Era nell’androne del palazzo, accovacciata ai piedi delle scale, con i vestiti strappati. «Signora che cosa l’è successo? Siamo qui per aiutarla», le hanno detto i poliziotti delle volanti, mandati in quella zona della periferia Nord della città per una presunta lite in famiglia. No, niente di tutto questo.
Nessuna lite. Ben altro orrore è emerso dalle sue parole miste a lacrime. «Mio figlio mi ha violentata per ore. È un tossicodipendente da anni. Si fa di crack tutto il giorno. Vive di allucinazioni. Adesso sta dormendo nella sua stanza. Solo adesso sono riuscita a liberarmi e a chiedere aiuto».
Il figlio, trentenne è stato arrestato con l’accusa di abuso sessuale. Ora si trova in carcere, sottoposto a misura cautelare, in attesa delle analisi del Dna effettuate sia sui campioni biologici isolati sui vestiti e sia su quelli recuperati nel corso della visita medica a cui è stata sottoposta la donna, poco più che cinquantenne, negli ambulatori del Sant’Anna.
È una storia che va oltre la violenza. Che affonda in quell’abisso che si chiama crack. La droga che negli ultimi anni sta conquistando la piazza torinese. «Costa poco, si trova con facilità, è molto diffusa tra i giovani. Ma con effetti devastanti sui consumatori» dicono gli investigatori. Nel corso dell’udienza di convalida dell’arrestato, avvenuto pochi giorni fa, l’uomo, difeso dall’avvocato Roberto Franco, ha respinto le accuse.
Nessuna ammissione. Contro di lui però ci sono le dichiarazioni precise della donna, che ha messo nero su bianco, in un verbale dettagliato, le tre ore in cui è stata imprigionata in casa e abusata dal figlio, in preda alle allucinazioni. «Stavo per uscire di casa, per andare a lavorare, quando lui mi ha aggredito in cucina. Ho cercato di fermarlo, ma lui mi ha minacciata. Sembrava un altro, non era mio figlio.
Era fuori si sé. Mi ha immobilizzata e abusata. Più di una volta si è fatto di crack mentre ero sua prigioniera. Solo quando si è addormentato sono riuscita a fuggire. Ho preso il telefonino dalla borsa ed ho chiamato la polizia». Senza esitare lo ha denunciato. L’inchiesta è coordinata dal pm Roberto Sparagna. La donna è stata portata al centro antiviolenza del Sant’Anna e sottoposta alle visite del caso. I tamponi biologici sono stati inviati alla polizia scientifica per l’esame del Dna.
Circa il 25% della droga sequestrata dalla polizia riguarda dosi di crack. Nelle principali aree di spaccio della città, i comandi dei carabinieri hanno arrestato negli ultimi mesi 74 pusher «specializzati» nello spaccio dei cristalli di cocaina da fumare. Le principali zone di spaccio sono a Barriera di Milano, a Madonna di Campagna, a San Donato. Un mercato in forte espansione, secondo le valutazioni degli investigatori. Controllato soprattutto dalle bande criminali senegalesi. Si spaccia crack in piazza Montanaro, in corso principe Oddone, in corso Vigevano. Produrre il crack è relativamente facile e poco costoso. Molti pusher si producono in casa la droga utilizzando le caffettiere. Fanno cristallizzare la cocaina facendola bollire con l’ammoniaca. E i clienti non mancano.