In un giorno 627 morti. Dato sconvolgente ma non sorprendente. L’incubazione del virus dura in media una settimana scarsa; l’agonia di chi non ce la fa, più o meno lo stesso. I decessi di ieri hanno origine prima della quarantena imposta a tutto il Paese.
Due settimane fa si poteva ancora pranzare, fare l’aperitivo e cenare fuori casa. Chiunque era libero di muoversi per l’Italia, tant’è che ci fu il tragico esodo degli studenti fuori sede da Milano a casa, nei treni del contagio. I genitori meridionali che negli ultimi giorni si sono scoperti infetti sono vittime del provvedimento di quel sabato notte, che il governo è stato incapace di gestire a livello di comunicazione. Quello sciagurato decreto è solo uno dei tanti errori fatti nell’affrontare l’emergenza che sono alla base del mistero Italia.
In quattro settimane abbiamo avuto più morti della Cina ma il punto è che, se andiamo avanti di questo passo, in cinque settimane doppieremo i decessi di Pechino. Tutta colpa del cosiddetto tasso di mortalità, una luttuosa equazione che ci vede in testa con ampio distacco rispetto a chiunque nel resto del pianeta e che ci dice che ogni cento italiani positivi 8,5 muoiono. La martoriata Spagna è seconda, ma ben distante, con il 5,1% dei decessi, davanti all’Inghilterra del capo gregge Boris Johnson, che in Italia tutti guardano dall’alto in basso ma che ha il 4,5% dei morti in rapporto ai cittadini positivi. Paesi più civili vantano medie decisamente migliori. A parte l’esempio inimitabile di Singapore, che con 5 milioni e mezzo di abitanti e una densità di 8.500 persone per chilometro quadrato è riuscita a fermare il Covid a 96 malati e zero morti, in Norvegia e Danimarca il morbo ha un tasso di letalità dello 0,4% e in Germania, Paese che secondo Conte ci avrebbe preso a modello, è appena allo 0,3%. Anche i francesi, che trattiamo come dei parvenu del corona, hanno una mortalità del 3,3%, meno della metà della nostra.
La stampa filo governativa italiana poi si diverte a trattare Trump come un demente, malgrado la letalità in Usa sia all’1,1% e il presidente abbia chiuso gli Stati Uniti d’America in due giorni, mentre noi in due settimane non siamo neppure riusciti a fare la zona rossa a Nembro e Alzano. Nessuno sa dare una spiegazione credibile al tremendo dato italiano. Dire che siamo un popolo anziano non basta. Il Giappone è più vecchio di noi è ha registrato solo 32 morti. La Cina ha un sistema sanitario da terzo mondo rispetto al nostro, eppure ha una mortalità del 4,1%.
La propaganda nazionale sostiene che gli altri Paesi, Germania in testa, nascondano i morti. Ma dove, sotto il tappeto? I cadaveri si vedono, come testimoniano le immagini delle chiese della bergamasca piene di bare o dei camion dell’esercito che trasportano i defunti da Brescia in altre province, perché nella Lombardia Orientale i forni crematori sono pieni. Scene che in Baviera, terra d’approdo del virus in Europa, non si sono mai viste. Per tenere in piedi la fake- news che l’Italia sarebbe la numero uno nella lotta al Covid, diciamo che siamo avanti e quel che capita oggi da noi, tra una settimana succederà a Parigi e Berlino. Possibile. Intanto a Seul, Tokio e HongKong, dove il virus è arrivato prima, non è accaduto. E neppure a Teheran, per essere precisi.
La classe dirigente che ci ritroviamo, incapace di trovare soluzioni e spiegazioni, punta l’indice contro i cittadini, come lo puntò contro l’ospedale di Codogno. L’ultima moda è attribuire la colpa della diffusione del virus a chi fa la spesa, chi fa pisciare il cane a 300 metri da casa e non a 200 o chi corre solo al parco. I cosiddetti runner, i canari e le massaie sarebbero gli untori del Duemila. La sensazione però è che il problema, più che i furbetti del supermercato, siano i fessi del governo. Se non ci sono mascherine né respiratori, non è colpa dei cittadini ma di chi ha aspettato per due mesi che il virus arrivasse in Italia senza fare nulla, se non abbracciare cinesi e organizzare aperitivi per contagiarsi meglio.