Torno in gara a Sanremo dopo cinque anni e questa volta è tutto molto diverso: viste le difficoltà che il mondo intero ha vissuto, si respira un sentimento nuovo. Al punto che la 71a edizione del Festival rappresenta un momento quasi spirituale. In sala, è vero, non c’è il pubblico. Ma da casa ci seguono comunque milioni di persone, nonostante ci sia stato chi avrebbe voluto boicottare la manifestazione.
Queste persone, forse, non si rendono conto che il Festival 2021 è quello della speranza, che dà la possibilità di tornare in pista a tanti lavoratori del settore rimasti fermi per mesi. Con Fedez proponiamo un duetto. Lui partecipa per la prima volta alla kermesse, ma la più agitata che sono io.
Nessuno ha mai capito il motivo, ma questo palco intimorisce sempre un po’. Sarà per la sua grande tradizione musicale? Federico e io avevamo già lavorato insieme. La prima volta nel 2013 per Cigno nero, che avevamo presentato aXFactor. Poi, è venuto Magnifico, che ha avuto grande successo.
A X Factor (io l’ho vinto nel 2011) Fedez è tornato come giudice e l’ho trovato bravissimo. Si vedeva la sua passione per la musica. Se offrissero a me lo stesso ruolo, accetterei subito: mi piace l’idea di lavorare con i ragazzi. Inoltre, quel talent per me è stato importante, un’esperienza che ripeterei senza pensarci.
Vi racconto come è nato Chiamami per nome, il nostro brano. Durante il lockdown, con Federico avevamo fatto i “balconi”. Cioè, suonavamo insieme a distanza. È stato così bello, che mi è venuta l’idea di scrivere a quattro mani una canzone da portare al Festival. Credevo mi dicesse che ero matta, invece anche lui aveva avuto lo stesso pensiero. Quindi, è iniziata la collaborazione e abbiamo coinvolto anche Mahmoud, a cui spesso mi rivolgo per le melodie, perché sa valorizzare le voci femminili.
È stato un lavoro collettivo complesso e faticoso. Ma anche molto divertente, che ha dato vita a una canzone d’amore che ogni coppia potrà dedicarsi, visto che racconta Tesserci per l’altro e la speranza. Sul fronte dei sentimenti sto “lavorando” anch’io. Non so ancora se accanto all’uomo giusto, ma ci spero. Su questo argomento, però, preferisco non dire altro, quindi torniamo a Chiamami per nome. Fedez e io di solito facciamo generi diversi.
Ma abbiamo la stessa attitudine alla musica e siamo entrambi maniaci del perfezionismo (lui è la persona più pignola che abbia mai incontrato). Ci danno per favoriti? In realtà, ciò che mi interessa davvero è che il brano resti. Non conta tanto vincere, ma quello che accade dopo. Al momento a me stanno succedendo diverse cose. Il 5 marzo uscirà il mio nuovo albumFeat (fuori dagli spazi), in cui ho coinvolto tanti amici, molti dei quali sono qui, in gara a Sanremo. Mentre il 25 febbraio, nel giorno del mio compleanno, è stato pubblicato il mio primo podcast: Maschiacci, per cosa lottano le donne oggi, in cui si parla di disparità di genere, ma anche di donne che si odiano tra loro.
Bisogna, invece, imparare a sostituire rinvidia con l’apprezzamento. A volte basta che una ragazza posti una foto sui social, per dare l’avvio a commenti cattivi, proprio da parte di un pubblico femminile legato a retaggi culturali che vanno abbattuti. A questa mentalità antica, poi, si aggiunge anche la politica, dove la rappresentanza rosa è ancora troppo bassa. Ma per dare il via a una vera rivoluzione occorre essere alleate. Lo stesso vale contro le trappole linguistiche. Perché non è giusto che se una donna viene vaccinata, per esempio, i giornali scrivano: “L’infermiera Paola” senza neppure il cognome.
Da artista sento la responsabilità di parlare di questi argomenti. E se al liceo avessi avuto un’insegnante capace di trasmettermi un certo tipo di idee, forse sarei stata più coraggiosa. Per fortuna, sono nata in una famiglia libera e inclusiva. Se volevo andare a scuola con la divisa da calcio di mio fratello, i miei me lo lasciavano fare. Così come non mi hanno mai vestita da principessa a Carnevale, quando io preferivo il costume da strega o da Fred Astaire.
Non solo: quando ero in seconda media, mi hanno permesso di dedicarmi al volontariato, che non ho più abbandonato. Ho continuato ogni estate, fino allo scorso anno quando il Covid mi ha fermata. Non è un caso che le mie due migliori amiche siano cooperanti internazionali. Stefania è una compagna di liceo, mentre Carolina l’ho conosciuta sul campo. Negli anni ho lavorato con i bambini, i malati psichiatrici (un’esperienza molto formativa) e come insegnante di italiano per i migranti. Così è nato il progetto Ciclofficina, attivo nei mesi estivi nel foggiano. Si rivolge ai braccianti stranieri sfruttati. Per evitare che debbano pagare anche il trasporto al caporale, gli regaliamo vecchie bici rimesse a posto. Ormai sono diventata bravissima a riassemblarle, ne abbiamo donate più di 100. Ma il regalo più grande lo facciamo a noi volontari: aiutare il prossimo permette di dimenticarsi di se stessi e questo fa molto bene. Per concludere, voglio fare gli auguri a Fedez che diventa papà per la seconda volta. È in arrivo una bambina e lui è emozionatissimo. Perché tutti i padri hanno un debole per le bimbe».