo l’ha fatto.

Dopo essere salita sul podio al Tour de France del 1997, Cesena è riuscita a vincere il Giro d’Italia e la Grande Boucle nel 1998, essendo ad oggi l’ultimo ciclista in grado di compiere un’impresa del genere nello stesso percorso. Una barbarie.

La mostra a Oropa

Pur avendo scritto una delle pagine più importanti della storia di questo sport, Mercatone Uno ha riservato uno dei suoi episodi più gloriosi alla corsa rosa del 1999. La 15esima tappa, partita da Racconigi sulla strada per il mitico Santuario di Oropa, era iniziata con un Marco Pantani che indossava la maglia di leader e che fino ad oggi era stato intrattabile. Aveva tutto in faccia per aggiungere la sua seconda torcia consecutiva nel giro del suo paese.

Tuttavia, tutto potrebbe cambiare nei primi metri dell’ultima salita della giornata, nello specifico a 8,5 chilometri dal traguardo. In quel momento inopportuno, la sfortuna si è impadronita della figura di El Pirata dopo che la catena si è spenta quando la gara è stata lanciata. Rapidamente, il leader del Giro si fece da parte e, in preda al panico (o forse a causa del suo sangue freddo), non avvertì i suoi compagni di squadra di quanto accaduto.

Quasi mezzo chilometro dopo, i soldati del Mercatone Uno notarono l’assenza del loro capo e decisero di frenare per aspettare l’italiano. Iniziò una rimonta eroica, una sorta di cronoclimbing per salvare la preziosa maglia rosa. A poco a poco e con una pedalata che denotava forza e supremazia, Pantani ha eseguito i suoi rivali fino a raggiungere la testa della gara, dove il francese Laurent Jalabert è rimasto sbalordito dall’esibizione che l’attuale vincitore della prova stava dando. Prima, anche Simoni, Gotti, Clavero o Savoldelli avevano assistito a una tale impresa.

Ed è che il ciclista italiano ha fatto la salita al Santuario di Oropa (13 km. al 6%) in 23 minuti e 23 secondi, un record che rimane ancora immobile in cima all’orario di questo luogo di culto per il ciclismo internazionale. Dopo aver abbagliato gli appassionati di questo sport e aver agito come un solido leader di questa edizione del Giro, El Pirata è stato squalificato per un livello di ematocrito nel sangue (51,9%) che ha superato i limiti stabiliti (50%). Un’ingiustizia che la Gazzetta dello Sport è stata responsabile di smascherare nel marzo 2016, momento in cui è stato rivelato che una mafia italiana aveva corrotto uno dei medici della gara in modo che alterasse i risultati del bizzarro corridore transalpino.

Quella macchia indelebile sulla sua vita professionale sarebbe servita come punto di partenza di una strada tortuosa e insidiosa che lo avrebbe portato a morire a Rimini il 14 febbraio 2004. Restiamo con il bene. Fino a sempre, campione.