Coronavirus, il market raddoppia i prezzi. Ora Conad gli toglie la licenza

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Da quando è iniziata l’emergenza coronavirus, in molti supermercati d’Italia si è assistito a un aumento dei prezzi di alcuni beni di prima necessità. La percezione che molti clienti stanno avendo è che il rincaro di alcuni prodotti sia dovuto agli effetti del covid-19 sull’economia, ma c’è qualcuno che ha approfittato della situazione per aumentare i guadagni portando i prezzi alle stelle.

In alcuni casi si è registrato un aumento anche del 20%. A Monreale, in Sicilia, un cliente di un supermercato ha pagato 4 arance 4 euro, praticamente un euro a frutto, mentre 2 peperoni 3 euro. Molti esercenti si difendono sostenendo che l’aumento sia dettato dalla riduzione dei trasporti che avrebbe quindi diminuito l’approvvigionamento delle merci, ma Federconsumatori ha smentito spiegando che le restrizioni imposte dal Governo durante l’emergenza sanitaria non vanno a intaccare i trasporti o la filiera agroalimentare e quindi ogni tipo di rincaro non ha alcuna scusante.

E c’è un proprietario di un supermercato Conad in Piemonte che si è visto ritirare la licenza a causa di questi aumenti spropositati. La decisione è stata presa dal Conad Consorzio Nazionale Dettaglianti, che ha deciso di procedere alla risoluzione della licenza d’uso del marchio a favore del punto vendita Conad City di Favria, in provincia di Torino “a seguito della mancata applicazione del piano promozionale e delle politiche commerciali definite dal Consorzio Conad”.

Come riporta La Stampa, la decisione è stata presa dopo che, alcuni giorni fa, la guardia di finanza di Lanzo, aveva verificato come alcuni generi di prima necessità che dovevano essere in offerta, venivano venduti ad un prezzo maggiorato del 200 per cento. Del ‘volantino offerte’ in vigore non c’era traccia e i la differenza di prezzi tra il volantino e quelli decisi dal proprietario del market erano raddoppiati.

Sempre il quotidiano torinese fa alcuni esempi: “Un chilo e mezzo di arance, che dovevano costare 1,30 euro, venivano vendute a 2,89; una bottiglia di olio di oliva da un litro, che in offerta doveva costare 3,59 euro, veniva proposta a 5,45 euro. Una passata di pomodoro era lievitata da 0,95 a 1,66 euro, i limoni da 0,99 a 1,99, il prosciutto da 14,90 a 23,90, la baguette da 2,50 a 4,90 al chilo. E pure il caffè da 3,70 a 5,29. Più costoso anche il cibo per gatti, venduto a 5,19 anziché a 2,69 euro”. Il responsabile del punto vendita è stato denunciato per «Manovre speculative su merci»: rischia tre anni di carcere e 25 mila euro di sanzioni.