Così a lungo si era fermata solo una volta. «Fu durante la gravidanza di mia figlia. C’erano rischi, dovetti stare a letto cinque mesi», ricorda Maria Grazia Cucinotta. «Due settimane dopo il parto, però, ero già in pista. Da allora ho lavorato senza sosta in giro per il mondo».
Oggi Giulia ha 18 anni, frequenta Economia e Finanza all’università e non ama comparire. «È appassionata di arte e cultura, ma ha deciso di intraprendere un’altra carriera e io sono felice se lei lo è», dice mamma Cucinotta. «Insieme, comunque, e con la collaborazione della regista Paula Boschi e di sua figlia, stiamo mettendo a punto una serie Tv sui teenager. Il soggetto è delle ragazze, affronteremo temi come droga, alcool e cyber-bullismo, parleremo del rapporto genitori-figli, dei sogni e delle paure di una generazione. Ci stiamo lavorando da due anni e io, che ho il difetto di volere tutto e subito, non vedo l’ora di concretizzare».
È questo il primo progetto a cui pensa Maria Grazia per ripartire dopo l’emergenza coronavirus, anche se, in realtà, ha, come sempre, l’agenda piena: «Innanzitutto in questo momento sto partecipando a un progetto da casa dal titolo Il cinema non si ferma. Si tratta di una serie di episodi il cui ricavato andrà in beneficenza alla Protezione civile. Io sono una professoressa che insegna a distanza e per calarmi nel ruolo ho preso ispirazione da mia figlia, che la mattina fa lezione online.
Poi ho una commedia da girare qui in Italia e una serie fantasy in America, dove vesto i panni della regina della nebbia. Ero già quasi sul taxi verso l’aeroporto, a inizio marzo, dopo avere concluso la tournée teatrale de Le figlie di Eva, quando il sesto senso mi ha detto che sarebbe stato più prudente restare a casa». Infine sul calendario è segnata una ricorrenza straordinaria: le nozze d’argento con il marito Giulio Violati, da festeggiare a ottobre.
Venticinque anni insieme sono un traguardo non facile da raggiungere. «Arrivarci è un successo. Il segreto è la pazienza, ce ne vuole tanta. E poi ritagliarsi i propri spazi, non presidiare tutta la vita dell’altro. Il matrimonio è un terreno sul quale condividere emozioni ed esperienze, ma ognuno deve avere autonomie, altrimenti il rischio di essere insoddisfatti è alto », spiega. «Giulio e io ci vediamo talmente poco che ogni volta sembra la prima. Siamo opposti: il bianco e il nero, il giorno e la notte, io impulsiva e lui riflessivo, ma ci completiamo. E sui valori, su ciò che conta, abbiamo una visione unitaria». Ad esempio, scelta non scontata, spendersi per gli altri. Maria Grazia lo racconta come se fosse invece la cosa più naturale del mondo.
Nel flusso delle parole si lascia scappare che «Giulio fa il volontario in una mensa per i poveri». Quando glielo facciamo notare risponde: «Nella mia famiglia d’origine, in Sicilia, non è mai esistito l’io, ma il noi. Mia mamma, che ora a 91 anni, ha sempre aperto la porta a tutti. Ho imparato da lei a donare, ma anche a combattere, e ho cercato di insegnarlo a mia figlia. Ho un profondo senso di giustizia. Non ho l’ambizione di salvare il mondo, ma quello che posso lo faccio. Fosse anche solo dare voce a realtà che altrimenti rimarrebbero nel buio». Per contare le iniziative benefiche alle quali l’attrice prende parte non bastano le dita di una mano. Ha co-fondato la onlus Vite senza paura, per le donne vittime di violenza, è testimonial di Komen Italia, organizzazione che opera nella lotta ai tumori del seno, collabora con Slancio di Monza, che si prende cura di malati di Sla e pazienti in stato vegetativo, è volto dell’associazione RiDiamo, che ha già portato due ecografia Messina, la sua città natale, per combattere l’emergenza sanitaria. «Grazie ai miei amici cinesi, e soprattutto al mio produttore Fang Li, poi, abbiamo inviato in Italia 100 mila mascherine, affidandole alla Croce Rossa, sa a chi più servono », dice. «Io vivo la Fase 2 ancora con cautela, le notizie sono confuse.
Sono uscita solo per andare nel negozio di fronte. Non mettevo piede fuori casa da dieci settimane, non volevo bloccarmi per sempre, essere preda di fobie». A proposito, com’è per una “nomade” rinchiudersi tra le mura domestiche? «All’inizio destabilizzante, poi bellissimo. Mi sono riappropriata di casa. Ogni giorno è da inventare. Ho pensato: “Quasi quasi vado in prepensionamento”, ma questo pensiero è durato un istante. Ho preso cinque chili, cuciniamo molto: dalla parmigiana alla cheesecake per un’amica americana che è con noi, fino a ricette filippine ispirate dalla tata e dal suo bimbo di 5 anni. E tra vicini di casa ci scambiamo i piatti più riusciti. Prima non li conoscevo nemmeno, questo periodo buio si è rivelato un modo per scoprire chi vive accanto a noi».