Ora che giustizia è stata fatta, pretendiamo il silenzio. Vogliamo ricordare nostra figlia in santa pace. Siamo impegnati nell’associazione a lei dedicata, che abbiamo chiamato ‘La passione di Yara’. Ci dedichiamo a questa associazione, al lavoro e alla crescita degli altri nostri meravigliosi figli. Adesso, però, basta. Vi prego, lasciateci in pace. Abbiamo diritto ad avere un po’ di silenzio”. Queste parole, affidate agli avvocati Andrea Pezzotta ed Enrico Pelillo, sono di Fulvio Gambirasio e Maura Panarese, i genitori della piccola Yara. Le hanno pronunciate all’indomani della sentenza della Cassazione, che ha confermato l’ergastolo per Massimo Bossetti e scritto la parola fine a una delle più sconvolgenti vicende degli ultimi 50 anni di cronaca italiana. Per i giudici, a questo punto, non ci sono più dubbi: è il muratore di Mapello l’assassino della ginnasta 13enne.
È stato lui, quella maledetta sera del 26 novembre 2010, ad adescarla davanti alla palestra di Brembate, a ferirla durante un tentativo di violenza sessuale e a lasciarla agonizzante nel campo di Chignolo, dove è morta di freddo e di stenti. Con la sentenza della Cassazione, ultimo e definitivo grado di giudizio, sono stati ben 39 i magistrati che si sono espressi allo stesso modo: Bossetti è colpevole oltre ogni ragionevole dubbio!
SONO STATI INFORMATI CON UN MESSAGGINO
Finora mamma Maura e papà Fulvio sono rimasti chiusi nel loro immane dolore. In tutti questi anni non hanno quasi mai parlato. Sono sempre stati lontani dai riflettori. Niente interviste, pochissime apparizioni pubbliche, nessuna presenza in tv. Si sono affidati agli investigatori e ai giudici. E la loro fiducia è stata ripagata dall’instancabile lavoro dei carabinieri del Ris di Parma, comandati dal colonnello Giampietro Lago. E anche adesso che l’assassino della loro bambina è stato condannato in via definitiva, hanno scelto di tenere un profilo basso. La sera della sentenza hanno addirittura tenuto la televisione spenta. A informarli dell’esito del processo sono stati i loro avvocati con un messaggino sul cellulare.
In tanti, però, si sono chiesti come hanno reagito al verdetto. E allora siamo andati a Brembate, per cercare di parlare con Fulvio. Per chiedergli qual è il suo pensiero adesso che tutto è finito. Lo incrociamo mentre torna dal lavoro. Fa il geometra e, come tutte le sere, prima di rientrare a casa per cena passa dal bar del paese per salutare gli amici. Un’abitudine, quasi un rito, a cui non rinuncia mai. Mezz’ora di chiacchiere, di confidenze. Ci avviciniamo e lo salutiamo. Lui ci rivolge un sorriso e ricambia con cortesia. La stessa cortesia che lo ha contraddistinto in questi lunghi e terribili anni. Gli chiediamo: «Signor Fulvio, adesso che il processo si è concluso, le va di commentare il verdetto dei giudici?». L’uomo non perde il sorriso, ma fa cenno di no con la testa. Sembra sereno, forse sollevato al pensiero che finalmente è calato il sipario sulla vicenda giudiziaria della sua amata Yara.
Dal giorno dell’omicidio della piccola sono trascorsi otto anni. Fulvio aggiunge: «Scusatemi, ma preferisco non parlare. Non voglio commentare, cercate di capirmi». Anche durante i dolorosi anni dei processo, papà Fulvio non ha mai proferito parola sulla vicenda. Quando lo avevamo incontrato l’ultima volta, ci aveva parlato dell’associazione creata con la moglie Maura in memoria della loro figlia, ma non era mai entrato nel merito del processo. Ecco che cosa ci aveva detto in quella occasione: «Non diremo una parola sulla vicenda giudiziaria: per quella ci sono i magistrati e gli avvocati. Vogliamo invece parlarvi dell’associazione che abbiamo fondato in memoria di Yara. “La passione di Yara” è stata creata per ricordare nostra figlia nel migliore dei modi. L’obiettivo è impegnarci per dare ad alcuni ragazzi, con difficoltà economiche o familiari, la possibilità di portare avanti con serenità i loro interessi e le loro passioni più genuine, affiancandoli a persone competenti che possano essere per loro dei modelli concreti. Stiamo aiutando tanti giovani desiderosi di emergere nello sport, nelle arti e nella cultura. Numerosi genitori vengono a darci una mano, e questo è molto bello. Yara praticava la ginnastica ritmica con grande passione. L’augurio è che altri ragazzi seguano il suo esempio».
Nel frattempo all’istituto delle Suore Orsoline di Bergamo, la scuola media che Yara frequentava con profitto, è stata istituita la “giornata della passione”. Un altro modo per onorare la memoria della ragazzina. Alle Orsoline, Yara è rimasta nel cuore di tutti: compagni e insegnanti. L’amica con cui Yara aveva legato di più ai tempi della scuola oggi ha 20 anni. Lei e Yara facevano la strada insieme per andare a scuola e per tornare a casa. Era nata una bellissima amicizia. Ci dice questa ragazza, che ci ha chiesto di restare anonima: «Non so se giustizia sia stata davvero fatta, ma voglio crederlo. Ho sofferto tanto per la perdita di Yara. Lei per me era come un faro: la sua tenacia nello sport e nello studio la rendeva unica e speciale. Io non ce l’avrei mai fatta a essere così». Nel frattempo si continua a parlare della sentenza emessa il 12 ottobre dai giudici della Corte di Cassazione. Come vi avevamo riferito sullo scorso numero di Giallo, gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, difensori di Massimo Bossetti, avevano preannunciato nuove azioni legali.