Sembra emozionato Gabriel Garko davanti al registratore mentre sa già che le domande saranno tantissime. Perché, per i suoi fan, non vederlo recitare in televisione è stato un dispiacere. Quasi una questione che coinvolge “L’onore e il rispetto” di ogni fedele ammiratore. Ma lui, da attore, ironizza sul fatto che, forse, per qualcuno era meglio così. E che quell’assenza, giustificata da una pausa di riflessione ponderata e voluta, ha a che fare con nuove e importanti scelte di vita a cui seguiranno interessanti e segreti impegni professionali. L’amore non gli manca, è impegnato e probabilmente è proprio questo il motore della sua rinascita.
A 47 anni, Garko convive con un’immagine più matura di sé e ha imparato ad accettare le critiche, anche quelle meno piacevoli. Restando il sex symbol di un tempo ma con una marcia in più dettata dall’esperienza.
Da un po’ di tempo ha preso le distanze dalle scene e dalla tivù. Una pausa di riflessione?
«Diciamo che un po’ di gente è anche contenta di questa mia pausa di riflessione. (Ride, ndr). No, è una battuta. Ho cambiato alcune cose nella mia vita in vista di decisioni future. C’è un ’ di roba che bolle in pentola, però non posso dire ancora nulla».
Impegni teatrali o televisivi?
«Un po’ di tutto, ma non posso parlarne perché fino a quando non ne ho la certezza, nero su bianco, non amo svelare troppo prima».
Un reality show?
«No, per niente».
Un periodo particolare in Italia. Prima di Tiziano Ferro, l’unione tra Imma Battaglia ed Èva Grimaldi. Lei è molto legato alla seconda…
«Sono molto legato a Èva. Sono però dell’opinione che sì, è bene parlare delle unioni omosessuali perché ci sono ancora persone che le vedono come qualcosa di sbagliato, ma sono anche dell’idea che quando non se ne parlerà più significherà che il tutto è stato accettato come assolutamente normale. Nessuno ha il diritto di criticare i sentimenti. Siamo in una democrazia e ognuno è libero di amare chi vuole».
Chi è oggi Gabriel a 47 anni?
«Oggi mi guardo con una luce diversa, anche se di anni me ne sento 30. Sono molto sereno, mi sento bene, sono cambiate molte cose rispetto a tanto tempo fa e questo è anche uno dei motivi della mia pausa di riflessione. Sono meno preoccupato del giudizio del pubblico».
Esteticamente come si percepisce alla sua età? Il tempo passa per tutti, si sente diverso rispetto a quando ha iniziato?
«Sicuramente cambiato, ma non mi interessa molto. Vedo la mia faccia allo specchio ogni giorno e, quindi, i cambiamenti li percepisco di meno».
C’è un momento preciso in cui ha capito che avrebfatto l’attore?
«Un lavoro che ho sempre amato, perché mi ha dato la possibilità di evadere dal quotidiano. Sin da piccolo andavo al cinema a vedere i film anche da solo perché c’era quella magia che mi permetteva di sognare per almeno un paio d’ore. Quindi già da bambino ho capito che quella sarebbe stata la mia strada».
A che età ha cominciato a recitare?
«A 9 anni, ma non ho mai partecipato a una recita scolastica perché mi vergognavo. Non ho mai voluto recitare a scuola, forse perché on avevo la preparazione adeguata».
Lei ha spaziato in generi diversi, tra cui la fiction che è sempre vista con un po’ di sospetto dalla critica. Una bella palestra professionale comunque…
«Posso ascoltare la critica che critica ciò che ha visto. Ma spesso i critici scrivono tanto per farlo e non vedono quello che criticano. Ho imparato a dare retta al pubblico e meno ai critici. Gli spettatori promuovono un programma non cambiando canale perché, a differenza del cinema dove difficilmente escono dalla sala se vanno a vedere un film, a casa invece hanno il telecomando. Se riesci a mantenere viva la loro attenzione hai già vinto. Ho sempre avuto ottimi risultati in passato e spero di averne ancora in futuro».
D genere fiction ha una dignità pari a quella del grande schermo?
«Quando lavoro sul set non distinguo tra cinema e fiction. Il lavoro è sempre quello e per me inizia dal copione. Se la sceneggiatura è bella, che sia cinema o fiction non conta, mi lancio nel progetto. In principio molti attori erano snob nei confronti del genere, ma adesso fanno la fila per avere una parte. Per me non cambia nulla, è sempre spettacolo. L’obiettivo è quello di far sognare chi ci guarda».
I social possono fare molto male
Ha lavorato con il regista Franco Zeffirelli, scomparso di recente. Che effetto fa essere diretto da uno dei più grandi maestri del nostro cinema?
«La prima volta che ci siamo incontrati mi batteva forte il cuore perché relazionarsi con un personaggio di quel calibro ti fa sentire molto piccolo. Poi, parlando con lui, ho scoperto la persona e, soprattutto, quello che poteva regalarmi e donarmi come artista. E del film che abbiamo girato insieme, Cal- las forever, con Fanny Ardant e Jeremy Irons, ricordo le grasse risate e le sue urla. Ma tutto passava subito, sul set era molto severo».
Un altro punto di svolta della sua vita professionale è stato il film Le fate ignoranti di Ferzan Ozpetek. Cosa ricorda di quell’esperienza?
«Per venti giorni non ho mangiato, il mio personaggio era molto impegnativo. Un molo che mi ha insegnato tanto e nel quale ero entrato troppo, forse anche a causa del dimagrimento. Poi ho avuto qualche problema. Ora, con l’esperienza, calibro meglio».
E Senso ‘45 per la regia di Tinto Brass?
«La prima è stata molto imbarazzante. Avevo firmato un contratto blindato perché c’erano parecchie scene di nudo.
10 potevo avere il coprises- so sul set e una sola scena di nudo frontale integrale, ma non sessuale. E c’era un momento in cui correvo sulla spiaggia uscendo da un gabbiotto verso
11 mare. La scena è stata montata al rallenty, quindi ho subito chiamato mia madre al telefono dicendole di non andare a vedere il film». (Ride, ndr.).
Si è pentito di aver girato questo film?
«Assolutamente no».
La bellezza è stata un limite agli inizi della sua carriera?
«Il motivo per il quale ho scelto di fare cinema è proprio questo. Ma mi hanno detto “ il molo non può essere tuo perché sei troppo bello” e a scuola dovevo faticare di più rispetto agli altri e impegnarmi per prendere il voto migliore. A volte mi hanno giudicato come scemo. Perché se sei bello sei scemo. Sono arrivato però alla conclusione che mi interessa il giudizio delle persone fino a un certo punto».
Una critica che le ha fatto male e un complimento che l’ha lusingata?
«Le critiche che fanno più male sono quelle gratuite che vanno di moda sui social perché lì si tocca la sfera personale. Qualcuno, addirittura, mi ha chiesto scusa per i suoi attacchi. I social sono un mezzo che bisogna usare perché siamo nel 2019, ma ne ho preso le distanze. Preferisco ricevere critiche a livello professionale. I complimenti belli mi piacciono sul set quando ho studiato molto e il regista è soddisfatto».