Vero che in Libia la guerra non si è fermata, vero che nel paese nordafricano l’emergenza dura da almeno un decennio, ma ciò non toglie che il conflitto italiano, quello che il nostro paese sta combattendo contro il Covid-19, provochi ugualmente dolore e sofferenza nella popolazione.
Un principio questo forse quasi banale da ricordare, ma non per alcuni rappresentanti delle Ong che invece scalpitano per tornare in mare e portare in Italia nuovamente decine di migranti. Le parole di Riccardo Gatti, presidente di Open Arms, dei giorni scorsi appaiono piuttosto eloquenti: “In Libia ci sono ancora uomini, donne e bambini che rischiano la vita ogni giorno – ha dichiarato il numero uno dell’Ong spagnola – in Libia il coronavirus non è l’unico problema, la loro vita è violata. Tutti i giorni”.
“I giovanotti di Open Arms si considerano dei missionari dell’ immigrazione, coraggiosi paladini dei più deboli, moderni Robin Hood”, ha sottolineato Maurizio Belpietro su La Verità. Vogliono tornare di fronte la Libia, per loro sembra quasi che le uniche sofferenze degne di nota siano quelle di coloro che vivono nella sponda africana del Mediterraneo.
Poco importa dunque se l’Italia oggi non è in grado di accogliere nemmeno una persona in più rispetto alle migliaia che, a fatica e con non pochi rischi, trattiene all’interno dei centri di accoglienza.
Non solo Gatti e non solo la Open Arms, a scalpitare sono anche i membri dell’Ong francese Sos Mediterranée, i quali ieri hanno dichiarato di aver fatto attraccare la Ocean Viking a Marsiglia e di rispettare le normative anti coronavirus in vigore anche in Francia: “Ma stiamo lavorando per tornare in mare al più presto”, hanno voluto far sapere.
Si sta dentro il porto perché costretti dalle circostanze, non per evitare di gravare sulla condizione di un paese, quale il nostro, sfiancato e provato da un’emergenza sanitaria inattesa e dunque ancor più terribile da vivere. Tutta Italia è sotto pressione per quanto sta accadendo: lo sono i cittadini, ma lo sono soprattutto i medici ed i volontari in corsia che non vedono le proprie famiglie da settimane per dare una speranza di vita a tutte quelle persone che non hanno più la forza di respirare autonomamente.
Dalle parole dei membri delle Ong, non sembra esserci molta compassione per l’Italia e per gli italiani. Quando siamo noi a cadere nel baratro della guerra, non c’è umanità da mostrare o da mantenere. E quindi poco può importare che ogni singolo sbarco nel nostro paese, equivarrebbe a togliere forze di sicurezza e di soccorso destinate alla nostra guerra, quella che stiamo combattendo contro il virus.
Un singolo approdo di migranti in Italia, oggi potrebbe voler dire assestare un colpo molto duro a livello organizzativo,e non solo, a tutte quelle Prefetture già ingolfate di lavoro per coordinare al meglio gli interventi logistici relativi alla battaglia contro il virus.
Un rappresentante delle Ong che rimarca la necessità di tornare nel Mediterraneo, ignora forse l’emergenza che c’è sulla terraferma, non ha forse visto le immagini dei cimiteri della bergamasca dove decine di persone non possono essere sepolte perché mancano i posti necessari, non ha idea dell’inferno calato in tutta la penisola.
Non si è forse compreso che l’Italia per adesso non è un porto sicuro, che anche qui c’è la guerra e non è possibile garantire ogni ordinaria assistenza. Si dice che, proprio perché in guerra, occorrerebbe evitare ogni polemica, tuttavia è impossibile non pensare al silenzio del governo in merito. Le Ong non tornano in mare solo perché logisticamente non riescono ad organizzarsi, ma quando le condizioni lo permetteranno le navi arriveranno nuovamente a praticare l’accoglienza come in tempo di pace. Nessuno glielo proibirà, non con la stessa durezza con la quale agli italiani viene, giustamente, chiesto di non fare nemmeno attività fisica all’aperto.
E nel frattempo l’Europa, dal canto suo, ancora oggi contribuisce a rendere paradossale questa situazione: da Bruxelles dicono di aver blindato le frontiere esterne, ma i richiedenti asilo potranno tranquillamente accedere senza problemi. Una posizione che sembra quasi un invito a nozze per quelle Ong secondo cui la guerra italiana è un problema secondario e le sofferenze del nostro paese, forse, nemmeno da tenere in considerazione.