Il Bangladesh, ufficialmente la Repubblica Popolare del Bangladesh, è uno dei pochi paesi di religione musulmana dove la prostituzione è legale.
In Bangladesh oggi nel bordello più antico del paese, Kandapara nella regione di Tangail, attivo da oltre 200 anni, vivono e lavorano oltre 700 donne di tutte l’età.
Nel bordello le ragazze vengono fatte lavorare sin da giovanissime, ancora bambine dentro e fuori, a partire da 12 anni di età.
Nella maggior parte dei casi sono le famiglie d’origine di queste bambine che vendono letteralmente le proprei figlie ai proprietari dei bordelli perchè in presenza di situazione economiche disastrose al punto da non poterle mantenere.
In altri casi sono le ragazze stesse più grandi che si presentano nei bordelli per lavorare in quanto poverissime e bisognose di soldi per pagare i propri debiti. Molte di queste ragazze, anche dopo aver guadagnato abbastanza per saldare i debiti, di fatto non riesce a smettere perchè non in grado di reintegrarsi nella società e nella vita quotidiana, perchè ormai su di esse, come una cicatrice indelebile, pesa lo status di (ex) prostituta, che di fatto rende impossibile trovare un altra sistemazione lavorativa per il resto della propria vita.
Ci sono anche casi di madri che preferiscono vendere le proprie figlie ai bordelli pur di sfuggire al controllo dei mariti.
Ogni prostituta viene pagata circa 10 euro al giorno e mediamente ognuna di esse giornalmente ha dai 15 ai 20 clienti da soddisfare, anche le richieste più disperate e strane.
Ogni prostituta del Bangladesh di fatto perde ogni diritto nel momento in cui viene venduta dalle proprie famiglie di origine ai bordelli, i cui proprietari e gestori di fatto diventano i loro padroni, con una prospettiva di futuro per le ragazze pari al nulla.
Nel bordello ci sono casi anche di ragazze che vivono all’interno con i propri figli, in condizioni di miseria, povertà e degrado estreme e assurde.
Le donne si presentano malnutrite, prive di sorriso, costrette ad assumere obbligatoriamente l’Oraxedon (in almeno il 90% delle donne), uno steroide che normalmente viene dato dai contadini al bestiame per farli ingrassare: nel caso della somministrazione alle prostitute l’intento è quello di fargli prendere peso e risultare, agli occhi dei clienti, più sane e attraenti.
L’uso di questo steroide ha diverse contraindicazioni negative tra cui diabete, pressione alta, sfoghi cutanei e il mal di testa.
Ogni donna musulmana è obbligata, quando scendo su strada ed è in presenza di altre persone, di indossare il velo. Cosa diversa invece per le donne all’interno dei bordelli che sono obbligate a non indossare il velo e lasciare il viso scoperto.
Ci sono anche casi di donne che sono costrette a prostituirsi perchè obbligate dal proprio marito che ne gestisce il business.
Vivere per queste donne dentro i bordelli è un vero e proprio incubo e, quando ci sono quei pochi casi di uomini che vanno in questi bordelli non per avere dei rapporti ma per parlare, per le donne è un momento di relax, un momento in cui qualcuno è pronto ad ascoltarle, a bere un thè o a stringere le loro mani senza il fine del rapporto sessuale.
Una serie di cose normali nella vita quotidiana della nostra società ma che nei bordelli del Bangladesh si presentano come rarità nella rigida cultura bengalese.
Alla base di tanta prostituzione la miseria presente in Bangladesh con più della metà del paese che vive sotto quella che è definita la soglia di povertà.
Per queste donne la prostituzione non è altro che mancanza di alternativa per vivere.
“Se riuscissi a fuggire”, dice una di loro, “dove potrei andare? I miei mi hanno sempre detestato e non mi rivogliono indietro. Noi tutte ci dobbiamo rassegnare al fatto che siamo delle schiave e come schiave dobbiamo morire”.