“Una vacanza…”. Elena Ceste, Michele Buoninconti choc

Questo articolo in breve

“Sogno Elena vestita di bianco, mi apre le braccia e mi sorride”. Così scriveva Michele Buoniconti dal carcere dove è recluso per l’omicidio della moglie Elena Ceste, la donna cui si riferisce nella lettera indirizzata al suo avvocato e diffusa da programma ‘Quarto Grado’. L’uomo è stato condannato in via definitiva nel maggio del 2018. Secondo la ricostruzione processuale ha strangolato a morte la madre dei suoi quattro figli e ne ha abbandonato il corpo nel Rio Mersa, a due chilometri da casa, dove è stato trovato dieci mesi dopo.

Quarto Grado ha mandato in onda la lettera che Buoninconti ha inviato al suo avvocato: “Caro Enrico,  so che questi giorni ti recherai al cimitero dai tuoi cari (la lettera è stata scritta il 30 ottobre 2018, ndr) a me purtroppo non è concesso. Io pregherò nel silenzio della mia cella di notte. Spero che le mie preghiere vengano esaudite. Chissà quando mi permetteranno di portare un fiore sulla tomba della mia amata Elena”.

“Ancora non riesco ad accettare ciò che è accaduto. Perché a lei? Non poteva stare ancora un altro po’ con i suoi figli che tanto amava? Col dolore nel cuore ti scrivo queste cose: Perché? Perché? Non c’è notte che non le rivolgo le preghiere con la speranza di venirmi in sogno. Spesso riesco a sognarla. Il più delle volte vestita di bianco. All’inizio diceva che non poteva farsi toccare, ora apre le sue braccia e mi bacia, il più delle volte circondati dai nostri figli che sono contenti di averci a casa … Chissà quando finirà questa sofferenza alla quale si aggiunge la disperazione di non essere creduto”.

In un colloqui in carcere con un’amica è arrivata anche la dichiarazione choc: “Il carcere? È come una vacanza per me”. Parole che hanno fatto discutere non poco visto che i suoi figli si son ritrovati senza madre, uccisa in modo barbaro, e senza padre, in carcere con l’accusa di omicidio. Da quel giorno, nessuna traccia di lei, nessuna notizia. Un mistero che rimane tale fino al 18 ottobre, quando in un canale di scolo tra il fiume Tanaro e la vecchia ferrovia, vengono ritrovati dei resti umani in evidente stato di decomposizione. L’esame del DNA confermerà che si tratta proprio del corpo di Elena Ceste: omicidio o suicidio? A solo scopo precauzionale, viene immediatamente iscritto nel registro degli indagati Michele Buoninconti, chiamato a testimoniare sui fatti di quella tragica mattina del 24 gennaio 2014.

 

Viene eseguita l’autopsia sui resti della donna e sembrano emergere immediatamente delle contraddizioni: l’acqua, in quel punto era bassa, e quindi è da escludere l’annegamento, e la posizione raccolta del cadavere fa pensare che qualcuno abbia portato lì il corpo. La mattina del 29 gennaio 2015, alle ore 10, i carabinieri di Asti eseguono l’arresto di Michele Buoninconti con l’accusa di omicidio volontario premeditato e di occultamento di cadavere. Nel 2018 la cassazione ha confermato per lui la condanna a trent’anni per omicidio volontario e occultamento di cadavere.