Nuovi elementi, mai valutati prima, potrebbero far escludere la responsabilità di Alberto Stasi, 37 anni, condannato in via definita nel 2015 per aver ucciso l’allora fidanzata ventiseienne Chiara Poggi, il 13 agosto 2007, nella sua villa di famiglia, a Garlasco, in provincia di Pavia, morta a seguito di colpi infetti con un oggetto contundente, tipo martello, ma mai identificato, e condurre quindi alla revisione del processo che lo ha condannato per omicidio volontario.
Stasi si è sempre dichiarato innocente: fu assolto nella sentenza di primo grado ma condannato nei gradi successivi fino alla Cassazione, a 16 anni di carcere che l’ex studente della Bocconi e poi commercialista, sta scontando nel carcere di Bollate, dove lavora come centralinista. «Le circostanze su cui era basata la condanna sono ora decisamente smentite», ha affermato l’avvocato Laura Panciroli, legale di Stasi, che subentra nella difesa allo studio Giarda dopo oltre 12 anni. «E stata depositata una articolata richiesta di revisione della sentenza di 22 pagine. E sono sorti elementi anche per proseguire le indagini». La Panciroli però non ha voluto dire di più alla stampa.
A distanza di tredici anni, dunque, potrebbe esserci una svolta nel delitto di Garlasco? Ne abbiamo parlato con L’avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia di Chiara Poggi.
Avvocato, l’istanza di revisione depositata nei giorni scorsi dal nuovo avvocato di Stasi alla Corte d’Appello di Brescia ha l’obiettivo rivedere il processo che ha portato alla sua condanna. Secondo lei è possibile che la difesa abbia in mano nuove prove per riaprire il caso?
«No. In realtà il nuovo difensore di Stasi, l’avvocato Laura Panciroli, ripropone in modo suggestivo la rilettura, tra i molti a carico di Stasi, di due soli elementi, la deposizione della testimone Manuela Travain e le impronte digitali di Stasi miste a Dna trovato sul dispenser del bagno della vittima, senza portare elementi di novità. E quindi non è in grado di scalfire la sentenza di condanna ormai passata in giudicato il 12 dicembre 2015. Sentenza, peraltro sottoposta in passato anche a ricorso straordinario in
Cassazione e ad un altro tentativo di revisione sempre a Brescia: entrambi tentativi furono dichiarati inammissibili».
Per la difesa, sarebbe cruciale la deposizione di Manuela Travain: la donna racconta di avere visto tutte le finestre di casa Poggi chiuse e il cancelletto aperto. Non si capisce quindi chi avrebbe aperto la finestra della cucina del piano terra che alle 13 i carabinieri trovarono aperta. Lei che ne dice?
«Questo aspetto non solo non è né importante né decisivo, ma soprattutto è già stato trattato e superato nel processo. Per la difesa, solo Chiara potrebbe aver aperto la finestra, il che attesta che era ancora viva intorno alle 9.27, e quindi è impossibile che sia stato l’ex bocconiano a ucciderla perché tra le 9.27 e le 9.35, ora in cui Alberto accende il computer a casa sua, sono trascorsi troppi pochi minuti per compiere l’assassinio e tornare a casa.
Ma la Travain, avendo agganciato una cella telefonica di Domo, un paese distante qualche chilometro da Garlasco, alle ore 9.30 necessariamente non poteva essere nello stesso orario in via Pascoli e doveva esservi transitata almeno 4/5 minuti prima, quando ancora Chiara era in vita. Inoltre, come stabilirono all’epoca i periti, il tempo necessario a Stasi per raggiungere in bicicletta la propria abitazione in Via Carducci poteva essere anche solo di quattro minuti e 38 secondi, quindi avrebbe avuto tutto il tempo per uscire dall’abitazione di Chiara anche dopo il transito della Travain e raggiungere il proprio computer, che risulterà accesso alle 9:36 e alcuni secondi».
Un altro tema deU’istanza di revisione, riguarda le impronte digitali di Stasi miste a Dna trovato sul dispenser del bagno della vittima: dopo essersi lavato le mani, Stasi avrebbe maneggiato il contenitore di plastica e toccato 0 lavandino per pulirli. La difesa sostiene che c’erano altre impronte su cui non sono stati effettuati approfondimenti, e dei capelli trovati nel lavandino, facendo sorgere dei dubbi sul fatto che il lavandino in realtà non sarebbe stato lavato dopo il delitto…
«Anche in questo caso nessuna novità: ci sono due nitide impronte di Stasi sul dispenser ubicato nel bagno ove sicuramente è sostato l’assassino per ripulirsi dopo l’omicidio. Così come vi è anche traccia di una pulizia, ovviamente veloce visto il contesto, del lavandino ove sono rimasti alcuni capelli lunghi simili per morfologia, lunghezza e colore, a quelli della vittima che, ricordiamo era stata colpita al capo con un martello. Sulla scena del crimine sono stati rinvenuti anche altri capelli di Chiara ed è ovvio che alcuni capelli possano essere rimasti nel lavandino dove Stasi si è lavato le mani e ha risciacquato il martello dopo l’omicidio».
Secondo la difesa sarebbero da chiarire le impronte lasciate all’interno della casa: i Ris hanno ricostruito e numerato le 25 orme di sangue ritrovate in bagno e nella sala Tv, poi l’assassino entra in cucina e le tracce scompaiono. Com’è uscito l’assassino dalla villetta?
«Come più volte spiegato nel corso del processo, le scarpe insanguinate hanno avuto per così dire l’effetto timbro e man mano che Stasi si muoveva in casa hanno perso la capacità di rilasciare tracce».