“Avevo 8 anni. Non capivo perché mia madre mi facesse quelle cose. ‘E’ per il tuo bene’, diceva. E’ stato un incubo perché, più mi massaggiava, e più mi cresceva il seno. Così, dopo la spatola è passata alle pietre. Erano come tizzoni ardenti”. E’ carico di dolore il ricordo di Doriane, una ragazza camerunense di 19 anni. Come tante altre bambine prima di lei, è stata sottoposta allo stiramento del seno (Breast ironing): un’antica usanza realizzata tra le mura domestiche da madri, nonne, sorelle, zie e persino guaritori tradizionali. Lo scopo dichiarato è di evitare che le giovani finiscano per attrarre i desideri sessuali degli uomini. Un modo per “proteggerle” da molestie sessuali, stupri ma anche per prevenire gravidanze indesiderate e matrimoni precoci. In realtà, si tratta di una delle violenze contro le donne più diffuse non solo in Camerun, ma anche in altri Paesi dell’Africa occidentale. Una vera e propria forma di mutilazione a danno di vittime indifese.
Cos’è e come si pratica lo stiramento del seno
Il seno: simbolo della maternità, e della sessualità femminile. E’ per questo che in Camerun le madri, appena vedono spuntare sulle figlie i primi segni della pubertà, decidono che è arrivato il momento di appiattire il loro petto. E le vittime sono bambine anche di soli 8 o 9 anni. Sono diversi gli strumenti utilizzati per comprimere con forza il seno nella fase dello sviluppo. Un pestello di legno impiegato nei mortai per sminuzzare le spezie, spatole, pietre e sassi. Ma anche gusci di frutta, martelli e vecchi ferri da stiro. Tutti accuratamente riscaldati su carboni ardenti. Con questi oggetti, le madri premono e stirano il seno delle figlie convinte che il calore sprigionato sia in grado di “sgonfiare” le mammelle. Un supplizio che può durare da una settimana a diversi mesi. “Mia nonna ha iniziato a distruggermi il seno quando avevo 12 anni – è la testimonianza di Agnés – mentre gli altri bambini andavano a scuola, lei mi massaggiava con una pietra calda. Lo faceva due volte al giorno. Per un anno interno”.
In alcuni casi lo stiramento avviene mediante cinture elastiche o bende da tenere strette intorno al petto, di giorno e di notte. “Ho la benda da un anno ma mi fa paura – racconta Manuella, una bambina di 9 anni – a volte non riesco quasi a respirare. Non capisco perché mia madre me la faccia indossare”.
Le conseguenze sulla salute
Nel 2006, una ricerca dell’Agenzia tedesca per la cooperazione Internazionale (Giz), in collaborazione con la Ong camerunense Reseau National des Associations des Tantines (Renata), ha fatto conoscere al mondo per la prima volta questa pratica. Dallo studio è emerso che le conseguenze per la salute delle giovani possono essere molto pericolose. Danni permanenti ai tessuti, cisti, infezioni, malformazioni e tumori al seno, perdita dell’allattamento, sono solo alcuni degli effetti collaterali dell’appiattimento del seno.
Oltre ai segni visibili, tuttavia, rimane per sempre il trauma psicologico. Le bambine diventate adulte hanno raccontato di provare vergogna del proprio corpo, così come di vivere con un senso di colpa che le porta all’emarginazione sociale. “Tutte le vittime che abbiamo incontrato – afferma Catherine Aba Fouda, portavoce di Renata – hanno subito almeno un danno fisico o psicologico”. “Alcune hanno riferito che non riescono a sopportare di essere toccate dai loro partner nell’intimità. Altre rifiutano di allattare perché il semplice contattato con il loro bambino al seno gli provoca dolore”.
Numeri choc: quattro milioni di bambine al mondo vittime dello stiramento del seno
Lo stiramento del seno è comune in tutte e dieci le regioni del Camerun. Anche se è nella regione del Litorale in cui si registrano oltre la metà dei casi. Un fenomeno, tra l’altro, che non è circoscritto ad un gruppo etnico o classe sociale particolare. E non si limita neppure alle aree rurali o alle famiglie povere. Al contrario, è particolarmente diffuso nelle città, dove le donne si presume siano più istruite. In Camerun, vero e proprio mosaico di etnie e culture africane, le madri impaurite per gli abusi sessuali, finiscono a loro volta per esercitare una violenza intollerabile sulle proprie figlie.
I numeri dello studio di Giz sono drammatici: circa quattro milioni di bambine al mondo hanno subito l’appiattimento del seno. Un’usanza che non si limita solo al Camerun ma che si è estesa anche ad altri Paesi dell’Africa occidentale come Guinea Bissau, Ciad, Togo e Benin. E persino in Europa, tra la diaspora africana, si sono verificate queste mutilazioni. Margaret Nyuydzewira, a capo del gruppo Came Women and Girls Development Organization (Cawogido), stima che almeno 1.000 donne e ragazze nel Regno Unito siano state sottoposte all’appiattimento del seno. Secondo le Nazioni Unite, questa pratica rientra tra le forme di violenza e discriminazione contro le donne, al pari della mutilazione genitale femminile o i matrimoni forzati.
Gli sforzi per mettere fine a questa tortura sulle bambine
Nel 2015, il governo del Camerun ha introdotto una nuova norma nel codice penale per cercare di scoraggiare questo fenomeno. Sebbene non citi espressamente lo stiramento del seno, la nuova disposizione punisce “chiunque interferisca sulla normale crescita di un organo” con la reclusione da sei mesi a cinque anni e una multa che può arrivare fino a un milione di franchi CFA (1.500 euro). Aba Fouda, però, è scettica. “Questo articolo del codice penale non è stato mai applicato. Molte persone continuano a compiere liberamente questa barbarie senza alcuna preoccupazione”.
“La soluzione è molto semplice – propone la portavoce di Renata – aprire un dialogo sulla sessualità e rompere i tabù informando le adolescenti sulle manifestazioni e i cambiamenti nella pubertà”. Un’opera di sensibilizzazione, quella portata avanti dalla Ong camerunense, che ha già prodotto i primi risultati: nel 2012, solo il 12% delle donne affermava di voler continuare a praticare lo stiramento del seno alle proprie figlie. Tuttavia, come avverte l’antropologo Flavien Ndonko, in Africa ci sono ancora più di un milione di bambine e ragazze a rischio di subire una mutilazione del proprio corpo per colpa di un’usanza crudele. “Se la società ha taciuto finora – scrive Ndonko – è perché, al pari di altre pratiche dannose quali le mutilazioni genitali femminili, si pensava fosse una cosa buona per le ragazze. E così – conclude l’antropologo – anche le stesse vittime si sono convinte che fosse per il loro bene”.