Antonio Zequila, forte depressione per la morte del papà

Questo articolo in breve

Sono nato col botto: il 1° gennaio di 56 anni fa dopo un parto in casa piuttosto difficile dove sia io sia mia madre abbiamo rischiato la vita per colpa del cordone ombelicale. Anche se in realtà sono nato pochissimi giorni prima, il 27 dicembre, nelle prime ore del mattino. Ma allora, nel periodo delle festività natalizie, l’anagrafe di Atrani aveva orari piuttosto insoliti, e quindi i miei genitori mi registrarono non appena possibile. Segno di buon auspicio? Chissà. Fatto sta che da sempre festeggio il primo giorno dell’anno. Sono nato sotto il segno del Capricorno anche se l’ascendente, lo Scorpione, ha sempre avuto la meglio.

Del resto pare che dopo i trent’anni l’ascendente prevarichi sul segno e, facendo un bilancio della mia vita, fatico a dissentire. Nasco da una famiglia semplice, umile, molto solida, dove una cosa che non è mai venuta meno è l’amore. Sono il secondo di tre figli e, ancora oggi, abbiamo tutti un rapporto stupendo fatto di fiducia e rispetto. Siamo cresciuti a Pagani, un paesino in provincia di Salerno e, appena finivano le scuole, ci trasferivamo dai nonni materni ad Amalfi. Lì, diversi anni dopo, ho scoperto quella che poi diventerà la mia più grande passione: le donne. Passione seguita, subito dopo, dal mare e dalla pesca.

Sono stato un bambino disciplinato, studioso e il mio unico desiderio è sempre stato quello di diventare un grande attore. Studiavo molto, ma allo stesso tempo non rinunciavo mai ad aiutare la mia famiglia e, soprattutto, mio padre Giovanni – venuto a mancare nel 2019 dopo due anni infernali – ad allestire il suo banco di magliette e pigiami nei vari mercati rionali. Ci alzavamo alle 5, talvolta alle 4 e, ogni volta, andavamo in una località diversa. Eppure, nonostante il freddo, il vento, la pioggia e il caldo, ricordo quel periodo come uno dei più belli della mia vita. A scuola, tra una lezione e l’altra, i miei amici mi chiamavano “ciuccino” e non per motivi scolastici, come credeva erroneamente mia mamma Carmela, ma per ironizzare sulle doti naturali che i miei compagni intravedevano sotto le docce dopo aver giocato a calcetto.

I primi turbamenti sessuali e le prime erezioni arrivarono intorno all’età di 13 anni, grazie alla donna che aiutava mia madre nelle faccende domestiche. Quando i miei uscivano per fare la spesa settimanale, io e mio fratello Raffaele, di due anni più grande di me, ci divertivamo con Paolina a fare il classico gioco del dottore e l’infermiera. Un giochino che mai nessuno della nostra famiglia ha scoperto sino a quando non è uscita, qualche anno fa, la mia autobiografia. Mia madre è sempre stata una donna libera. Persino più libera ed emancipata di mio padre ed è per questo che quell’episodio, a distanza di anni, non le ha provocato alcun imbarazzo. D’altronde lei ha cresciuto me e miei fratelli senza tabù e per questo le sarò sempre riconoscente. Ricordo tutto della mia vita, gioie e dolori, ma con fatica il primo bacio e la prima volta.

Saranno stati sicuramente ad Amalfi: il campo di battaglia che mi ha fatto scoprire i veri piaceri della carne. La prima attrazione è stata verso le mie cugine inglesi, ai tempi già maggiorenni, Anna e Carol. Ci trovavamo ogni estate a casa dei nonni. Io ero piuttosto timido, mentre loro l’esatto opposto. Si spogliavano senza alcun imbarazzo, ma una cosa posso giurarla: non è mai successo nulla. Mi limitavo a guardare le loro forme, in particolar modo quelle di Carol che, delle due, era senza alcun dubbio la più generosa. L’esperienza, negli anni dell’adolescenza, l’ho fatta con le turiste che venivano a visitare la costiera amalfitana e grazie a loro ho avuto anche la possibilità di perfezionare la mia seconda lingua, l’inglese. Ho avuto tante donne, è vero, ma non le ho mai contate e diffido seriamente di chi lo fa. Non è elegante.

E nonostante sia certo di aver fatto più sesso senza amore che amore senza sesso, ho trattato tutte le donne della mia vita nello stesso identico modo. Ma se con fatica ricordo i primi approcci, difficilmente potrò mai dimenticare il primo amore: Mariapia, la donna più bella di Salerno. La vedevo, a debita distanza, ogni sabato sera al Living, il locale più cool della Campania, e ho avuto modo di conoscerla grazie a mia sorella Gerardina. Mariapia è stata la sua insegnante di portamento nel periodo in cui ha fatto la modella. Aveva cinque anni più di me, un marito e una bambina, ma non sapevo che fosse separata in casa. Tra l’altro è proprio grazie a lei se, tra le tante esperienze, posso annoverare anche quella di modello. Il nostro è stato un colpo di fulmine. Più da parte mia forse, ma dopo esserci conosciuti non abbiamo più capito nulla, e siamo scappati nella tanto sospirata Capitale.

Parliamo dei primi Anni 80. Avevamo scelto di abitare in un residence nei pressi di Roma nord, dalle parti di via Cortina d’Ampezzo e, per guadagnarci da vivere, abbiamo iniziato a fare fotoromanzi io, e piccole particine lei. Il tutto grazie al fotografo Angelo Frontoni che ci fece entrare nell’agenzia del compianto Alberto Tarallo. Ricordo ancora che il primo servizio mi è stato pagato ben 300 mila lire al giorno, per poi crescere notevolmente. Erano altri tempi. Ai fotoromanzi devo tutto e difficilmente ne prenderò le distanze come altri attori, negli anni, hanno fatto. La relazione con Mariapia non è durata moltissimo: dopo poco, con la scusa di un grosso litigio, si è spento un po’ tutto, ma non la mia voglia di prendere il meglio dalla vita».