Conte è come Tsipras. Ormai non è più un dubbio. È una certezza. “Giuseppi” come Alexis, pensa solo a se stesso. Lavora per se stesso. Per il suo presente e il suo futuro. E se ne fotte bellamente di chiunque adesso soffra, annaspi, muoia. Per garantirsi un posto a tavola duraturo, l’avvocato Conte è pronto a percorrere la stessa strada del greco. Ve lo ricordate Alexis Tsipras? Quello acclamato e sostenuto anche dalla sinistra italiana che in suo nome scese in campo alle elezioni europee? Quello adorato ed invocato da nugoli di intellettuali nostrani con l’intelletto provvisoriamente parcheggiato al cesso? Fu al centro di ogni dibattito, Tsipras. In Grecia, in Europa, da noi. Ma infine si rivelò una meteora devastante. Capace di realizzare la catastrofe sociale ed economica del suo Paese.
Conte come Tsipras
Quel bellimbusto sempre sorridente, oggi all’angolo, ha svenduto la sua terra. Pezzo dopo pezzo. Asset dopo asset. Ha ammazzato la Grecia, per salvare se stesso. Ha sottostato ai diktat della troika e dei mercati svendendo ogni asset strategico ellenico e affamando la popolazione. Soprattutto i ceti medio bassi, i più indifesi, quelli che aveva giurato di difendere. Nel silenzio assordante di tutti gli intellettuali di cui sopra. Ecco, da come si muove e da quel che dice, anche all’avvocato Conte del popolo sovrano non gl’importa un fico secco. Né dell’emergenza. Gli importa di resistere dov’è. Dove la dabbenaggine di alcuni, dapprima, l’ha piazzato e il tornaconto di altri, dopo, l’ha mantenuto. Con la differenza che Tsipras tradì il suo popolo che gli aveva dato mandato a rappresentarlo, lui, Conte, neppure del voto ha avuto bisogno. Solo di relazioni e genuflessioni. Non ha preso neppure il suo di voto nelle urne, ma è stato per due volte votato premier dal Parlamento. Logico che non voglia sentirne di mollare. Di cedere il posto a un competente che riunisca tutti nell’emergenza. Conte è come Tsipras. La strategia è la stessa: svendere l’Italia alla Commissione Ue e alla Merkel, sottostare ai potentati economici e restare a Palazzo Chigi. Ma l’Italia non è la Grecia. Per questo bisognerà liberarcene il prima possibile.