La realizzazione del vaccino per il nuovo coronavirus è in fase avanzata. L’IRBM, un importante laboratorio di ricerca di Pomezia che ha già ha realizzato il vaccino anti-ebola, sta per cominciare a produrre le prime dosi ed entro giugno ne saranno pronte mille. A quel punto, purtroppo, il percorso sarà appena all’inizio: serviranno le sperimentazioni sui topi e poi sugli esseri umani. In primo luogo per verificare se non è tossico e in secondo luogo per verificare se è utile per combattere l’infezione.
Alla ‘corsa’ per la realizzazione del vaccino, è bene ricordare, stanno partecipando molte aziende e istituzioni universitarie di tutto il mondo, e quella messa a punto a Pomezia non è l’unica ipotesi. Piero Di Lorenzo, amministratore delegato della IRBM, una società italiana fondata nel 2009 a Pomezia, pochi chilometri a sud di Roma, operante nel settore della biotecnologia molecolare, della scienza biomedicale e della chimica organica, ha spiegato: “I cinesi a dicembre hanno isolato e sequenziato il virus.
L’istituto Jenner della Oxford University, con cui collaboriamo, è esperto sui coronavirus perché ha tirato fuori il vaccino anti-mers che è in sperimentazione in Arabia Saudita. Loro hanno sintetizzato il gene della proteina spike che sta sul covid-19. Si tratta, in parole povere, della corona ed è la proteina che trasmette il contagio”. Spike significa punta, spina, ed è la proteina che il virus usa per aggredire il sistema immunitario umano. Inoltre è stata quella che, con la sua mutazione, ha permesso il cosiddetto ‘salto di specie’, cioè la trasmissione del coronavirus, di origine animale, anche agli esseri umani.
Già a gennaio, racconta Di Lorenzo, Oxford ha sintetizzato il gene della proteina ‘spike’. Ora, in pratica, bisogna inserire il gene depotenziato di questa proteina all’interno dell’organismo umano. L’obiettivo è indurre in questo modo l’organismo a creare gli anticorpi. Per inserire il gene, però, “c’è bisogno di uno shuttle, di un veicolo che lo introduca nell’organismo”. E qua entra in gioco la IRBM: “Noi abbiamo questo expertise (letteralmente competenza, abilità ndr.) particolare, messo appunto in occasione della produzione del vaccino anti ebola, fatto nei nostri laboratori e l’abbiamo messo a disposizione. In pratica abbiamo caratterizzato l’adenovirus, cioè il virus del raffredore, che è stato reso innocuo ed è stato utilizzato come un veicolo, il nostro shuttle, sul quale viene caricato il gene della proteina spike che è stato sintetizzato ad Oxford ed è stato depotenziato. L’obiettivo, come detto, è quello di trasportarlo nell’organismo umano”.
Vaccino anti-covid 19: “Pronti ad entrare in produzione, a giugno prime mille dosi”
Il delicato procedimento descritto da Di Lorenzo è stato messo a punto nei laboratori di Pomezia già nel mese di febbraio. “Oggi siamo pronti a entrare in produzione con il vaccino anti-covid 19. Le tempistiche: noi saremo pronti per giugno con le prime mille dosi. Già a giugno si potrà sperimentare sui topi (prevediamo un mese su sperimentazione sui topi) e poi siamo pronti per la sperimentazione sull’organismo umano. In primo luogo bisogna escludere la tossicità e poi bisogna provare l’efficacia. Tutto questo iter può essere lungo anni, ma se l’epidemia diventa pandemia, le autorità sanitarie possono decidere di accorciare i tempi molto notevolmente”, spiega. Dal laboratorio di Pomezia si dicono ottimisti, perché sia le competenze della IRBM che quelle di Oxford sono già state sperimentate con successo: “Il nostro procedimento proviene da test già effettuati sul vaccino antiebola. Questa piattaforma dell’adenovirus l’abbiamo sperimentata in quel caso e messa in pratica con successo. Per quanto riguarda l’operazione della sintetizzazione del gene da parte di Oxford è abbondantemnete testata, quindi siamo molto ottimisti”.