Ci sentiamo al telefono, come tutti in questo periodo, ma la sensazione è quella di un’immediata vicinanza. Perché Cristina Parodi, volto televisivo che non ha bisogno di presentazioni, in questo momento è prima di tutto una madre e una moglie impegnata a sostenere il marito Giorgio Gori, il sindaco di Bergamo, la città più martoriata dal coronavirus. Tutti i notiziari di questi giorni ci raccontano di un’epidemia che si è accanita: il bilancio è di centinaia di vittime.
«Mi sono subito chiesta come dare una mano e, insieme con il Cesvi, organizzazione umanitaria bergamasca, abbiamo lanciato una raccolta per gli anziani e per l’ospedale Papa Giovanni XXIII, alle prese con una delle più grandi emergenze mai viste. Anche se il Cesvi sostiene i più fragili nel Terzo mondo, ora c’era bisogno qui, ci siamo dette con la presidente Gloria Zavatta. E tanti amici e colle ghi hanno prontamente aderito, come Michelle Hunziker – anche lei moglie di un bergamasco, Tomaso Trussardi – Alessio Boni, Sofia Goggia, Giacomo Agostini, i Pinguini Tattici Nucleari, ma anche imprenditori, semplici cittadini…». Da anni madrina e sostenitrice dell’organizzazione umanitaria, Cristina racconta con orgoglio dei primi risultati di questa mobilitazione: «All’inizio abbiamo cercato di recuperare mascherine, tute, occhiali per proteggere medici e infermieri in prima linea. Poi i respiratori, che costano circa 20mila euro l’uno, sempre più difficili da trovare. Ma la sforzo ora è tutto concentrato sul nuovo ospedale “da campo” che sta sorgendo alla Fiera di Bergamo per dare sollievo all’ospedale Papa Giovanni XXIII: grazie agli Alpini sono stati allestiti al volo ben 230 posti letto.
E per supportare il personale sanitario è in arrivo un team di medici cinesi superspecializzato sul virus. Dal canto nostro cerchiamo di procurare qualsiasi cosa chiedano, compresi martelli e chiodi. Una gara di solidarietà che coinvolge tutta la città, con i ristoratori stellati impegnati a preparare pasti per il cantiere». Bergamasca d’adozione – vive lì da 25 anni, pur essendo nata e cresciuta ad Alessandria – Cristina non nasconde l’orgoglio per i concittadini: «Questa è gente che si tira su le maniche, che non si arrende. Ma le immagini dei militari che portavano via le bare da un cimitero ormai stracolmo erano insostenibili, piangevamo tutti. Ti danno il quadro dell’enormità di quanto è accaduto. Qui ci sentiamo tutti in prima linea». A partire dal sindaco Gori, che da quando è scattata l’emergenza vive praticamente in Municipio.
«Giorgio riesce a rientrare a casa giusto il tempo di cambiarsi, mangiare qualcosa tra una telefonata e l’altra, e dormire qualche ora. Si è trovato ad affrontare la sfida più difficile che possa capitare a un sindaco. La fatica non gli fa certo paura, ma emotivamente è durissima. E anche se in questi giorni abbiamo a casa tutti i ragazzi, lui non riesce a goderseli». La giornalista si riferisce a Benedetta e Angelica, fino a pochi giorni fa in Gran Bretagna per motivi di studio, e ad Alessandro, che lavora in Toscana. «Eravamo troppo preoccupati. A un certo punto, poco prima che la situazione precipitasse, li abbiamo fatti rientrare. Averli qui tutti è un’immensa gioia, anche se, lo ammetto, non ero più abituata». Come se la cava con una truppa così numerosa a tavola? «Con grandi quantità di pasta, verdure. E la sera, la pizza.
Quando siamo soli, io e mio marito ci accontentiamo di poco, non siamo dei gran mangioni. Ma i ragazzi sono voraci». Niente carne, con tutte quelle bocche da sfamare? «In famiglia siamo vegetariani, ma sono stati i figli a convincerci. Per Giorgio è stata una vera rinucia: amava tanto bistecche e arrosti, ma ha voluto dar retta a loro. Così oggi mangiamo pasta con i broccoli e un cucchiaio di parmigiano. Prima i ragazzi ne mettevano anche due o tre, ma ora che si esce poco per la spesa stanno imparando a darsi una regolata». Com’è la sua giornata? «La mattina ci alziamo presto, beviamo un caffè, guardiamo i giornali, poi Giorgio scappa in Municipio. Io faccio un po’ di ginnastica e mi siedo in studio. Tra mail e telefonate per la raccolta dei fondi, la giornata non basta. Così a volte arrivo a sera e mi dico, “oddio, non ho fatto la videochiamata alla mamma”. Lei sta ad Alessandria: che pena essere lontane…». Sembra di parlare di altri mondi ma, a proposito di video, viene da chiederle se ci siano progetti in Tv che la riguardano. «Sinceramente no. E in questo tsunami che ha scombussolato le nostre vite, non riesco proprio a pensarci. Cerco di fare la mia parte perché tutto questo finisca, come gli altri del resto. Ora non chiedo di più»